Una relazione lucida, appassionata. Ecco il testo che il cardinale Carlo Caffarra aveva preparato per la Nuova Bussola Quotidiana pochi giorni prima di morire. Lo scritto, intitolato “Ricostruzione dell’umano” doveva essere presentato da lui proprio ieri ed è stato letto nel corso della Giornata della Nuova BQ che si è svolta al Centro Francescano Rosetum di Milano. Una giornata che ha visto l’avvicendarsi di storie e testimonianze sulla vita e sulla famiglia per ricostruire l’umano. E ricostruire l’umano è stata la traccia sulla quale Caffarra ha sviluppato la sua lectio magistralis, che ha acquisito così un valore maggiore, di testamento spirituale essendo l’ultimo scritto pubblico preparato da Caffarra. Un testo nel quale il cardinale già arcivescvovo di Bologna ha ripercorso le cause della distruzione dell’umano nella nostra società che partono dal non riconoscere più la coscienza morale come obbligo, arrivando a proporre come luogo della ricostruzione il punto in cui la verità si interseca con la libertà. Quel punto è la grazia di Gesù Cristo e le storie di ieri ne sono la vivida rappresentazione ed esperienza.
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Dividerò la mia riflessione in due parti. Nella prima cercherò di riflettere su ciò che costituisce la distruzione dell’umano e su alcuni principali fattori di questa distruzione. Nella seconda parte risponderò alla domanda: chi ricostruisce l’umano?
LA DISTRUZIONE DELL’UMANO.
Partiamo da una pagina drammatica del Vangelo: il tradimento di Pietro. Lo leggiamo nella versione marciana [cfr.Mc.14,66-72].
In che consiste il tradimento di Pietro? La domanda della serva lo mette davanti una scelta, una scelta che riguarda se stesso e la sua identità in relazione a Gesù. Due possibilità si aprono davanti alla libertà di Pietro: affermare o negare la verità di se stesso. Pietro sceglie di negare la verità: “Non so e non capisco quello che vuoi dire” [69]. Pietro prevarica la verità.
Solo la verità o anche se stesso? Non nega forse di essere ciò che è? Tradendo Cristo tradisce se stesso. Egli salvaguarderebbe se stesso solo se affermasse la verità; se la testimoniasse. E’ pieno di paura, e di una tale paura da portarlo allo spergiuro: “Cominciò ad imprecare e a giurare“. Affermando la verità avrebbe salvato se stesso, perché avrebbe trasceso se stesso verso la verità, quel se stesso pieno di paura.
Questa narrazione evangelica è il paradigma di ogni auto-distruzione dell’umano. La domanda della serva è solo occasione data a Pietro di riscoprire la sua identità, la verità su se stesso. La riscoperta è un atto dell’intelligenza di Pietro: in quel momento diviene cosciente di essere un discepolo di Gesù. E nello stesso momento questa coscienza provoca, interpella la sua libertà a testimoniare la verità. E’ una verità che genera un imperativo che riguarda Pietro, e solo lui. Pietro non sta discutendo sulla natura del discepolato, della sequela di Gesù. Si trova come ingabbiato dentro la verità conosciuta, la verità di se stesso. Continue reading →