Il problema della non assimilazione di una popolazione islamica immigrata che non vuole integrarsi ai valori di rispetto della persona, in modo particolare della donna, della famiglia, della libertà, del rispetto delle leggi, delle tradizioni, della cultura dei paesi ove sono immigrati è evidente. Chi lo nega, fa come gli struzzi che di fronte al pericolo infilano la testa sotto la sabbia. Chi parla dell’ Islam, poi, come di una religione di Pace, non conosce assolutamente né l’ Islam, né il Corano. Questo non toglie che vi possono essere musulmani pacifici e che in certi momenti storici sia stata possibile anche una certa convivenza, con alcuni distinguo.
“Partendo dal Corano troviamo una distinzione fondamentale dei non credenti fra gli idolatri e gli Ahl al-Kitab (“genti del libro”, cioè della Bibbia, cristiani ed ebrei) Per i primi non è prevista alcuna tolleranza che è invece concessa ai secondi. (…) Si creano quindi comunità distinte: cristiani ed ebrei non furono mai equiparati ai musulmani,” la parte migliore” e l’unica che può avere la pienezza dei diritti politici : vengono considerati dhimmi (protetti) in cambio di una tassa detta gizha che si deve pagare ai musulmani spesso con modalità umiliati (shāghirūn ).
Va pure notato che in seguito sono assimilati alla condizione delle “genti del libro” anche appartenenti ad altre religioni come i zoroastriani in Persia e soprattutto gli induisti in India.
L’importante però è il principio di segregazione delle due comunità: la tolleranza è subordinata a certe condizioni come il non fare propaganda religiosa, non danneggiare in nessun modo gli islamici, non calunniarli norme così vaghe da permettere poi ogni interpretazione ma che chiaramente comunque escludono ogni libertà di espressione di pensiero che invece è la base essenziale della moderna libertà di religione. Continue reading