“Non si capisce dove stiamo andando”, ha dichiarato ieri Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, dopo l’ennesimo Dpcm di Conte. È l’impressione generale. E i costi di questa deriva sono altissimi. Le sole cose certe, concrete e utili che si dovrebbero fare, non si fanno. Sono in particolare due.
Primo: curare subito a casa (invece di abbandonarli alla sorte) coloro che hanno primi sintomi non gravi di Covid con i farmaci efficaci (che ci sono) sulla base di un protocollo nazionale: queste cure precoci – dicono gli specialisti – scongiurerebbero aggravamenti, ricoveri, collasso di ospedali e pure morti.
Secondo: predisporre un numero di letti adeguato nelle terapie intensive e nuove strutture con nuovo personale (cosa che non è stata fatta in cinque mesi: se ne parla ora).
Sul primo punto, in queste ore, è stato il governatore veneto Zaia a intervenire decisamente: “chiedo che a livello nazionale si stabiliscano protocolli di cura efficienti per la terapia domiciliare nei primi giorni perché sono quelli che ci evitano i ricoveri. E non parlo solo di cortisone” ha aggiunto “ma di altri principi attivi che hanno funzionato e che sono stati messi in discussione”.
Anche l’on. Armando Siri (Lega) ha chiesto “urgentemente” al governo di “premere su Aifa per sbloccare i protocolli di cura domiciliare per il Covid” invece di “dare il colpo di grazia all’economia italiana con l’ennesimo Dpcm” che insiste con “misure liberticide e catastrofiche per il lavoro”. Continue reading
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LEGGI INCOSTITUZIONALI Ceccanti (Pd) non può tacere sui pericoli del Ddl Zan -LIBERTÀ RELIGIOSA21-10-2020
A parlare dell’incostituzionalità del Ddl Zan non è solo qualche esponente di destra ma anche l’onorevole del Pd Stefano Ceccanti, professore universitario di Diritto parlamentare e Diritto costituzionale: “Occorre chiarire più puntualmente la norma e che non costituiscono discriminazione la libera espressione di opinioni riconducibili al pluralismo delle idee, nonché le condotte legittime riconducibili alla libertà delle scelte”.
A parlare dell’incostituzionalità del Ddl Zan non è solo qualche esponente del centrodestra ma anche personaggi del calibro dell’onorevole Stefano Ceccanti, autorevole professore universitario di Diritto parlamentare e Diritto costituzionale fin dal 2003, la cui produzione scientifica è sterminata. Ceccanti, parlamentare del Partito Democratico nell’ambito della Commissione Affari Costituzionale della Camera dei Deputati (che verifica l’impatto di un progetto di legge sull’ordinamento costituzionale e, quindi, ne controlla la legittimità alla Costituzione), ha fornito un parere al disegno di legge Zan che è difficile definire benevolo: infatti, il parere è sì, favorevole, ma con due “condizioni” e con la richiesta alla Commissione Giustizia di “rivedere la formulazione” del testo: in altre parole, di riscriverlo. Continue reading
IL CASO C’è un vescovo in Cina (ma non a Roma)
Le dimissioni di monsignor Vincenzo Guo Xijin, vescovo legittimo già costretto dalla Santa Sede a lasciare il suo posto di titolare a un vescovo già scomunicato e legittimato grazie all’accordo tra Cina e Santa Sede, sono la dimostrazione chiara che l’accordo con la Cina per la nomina dei vescovi funziona a senso unico.
Le dimissioni clamorose del vescovo di Xiapu-Mindong, Vincenzo Guo Xijin, sono la dimostrazione che l’accordo fra Cina e Santa Sede sulla nomina dei vescovi non solo è un flop, ma sta gravemente danneggiando la Chiesa cinese, e non solo.
Riassumiamo sinteticamente la vicenda. Con l’Accordo Provvisorio siglato il 22 settembre 2018, ed entrato in vigore un mese dopo, la Santa Sede ha immediatamente riconosciuto sette vescovi scomunicati. Caratteristica comune a questi vescovi è che non hanno mai chiesto perdono alla Santa Sede né espresso il desiderio di piena comunione con Roma, differenziandosi radicalmente perciò da tutti quei vescovi che in passato avevano chiesto e ottenuto il riconoscimento dal Papa malgrado fossero stati nominati dal regime comunista.
Non solo, la Santa Sede ha provveduto a mettere i sette ex scomunicati a capo delle diocesi in cui risiedevano. In due di queste però c’era già un vescovo titolare, legittimo, ovvero nominato da Roma ma senza il consenso del governo cinese. A costoro la Santa Sede ha chiesto di farsi da parte, e uno dei due era proprio monsignor Vincenzo Guo Xijin, allora 60enne, vescovo di Xiapu-Minding, “retrocesso” così a vescovo ausiliare. Continue reading
L’ENCICLICA Fratelli tutti: tante opinioni, poco magistero
I fedeli sono chiamati a dare assenso e religioso ossequio ai pronunciamenti del magistero, ma ancora una volta nella Fratelli tutti il magistero non svolge il suo compito, e quasi tutta l’enciclica è un susseguirsi di opinioni e spunti che possono essere interessanti ma ricadono nel campo dell’opinabilità.
Oggi tra i documenti del magistero ecclesiastico e il fedele cattolico che li legge non tutto va liscio. Il fedele cattolico lettore dei documenti magisteriali è costretto a chiedersi se debba dare il suo assenso e il suo “religioso ossequio” proprio a tutto quanto legge nel tale o talaltro documento. È una questione seria, che causa gravi problemi di coscienza e divide fedeli e pastori, ma anche i fedeli tra loro.
Di per sé i criteri sono chiari. Per esempio sono stati ben spiegati nell’Istruzione Donum veritatis sulla vocazione ecclesiale del teologo del 1990. Poi, però, ci si scontra ormai con un linguaggio magisteriale al quale è impossibile applicare quei criteri. Non si tratta di cattiva volontà del fedele cattolico, ma della trasformazione oggettiva del modo di esprimersi del magistero stesso per cui, pur con tutta la buona volontà, non si riesce più a capire bene sia il tenore veritativo dei diversi brani dei testi, sia il loro carattere vincolante il nostro “ossequio leale” per fede.
A me sembra che questo grosso problema chiami in causa prima di tutto il magistero e solo in seconda battuta i fedeli. Il magistero ha dato dei criteri per valutare i suoi insegnamenti, quindi dovrebbe sentire il dovere di produrre dei testi ai quali essi possano essere applicati. Sembra che questo oggi non avvenga più..
Il problema si è ripresentato con l’enciclica Fratelli tutti. Essa è molto lunga, meandrica, difficile da decodificare. Ciononostante ho cercato di leggerla dal punto di vista del valore obbligante la mia coscienza di fedele. Ecco alcuni risultati. Continue reading
SCIENTOLOGY: una setta inquietante e pericolosa
Il divorzio di Katie Holmes da Tom Cruise è chiaramente una notizia di cronaca rosa. Tuttavia, si tratta di gossip che offre l’occasione per parlare di Scientology, la setta religioso-filosofica di cui i due attori fanno parte e che tanto va di moda in certi ambienti cinematografici statunitensi e non solo. Probabilmente ora, con il divorzio, Katie Holmes sarà identificata come “S.P.”, acronimo di “soppressive people”, la dicitura che la chiesa di Scientology usa per definire i fuoriusciti. Una volta che il soggetto viene siglato in questo modo, non potrà più avere contatti con gli altri membri dell’organizzazione, né parlare delle dinamiche interne a essa. Ma come funziona Scientology e perché tale setta è tanto inquietante?
Innanzi tutto bisogna considerare che il fedele affiliato deve firmare un contratto per un miliardo di anni. Una fedeltà che passa così da una vita all’altra, dato che il fondatore Ron Hubbard era convinto dell’esistenza di vite precedenti e successive, che lui solo con i suoi metodi è stato in grado di provare, in quanto illuminato e conoscitore di Xenu, il governatore supremo della galassia che portò sulla Terra 75 milioni di anni fa qualche miliardo di alieni. Come si può notare, più che di religione, sembra trattarsi di fantascienza. Ron Hubbard era in effetti uno scrittore di romanzi ambientati nello spazio. Solo in seguito avrebbe trovato dentro di sé il metodo per curare le persone dalle proprie psicosi e in particolare dalle tossicodipendenze. Ma Scientology non è affatto un’associazione filantropica e caritatevole. Continue reading
LA FRATELLI TUTTI DI BERGOGLIO Più che un’Enciclica, è un manifesto politico del pontificato
Nella Fratelli tutti, la terza Enciclica di Papa Francesco, la parola politica compare 66 volte oltre ad avere un capitolo dedicato. Ma tra antiliberismo, antinazionalismo e immigrazionismo, diventerà il manifesto del pontificato di Bergoglio. Resterà delusa la Sinistra europea, però: non mancano gli accenni alle ideologie di Sinistra che sono individualistiche. Il modello è l’idea di pueblo alla sudamericana.
La Fratelli Tutti, firmata sabato ai piedi della tomba del santo di Assisi, è la terza enciclica del pontificato di Papa Francesco. Dedicato alla fraternità e all’amicizia sociale, il documento si apre con un’introduzione in cui, dopo l’omaggio alla memoria del Poverello d’Assisi, viene riconosciuta l’influenza dell’incontro del 2019 con il Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb. Il tentativo di chiarimento dell’aspetto più controverso della Dichiarazione di Abu Dhabi, quello sul «pluralismo e le diversità di religione», si trova nell’ultimo degli otto capitoli in cui è articolata la Fratelli Tutti. Bergoglio scrive che “la Chiesa apprezza l’azione di Dio nelle altre religioni (…) tuttavia come cristiani non possiamo nascondere che è “la musica del Vangelo” a “vibrare nelle nostre viscere” . “Altri bevono ad altre fonti – continua il Papa – per noi, questa sorgente di dignità umana e di fraternità sta nel Vangelo di Gesù Cristo”.
CONTRO I NAZIONALISMI
Ma il dialogo interreligioso occupa solo una parte di questa nuova Enciclica sociale che raccoglie molte delle idee-guida dell’attuale pontificato. Non sono poche le bacchettate che vi vengono rifilate agli attori principali della società contemporanea: ai “gruppi populisti chiusi”, certo, così come ai “nazionalismi chiusi, esasperati, risentiti e aggressivi” ma non risparmia neppure chi si trincera “sotto il rivestimento del politicamente corretto o delle mode ideologiche”. La fraternità auspicata da Francesco, infatti, non ha nulla a che vedere con quella che definisce “una falsa apertura all’universale”. Il Papa se la prende coi “narcisismi localistici che non esprimono un sano amore per il proprio popolo e la propria cultura” ma prende le distanze da “chi porta con sé un risentimento non risolto verso il proprio popolo”, ritenendo “necessario affondare le radici nella terra fertile e nella storia del proprio luogo, che è un dono di Dio”. Tra le righe di Fratelli Tutti si sente non poco l’influenza esercitata sul pontefice regnante dal popolarismo latinoamericano da cui attinge a livello concettuale ed anche lessicale.
POPOLARE O POPULISTA?
La premura dedicata nel testo a distinguere “popolare” da “populista” denota la consapevolezza che il confine tra le due nozioni possa risultare labile, specialmente ai destinatari abituati ad un perimetro eurocentrico. Da qui la necessità di rafforzare la condanna di quella che individua come una degenerazione del “sentire di un popolo”, bollata come “insano populismo”. Francesco, inoltre, critica la tendenza a “classificare tutte le persone, i gruppi, le società e i governi” in base alla “divisione binaria” tra “populista o non populista”.
Anche nel rifiuto di questa polarizzazione, di cui una parte culturale si è servita in maniera ricorrente allo scopo di delegittimare chi la pensa diversamente, si manifesta la distanza di Bergoglio da tanti che, proprio alla luce di questa “divisione binaria”, si sono riscoperti papisti accaniti pur avendo sempre manifestato disinteresse e disprezzo per il magistero della Chiesa. Le idee ed il sentire del pontefice argentino non sono sovrapponibili con gli atteggiamenti elitisti di un progressismo molto in voga da qualche anno a questa parte. E Francesco lo rimarca nell’Enciclica quando scrive che “a volte si hanno ideologie di sinistra o dottrine sociali unite ad abitudini individualistiche e procedimenti inefficaci che arrivano solo a pochi” mentre “nel frattempo, la moltitudine degli abbandonati resta in balia dell’eventuale buona volontà di alcuni”.
L’esaltazione della categoria mitica del pueblo inteso come realtà viva riflette la sua formazione latinoamericana e novecentesca che gli rende estraneo lo snobismo di chi guarda con fastidio il mantenimento del suffragio universale. Un’alterità che si manifesta anche nel capitolo sulle “ombre di un mondo chiuso” ovvero quelle storture della società contemporanea che, a suo dire, ostacolerebbero lo “sviluppo della fraternità universale”.
Francesco inserisce in questa categoria i propugnatori di una “cultura dei muri” che mette sullo stesso piano di chi vorrebbe una società in cui “certe parti dell’umanità” sono “sacrificabili a vantaggio di una selezione che favorisce un settore umano degno di vivere senza limiti”. Alla luce dello shock provocato dalla pandemia, di fronte a chi s’interrogava se non fosse il caso di cominciare a dare un prezzo alla vita, Francesco riafferma il ripudio della “cultura dello scarto” dove “le persone non sono più sentite come un valore primario da rispettare e tutelare, specie se povere o disabili, se non servono ancora – come i nascituri –, o non servono più – come gli anziani”.
Fratelli Tutti, nonostante il forte monito a non cedere alla “tentazione di fare una cultura dei muri”, non è l’Enciclica della gauche caviar a cui risulterà incomprensibile l’invito a rifiutare “un modello di globalizzazione che mira consapevolmente a un’uniformità unidimensionale e cerca di eliminare tutte le differenze e le tradizioni in una superficiale ricerca di unità”. Bergoglio, avendo come riferimento la “cultura del popolo” e insistendo su quell’opzione preferenziale per i poveri abbandonata da chi ha sposato la causa dell’austerità a tutti i costi, le preferisce i movimenti popolari espressione tipica della realtà sudamericana, lamentando la loro esclusione da “certe visioni economicistiche chiuse e monocromatiche”.
ANTILIBERISMO ALLA SUDAMERICANA
L’occhio benevolo con cui il Papa guarda a queste realtà riflette, ancora una volta, la sua formazione culturale fortemente legata all’America Latina che, non a caso, lo porta nel testo ad esprimere riserve sui “liberalismi” in cui vede “limiti” dettati da “visioni (…) individualistiche”. Riserve che potrebbero generare stupore nei lettori occidentali, ma che non sono rare nel mondo cattolico argentino abituato ad identificare il sistema liberale con l’ingombrante ‘vicino’ statunitense.
MIGRAZIONI TRA DUE I DIRITTI
In questa Enciclica, però, non c’è soltanto l’impronta della formazione culturale del Papa, ma anche il bagaglio della sua esperienza personale. Lo si nota nei capitoli dedicati al tema delle migrazioni. Nel cercare di capire perché la questione dei migranti abbia assunto sin da subito un interesse prioritario nell’agenda dell’attuale pontificato non bisogna dimenticare che lo stesso Bergoglio, come tanti suoi connazionali, ha alle spalle una storia familiare segnata in tal senso. Da qui la particolare sensibilità per il tema acuita dall’intensificarsi dei flussi negli ultimi decenni e che, come prevedibile, trova largo spazio anche nella Fratelli Tutti. Francesco esprime comprensione per chi, davanti ai numerosi sbarchi, nutre “dubbi” e “timori” considerandolo come “un aspetto dell’istinto naturale di autodifesa” ma attacca duramente la “mentalità xenofoba, di chiusura e di ripiegamento su se stessi” che, a suo dire, porterebbe a considerare i migranti “non abbastanza degni di partecipare alla vita sociale come qualsiasi altro”.
Una condanna che si fa ancora più dura in casa: “E’ inaccettabile – scrive il papa che i cristiani condividano questa mentalità e questi atteggiamenti, facendo a volte prevalere certe preferenze politiche piuttosto che profonde convinzioni della propria fede”. E dall’Enciclica sembra arrivare un assist allo Ius soli quando si legge che “per quanti sono arrivati già da tempo e sono inseriti nel tessuto sociale, è importante applicare il concetto di cittadinanza”. Tuttavia, il pontefice regnante, menzionandola, ci tiene a ricordare la validità della famosa citazione di Benedetto XVI sulla necessità di riaffermare il “diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra”.
Una frase che spesso viene riproposta da quei cristiani con “certe preferenze politiche” precedentemente rimbrottati. Francesco, che sull’integrazione ha un pensiero piuttosto inequivocabile, sottolinea però i lati oscuri dei fenomeni migratori che molti, anche trincerandosi dietro alle sue parole, si ostinano a non vedere: le “aspettative irrealistiche”, l’attività di “trafficanti senza scrupolo, spesso legati ai cartelli della droga e delle armi”, lo “sradicamento culturale e religioso”, la perdita nelle comunità d’origine degli “elementi più vigorosi e intraprendenti”. L’Enciclica – che esalta l’assai poco politically correct concetto di “amore alla patria” – rimprovera anche un certo tipo di sostenitori dell’accoglienza tout court: “E’ possibile – scrive Bergoglio – accogliere chi è diverso e riconoscere il suo apporto originale solo se sono saldamente attaccato al mio popolo e alla sua cultura”.
UN ACCENNO AI PRINCIPI NON NEGOZIABILI
La parola ‘politica’ è protagonista di questa Enciclica con ben 66 menzioni ed un intero capitolo ad essa dedicato, il quinto. La Fratelli Tutti rivendica il primato della politica contro chi vuole “sostituirla con l’economia” o “dominarla con qualche ideologia”. Citando Benedetto XVI, Francesco difende il diritto della Chiesa ad intervenire nel dibattito pubblico e ricorda che se “è vero che i ministri religiosi non devono fare politica partitica, propria dei laici, però nemmeno possono rinunciare alla dimensione politica dell’esistenza”. Un boccone amaro da ingoiare per i tanti politici ed intellettuali che, specialmente durante il precedente pontificato, lamentavano in continuazione la presunta ingerenza della Chiesa nella sfera pubblica. E dal sapore ratzingeriano è anche quel doppio riferimento “ai principi etici basilari e non negoziabili” che rappresentano una garanzia anche per gli agnostici e alla necessità di “accettare alcuni valori permanenti” e “mai negoziabili “che “vanno al di là di ogni consenso”.
D’altra parte questo documento, se in taluni passaggi come quello in cui si afferma che “il diritto alla proprietà privata si può considerare solo come un diritto naturale secondario” si richiama alla Laudato si’, in molte parti si aggancia ad un’altra Enciclica sociale del passato, quella Caritas in veritate continuamente citata, specialmente per spiegare che la carità è “molto più che un sentimentalismo soggettivo” ed “ha bisogno della luce della verità (…) senza relativismi.
Concludendo l’Enciclica, Francesco dichiara di essersi ispirato al Poverello d’Assisi e al Beato Charles de Foucauld ma anche ad “altri fratelli che non sono cattolici”. Inserendo tra questi anche il nome di Gandhi, personaggio entrato recentemente nel mirino della cancel culture e bollato dai BLM col marchio d’infamia di ‘razzista’, il Papa dà prova ancora una volta di come, pur nella sua tendenza a ‘rompere gli schemi’, non sia affatto incline ad accodarsi a quelle che giudica “mode ideologiche”.
Nico Spuntoni in La NBQ
CONVENTION DEMOCRATICA Quei religiosi liberal che appoggiano i Democratici
Si è aperta a Milwaukee la Convention Democratica per ufficializzare la candidatura di Biden. Religiosi progressisti che sposano la causa dei “nuovi diritti” saranno alla Convention. I vescovi americani invitano a scegliere sulla base dei principi non negoziabili.
Aperta la fiction della Convention Democratica che incoronerà il tandem Biden-Harris, un passaggio più elettorale e mass mediatico che una vera e propria disfida per la candidatura, visti i ritiri di tutti i contendenti, tra insulti al nemico Trump e preghiere solidaristiche. La Chiesa Cattolica statunitense, non partecipa e rinvia i propri fedeli a valutare attentamente la coerenza tra gli insegnamenti evangelici ed i propositi dei due candidati Biden e Trump.
Il gruppo democratico dei ‘leader interreligiosi’ tenta di presentare le proprie ragioni per il sostegno a Biden. Un tentativo poco autorevole, vano, infondato e francamente evanescente. La Chiesa Cattolica il 14 agosto, dopo che nei giorni precedenti una dipendente della sua struttura aveva dichiarato pubblicamente le proprie simpatie per Kamala Harris, ha rilasciato una durissima nota stampa. “In nessun momento il personale della Conferenza è stato autorizzato a parlare a nome dei vescovi a sostegno o in opposizione ai candidati alle cariche elettive. Siccome i commenti in questione potrebbero avere portato alla confusione dei fedeli, è bene essere chiari: come cattolici, ognuno di noi è chiamato a valutare i candidati alle cariche pubbliche in base a quanto le loro politiche si allineano con i principi del Vangelo, come espresso dai vescovi statunitensi nel Forming Consciences for Faithful Citizenship”. Continue reading
L’AVVERSARIO DI TRUMP, L’ABORTISTA JOE BIDEN, E’ INVOTABILE PER UN CATTOLICO Il candidato del Partito Democratico alla Casa Bianca è a favore dell’aborto fino al 9° mese e dell’ideologia Lgbt in ogni ambito, incluso quello scolastico
Joe Biden è invotabile ma potrebbe diventare il presidente più abortista e anticristiano della storia americana. Dopo le accuse scatenatesi verso di lui e la sua campagna, il candidato Democratico cerca di giustificare la sua ‘fede’, ma aggiunge sconcerto alle preoccupazioni. Joe Biden vuole promuovere ogni forma di liberalizzazione dell’aborto, e vuole farlo negli Usa e in tutto il mondo. Proprio una proposta di legge dei Democratici dei giorni scorsi vuole usare il finanziamento pubblico per favorire aborti in tutto il mondo.
Dopo una lunga serie di polemiche e i persistenti silenzi sugli atti di vandalismo contro edifici e statue cattoliche, lo scorso 6 agosto Joe Biden ha rilasciato dichiarazioni sulla sua fede cattolica. Tuttavia, le parole di Biden non hanno per nulla rincuorato coloro che sono molto preoccupati per la sua determinazione a favore dell’aborto libero (sino al 9° mese) e dell’ideologia Lgbt in ogni ambito, incluso quello educativo. Nessuno ha mai voluto giudicare la fede personale di Biden; le sue scelte e i suoi propositi sono però opposti agli insegnamenti della Chiesa. La Nota Dottrinale firmata nel 2002 da Joseph Ratzinger, allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, è chiara in materia, sia per i laici in politica sia per gli elettori. Continue reading
ECCO PERCHE’ SIAMO IN UN REGIME (ANCHE SE IN POCHI SE NE ACCORGONO) La procura della Repubblica ha trasmesso denunce a carico del premier Conte e di sei ministri per gravi reati (dall’epidemia colposa all’attentato contro la Costituzione), ma nessuna prima pagina nei giornali allineati al regime
Se qualcuno in futuro scriverà la storia del giornalismo italiano attorno al 2000, certe prime pagine dei quotidiani di ieri meriteranno una menzione nella categoria “stravaganze surreali” (o forse “Socialismo surreale”).
Infatti giovedì è uscita una notizia non proprio irrilevante. Palazzo Chigi ha comunicato: “Il Presidente del Consiglio Conte e i Ministri Bonafede, Di Maio, Gualtieri, Guerini, Lamorgese e Speranza hanno ricevuto una notifica riguardante un avviso ex art. 6, comma 2, legge cost. n. 1/1989 da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma. L’avviso riguarda la trasmissione al Collegio (…) degli atti di un procedimento penale iscritto per i delitti di cui agli artt. 110, 438, 452 e 589, 323, 283, 294 c.p., che origina da varie denunce da parte di soggetti terzi provenienti da varie parti d’Italia”.
Cioè la procura della Repubblica di Roma ha trasmesso al Tribunale dei ministri denunce a carico del premier e di sei ministri per ipotesi di reato che vanno dall’epidemia colposa ai delitti contro la salute pubblica, dall’abuso d’ufficio all’attentato contro la Costituzione e ai delitti contro i diritti politici dei cittadini.
Ovviamente ieri “Libero”, come pochissime testate non allineate, ha aperto la prima pagina su questo. Se avessimo un governo di centrodestra tutti i quotidiani lo avrebbero fatto con grande clamore, anche perché, comunque la si giudichi nel merito, è una notizia importante.
Ma i maggiori giornaloni ieri sulle loro prime pagine – che sono la vetrina di ogni quotidiano – a questa notizia non hanno voluto dedicare il titolo d’apertura e neanche un titolo secondario (solo qualche minuscolo e invisibile occhiello).
QUAL È LA SPIEGAZIONE DI UN COSÌ SINGOLARE FENOMENO? Continue reading
Legge omofobia: ancora non c’è, ma è come se ci fosse già
Continua l’esame del disegno di legge Zan presso la Commissione Giustizia della Camera dei deputati. Approvato un emendamento cosiddetto ‘salva-idee”, ma in realtà solo una foglia di fico. In Aula forse solo dal 3 agosto, grazie all’ostruzionismo di Lega e Fratelli d’Italia. Intanto crescono in tutta Italia gli episodi di intolleranza contro chi dissente pubblicamente dalla norma. Un prete con la schiena diritta: don Calogero D’Ugo, parroco a Belmonte Mezzagno (Palermo).
E’ proseguita nei giorni scorsi la discussione in sede di Commissione Giustizia della Camera sul disegno di legge Zan “contro l’omotransfobia”. Gli oltre mille emendamenti presentati in gran parte da Lega e Fratelli d’Italia sono stati drasticamente ridotti su decisione della capigruppo a un massimo di dieci per partito e per articolo (9 gli articoli). E’ una decisione legittima sotto l’aspetto delle norme parlamentari, ma che in ogni caso la dice lunga sulla volontà della nota lobby di mettere in cascina a ogni costo (similmente a quanto accadde per la legge sulle ‘unioni civili’) un risultato positivo. Tuttavia, grazie alla caparbia contrarietà soprattutto di Lega e Fratelli d’Italia, i tempi si sono allungati: invece che domani, 27 luglio 2020, la discussione generale sul disegno di legge liberticida si aprirà in Aula non prima del 3 agosto e il voto decisivo dovrebbe scivolare alla Camera almeno a settembre (poi seguirà il Senato). In quel caso si spera, da parte del mondo pro-family (Difendiamo i nostri figli, Pro Vita&Famiglia, Sentinelle in piedi e molte altre associazioni), di poter organizzare una manifestazione nazionale a Roma di vasta portata (ma siamo ancora a livello di ipotesi, date le pesanti restrizioni – dovute secondo il Governo all’emergenza coronavirus – ad oggi sussistenti per le grandi manifestazioni di massa). Continue reading