Il trans in chiesa vestito da sposa, il modello a far da marito, l’altare con le candele e i fiori di contorno. E’ la blasfema immagine che compare nella copertina di un nuovo calendario prodotto dal transessuale Manila Gorio a capo dell’esordiente Anti, Associazione Nazionale Transessuali Italiani, nata poche settimane fa ma che già si fregia del titolo di Onlus. Una provocazione – la chiama lui, che però si fa chiamare rigorosamente lei. Una profanazione invece, perché quegli scatti, fatti per rivendicare il diritto dei transgender a sposarsi e adottare figli, sono stati rubati in una chiesa italiana. A insaputa del parroco, o forse a parroco gabbato, questo lo dovrà stabilire la magistratura.
Comunque un sacrilegio che getta un’ombra molto tetra tanto sulla buona fede delle campagne di rivendicazione dei diritti Lgbt quanto sull’uso improprio delle chiese.
Che la chiesa diventi un set fotografico è forse l’ultimo affronto che si può fare al tempio riservato esclusivamente al culto di Dio. Che poi questo set diventi luogo di messa in posa di transessuali vestiti in abiti provocanti è l’attuale frontiera del cattivo gusto e dell’odio che i pasdaran dell’omosessualismo riversano prima di tutto contro Dio e in secondo luogo contro la sensibilità religiosa dei fedeli. Un’immagine rivelatrice che spiega in un solo scatto di come il fumo di Satana sia entrato in chiesa per distruggere, è la lotta finale evocata da suor Lucia a Caffarra, il matrimonio. Con la scusa dei diritti degli Lgbt, nuova “emergenza” che molti esponenti ecclesiastici non disedegnano di fare propria. Continue reading