CONTRO LA FEDE Sepoltura green, la trovata da brividi del vescovo Usa

Michael Jackels, arcivescovo di Dubuque, ha scritto un messaggio alla sua diocesi suggerendo due alternative alla sepoltura classica, per “salvare” il pianeta: l’idrolisi alcalina e il compostaggio. Un’idea che si inchina all’utilitarismo del mondo e ignora che la sepoltura è “segno” con cui si confessano precise realtà di fede trasmesse dalla Bibbia.

Un vescovo decide di inviare, in prossimità della Commemorazione di tutti i fedeli defunti, un messaggio alla sua diocesi. Titolo: Alternative ai metodi tradizionali di sepoltura (qui l’originale e qui la traduzione in italiano). In tempi normali ci sarebbe da rallegrarsi che un pastore abbia a cuore che le proprie pecorelle comprendano il senso profondo dell’inumazione e che prendano le distanze dalle alternative, come la cremazione, ormai molto diffusa, la quale, anche quando vi si ricorre senza negare il dogma della risurrezione della carne o mancare di rispetto per quel corpo che è stato tempio dello Spirito Santo, dal punto di vista del segno si allontana fortemente dal significato espresso dall’inumazione.

In tempi normali, appunto, non nel nostro tempo. Perché monsignor Michael Jackels, arcivescovo di Dubuque, negli Stati Uniti, ha invece pensato bene di spronare i fedeli a forme alternative di sepoltura, decisamente più green. La lettera di Jackels è perfettamente in linea con la metodologia “eco” che fa della descrizione catastrofista della situazione attuale la sua chiave di volta, e scarica immancabilmente sull’essere umano la responsabilità di tutto. Già, perché per il vescovo di Dubuque, sull’uomo pesa la colpa di inquinare l’ambiente non solo da vivo, ma anche da morto. Leggere per credere: «Nel mondo, ogni secondo muoiono due persone. Negli Stati Uniti ogni anno muoiono circa 2,5 milioni di persone. Ciò rende la questione delle pratiche di sepoltura un problema ambientale significativo. Si stima che più di 130 miglia quadrate di terra saranno necessarie per le sepolture in terra delle persone che si prevede moriranno nei prossimi vent’anni». Insomma, il pianeta Terra è destinato a divenire un cimitero. Continue reading

Comunione agli abortisti, l’assist del Papa a Biden

 

La visita di Biden a Roma e il clamoroso assist del Papa che lo avrebbe definito un «buon cattolico» dicendogli di «continuare a ricevere la Comunione». Il presidente Usa ha tirato fuori l’asso dalla manica per sferrare un colpo da ko ai vescovi USA a pochi giorni dal voto sulla coerenza eucaristica. Ma Bergoglio ha già detto di non aver mai negato la Comunione ad alcuno. Nuovo appello del cardinal Burke.

Joe Biden non è al debutto in Vaticano, avendo già incontrato San Giovanni Paolo II nel 1980 da semplice senatore e Benedetto XVI e Francesco in qualità di vicepresidente nel 2011, 2013, 2015 e 2016. Ma forse l’incontro di ieri è andato oltre le sue più rosee aspettative. Papa Bergoglio, infatti, ha concesso al presidente degli Stati Uniti un colloquio di ben 75 minuti durante i quali i due hanno parlato di ambiente, lotta al Covid e migranti.

Se i numeri dicono qualcosa, basta confrontare la durata dell’udienza di ieri con quelle concesse in passato ai predecessori: 50 minuti a Barack Obama, appena 30 minuti a Donald Trump. Che tra i due si sia instaurato un clima di cordialità nient’affatto cerimoniale lo si è potuto costatare nelle immagini video trasmesse in differita dai media vaticani: larghi sorrisi, ripetute battute, strette di mano prolungate. Una cornice impreziosita anche dalla presenza di Elisabetta Savigni Ullmann, l’interprete ufficiale della Casa Bianca diventata un idolo social della ‘bolla’ di Twitter per l’espressione contrariata durante un colloquio tra Trump e Mattarella. Questa volta niente bronci per la traduttrice di origini livornesi che ha dispensato sorrisi durante tutto il corso dell’incontro. Continue reading

IL GREENPASS E LE MINACCE ”MISERICORDIOSE” A SACERDOTI E FEDELI

Piano piano nelle diocesi italiane ci si adegua al ricatto di una delle leggi dello Stato più divisive (ma dove sono finite la tolleranza, l’inclusione e la non discriminazione finora così sbandierate dai vescovi?)
(articolo di Luisella Scrosati)

A macchia d’olio. Il lasciapassare verde si sta rapidamente estendendo nelle diocesi italiane, sempre più preoccupate di uniformarsi alle leggi civili. Dopo la calorosa raccomandazione della Conferenza Episcopale Italiana a sottoporsi alla vaccinazione e dopo l’immediata imposizione dell’Arcidiocesi di Milano agli operatori pastorali delle tre condizioni che abilitano ad avere il green-pass (vaccinazione, guarigione dalla Covid, tampone molecolare negativo), altre diocesi italiane si allineano.
L’Arcidiocesi di Firenze, con una lettera dell’11 settembre, firmata dal cardinal Betori, si mette nella scia della diocesi ambrosiana: autodichiarazione obbligatoria, nella quale si esplicita di rientrare in una delle tre categorie “benedette” dallo Stato, senza la quale accoliti, ministri straordinari della comunione, catechisti, educatori, animatori, volontari, persino segretari ed archivisti parrocchiali non potranno più svolgere il loro servizio. Anche la diocesi di Firenze, come quella di Milano precisa, che «quanto previsto nell’autodichiarazione per gli “operatori stabili” è richiesto anche per i ministri ordinati (vescovo, presbiteri e diaconi); in virtù del particolare vincolo di obbedienza assunto al momento dell’ordinazione, per loro quindi non è necessario compilare il modulo». Un’obbedienza che ormai nella Chiesa è intesa in modo alquanto singolare: liberi di proclamare eresie, ma non di scegliere le cure adeguate alla propria salute.

LA DIOCESI DI AREZZO: PRIMA IL DIALOGO, SE POI I PRETI NON SONO D’ACCORDO LI CACCIAMO Continue reading

Covid, nuove regole Diocesi: tampone o vaccino per sacerdoti, catechisti e volontari

Green pass o un tampone negativo per chi svolge i servizi pastorali più a rischio di contagio: non solo i sacerdoti e i diaconi, ma anche gli operatori pastorali e i volontari. Le nuove regole della curia.

Si aggiornano le disposizioni previste dalla curia di Milano in merito alla ripresa delle attività. È richiesto il Green pass (o un tampone negativo eseguito nelle 48 ore precedenti o la guarigione dal Covid -19 da almeno sei mesi) per chi svolge i servizi pastorali più a rischio di contagio. Tra loro non solo i sacerdoti e i diaconi, ma anche gli operatori pastorali.

A diffondere alle parrocchie della diocesi le nuove disposizioni è un decreto promulgato dal vicario generale della diocesi, monsignor Franco Agnesi e in vigore dal 9 settembre 2021.

Sarà richiesto il Green pass anche ai volontari incaricati di far visita ai malati o ai ministri straordinari dell’Eucarestia, ma anche chi è incaricato di incontrare i genitori che richiedono il battesimo per i figli e per le attività parrocchiali in generale (catechisti, educatori maggiorenni, volontari del doposcuola maggiorenni, compresi i cori parrocchiali.

«La cura per la salvezza delle anime non può prescindere dall’impegno di tutelare la salute dei corpi – spiega monsignor Franco Agnesi nel decreto – anche in questo tempo di emergenza la Chiesa ha sempre continuato ad annunciare il Vangelo, celebrare i sacramenti e aiutare i poveri adottando adeguati protocolli in grado di prevenire infezioni da SARS-CoV-2. Compito della comunità cristiana è adottare tutte le misure necessarie a ridurre quanto più possibile il rischio del contagio, sempre nel rispetto della libertà dei singoli».

Nel testo pubblicato è presente anche una nota relativa alla ripresa delle processioni religiose. «L’attuale andamento della pandemia e i nuovi metodi per contrastarla suggeriscono di poter riprendere le processioni con la partecipazione del popolo durante l’intero tragitto», spiega la nota.

Potranno quindi riprendere le processioni con i fedeli, nel rispetto del distanziamento e indossando sempre la mascherina anche all’aperto.

Sarah Valtolina

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Caro Vicario Generale mi permetto di dissentire e di segnalarle che ha prevaricato la potestà che gli è concessa dal Codice di diritto canonico, che è in palese contraddizione quando afferma che bisogna rispettare la libertà dei singoli  e che la competenza di decreti di questo tipo è solo del Vescovo. Qydiacdon

Il “decreto” della curia milanese illogico e canonicamente infondato – Saved in: Blog by Aldo Maria Valli di Iustitia in Veritate

Siamo ancora grati per essere stati ricevuti dal Presidente della CEI al quale è stato consegnato il documento, con cui abbiamo espresso l’urgenza di un intervento più deciso in linea con il presupposto di libertà di coscienza e morale, rispetto alle fughe in avanti di alcune realtà ecclesiastiche verso un obbligo vaccinale inesistente e inesigibile.

 

Inevitabilmente, e come da copione, sono tuttavia subito spuntati i corifei a gestire mediaticamente tali fughe (rif. articolo pubblicato in data 8/9/2021 su Avvenire https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/la-cei-in-parrocchia-e-bene-essere-vaccinati) con commenti a dir poco “spaventosi”, addirittura indicando che “avere parrocchie sicure è la priorità della Chiesa italiana”, esaltando e forzando una lettura fuorviante del nuovo documento della CEI, anche al di là di ogni decente interpretazione.

Da ultimo e senza troppa sorpresa, anche la diocesi di Milano, nella persona del Vicario generale, si è subito distinta con un documento (rif. https://www.chiesadimilano.it/avvocatura/files/2021/09/Decreto-del-Vicario-Generale-circa-alcune-misure-di-contrasto-alla-pandemia-9-settembre-2021.pdf) che, tuttavia, non riesce ad essere inquadrato canonicamente.

Infatti, non può essere un “decreto generale” che è una legge (can. 29), perché questo spetta al solo vescovo che agisce personalmente (can. 391 § 2) nella sua potestà legislativa, che non può essere delegata se non nei casi esplicitamente previsti (can. 135 § 1). Non può essere neanche un “decreto generale esecutivo” (can. 31 e 32), che può essere emanato dalla potestà esecutiva, come il Vicario generale, perché tale forma di decreto si riferisce a leggi già esistenti e ne urge l’osservanza e ne determina i modi (can. 32), perché non vi è nessuna legge canonica sul merito.

Non si tratta neppure di una “istruzione” (can 34) emanata da “coloro che godono della potestà esecutiva” (can. 34 § 1) “entro i limiti della propria competenza” (ibidem) dato che la natura dell’istruzione è di chiarire “le disposizioni di legge e […] i procedimenti nell’eseguirle”, per il motivo che, ancora una volta, non esiste una legge canonica in materia da chiarire e in base alla quale dare disposizioni per l’esecuzione.

Non è neanche un “decreto singolare” (can. 48), in questo caso un “precetto” con il quale “si impone a una persona o a persone determinate qualcosa da fare o omettere” (can. 49), perché tale decreto serve, come in questo decreto milanese, per “urgere l’osservanza di una legge”; ma, ancora una volta, nella materia specifica di cui si tratta non esiste alcuna legge canonica che urge l’osservanza di tale “legge”.

In ogni caso, il decreto singolare può essere emanato “entro i limiti della propria competenza” (can. 35): e pone il problema di quale sia il limite della competenza del Vicario generale.

Vero è che Milano ha visto un Prefetto come Ambrogio diventare vescovo, ma che il Vicario generale diventi Prefetto è una novità della quale non riusciamo che a meravigliarci.

Secondo il can. 479 § 1 la competenza del Vicario generale ha infatti la medesima estensione della potestà esecutiva di quella del Vescovo diocesano. E allora basterebbe verificare quali sono le competenze del Vescovo che, con non poca confusione, sono elencate in molti canoni, ma più precisamente, per quello che conta, ai canoni dal 381 al 389 e, in nessuno di tali canoni, vi è l’attenzione ad un presunto presupposto normativo riguardante l’emanazione di un atto amministrativo circa l’aspetto sanitario della diocesi. Continue reading

Un papa per tutti, tranne che per i cattolici…

(Corrado Gnerre, Le Cronache di Papa Francesco – 2 settembre 2021)

Eccoci tornati dopo la pausa estiva. Ci sarebbe tanto da scrivere, molti ci hanno chiesto di commentare le esternazioni di papa Francesco fatte alla radio spagnola Radio Cope, così abbiamo cominciato una bozza, ma che è stata interrotta perché, nel frattempo, siamo rimasti pienamente concordi nella lettura di un articolo dell’ottimo prof. Corrado Gnerre, pubblicato ne Il Cammino dei Tre Sentieri. In quest’articolo il prof. Gnerre non si occupa dell’ultima intervista del Papa, ma proprio del cuore del problema di questo pontificato. Abbiamo deciso di proporlo ai nostri lettori, affinché si possa meglio capire che la drammatica crisi che sta vivendo il mondo cattolico — come più volte abbiamo sostenuto — non comincia il 13 marzo del 2013 e non finirà con questo papa. Finché non si deciderà di curare la causa e non i sintomi (è stato questo l’errore di Benedetto XVI), la “pandemia rivoluzionaria” cominciata con Lutero non giungerà al termine.

Mai come oggi il Cattolicesimo rischia di affondare nel clericalismo

Tutto il Cristianesimo può essere sintetizzato nell’immagine della vite e dei tralci che riporta il Vangelo di San Giovanni (Giovanni 15). Gesù dice che Lui è la vite e che noi siamo i tralci e che se questi (i tralci) non sono innestati nella vite, si seccano e sono buoni solo per essere gettati nel fuoco. E’ un’immagine che sintetizza il Cristianesimo perché centra tutto sulla Vita di Grazia. Gesù non cita mai la parola “linfa”, eppure è proprio la linfa la vera protagonista. Se i tralci si seccano è perché sono staccati dalla vite e dunque non possono dalla vite attingere la linfa. E i tralci, senza la linfa, non possono che inaridirsi e morire. La linfa è l’immagine della Grazia. Gesù fa, pertanto, capire che non può esserci vita cristiana senza la Grazia. Il tutto confermato dal dato teologico: se non si ha la Grazia santificante, si possono anche fare le cose più grandi di questo mondo, ma nulla vale per la vita eterna. I meriti per il Paradiso si acquistano solo ed unicamente nello stato di Grazia, perché è Dio che salva e non è l’uomo che salva se stesso. Abbiamo iniziato questa sosta con un’immagine del genere per analizzare tutto quel “mondo”, interno alla Chiesa e fuori la Chiesa, che plaude alle varie svolte ecclesiali che stanno avvenendo negli ultimi anni, le cui radici però sono abbastanza remote.

A proposito del pontificato di Francesco, molti dicono che il suo grande merito sarebbe quello di aver avvicinato alla fede molti “lontani”. Non siamo d’accordo o — perlomeno — potremmo anche esserlo, ma si deve ben capire in che termini.

Se per “avvicinamento” si intendono istintive simpatie, e frasi del tipo: come è simpatico, aperto, rivoluzionario questo papa… allora, tutto sommato, potremmo anche essere d’accordo. D’altronde è sotto gli occhi di tutti quanto il mondo stia promuovendo il pontificato di Francesco. Da Vanity Fair, al Time, per arrivare alla rivista rock Rolling Stone c’è una sequenza di copertine dedicate al Vicario di Cristo. E non è roba da poco. Ma se invece per “avvicinamento”, s’intende altro, allora non mi sembra proprio che chi plaude a questo pontificato abbia ragione. Alludo al fatto che l’unico e vero “avvicinamento”, relativamente a ciò di cui si sta parlando, non può che essere la conversione. E non ci sembra affatto che conversioni vi siano. Anzi, se la simpatia dei “lontani” sembra evidenziarsi, la perseveranza dei “vicini” sembra sempre più vacillare per (ci addolora dirlo) oggettivi gesti e parole scandalose che non possono che disorientare: dal Dio che non è cattolico, dalla coscienza individuale come criterio di tutto, dal proselitismo come peccato grave, fino a catechesi ambigui sul valore non assoluto dei Comandamenti (clicca qui), per non parlare dei noti passaggi dell’ Amoris Laetitia.

Il problema, ancora una volta, è come rapportarsi al mondo. Certo, se si dicono cose che il mondo vuol sentire, gli applausi si ricevono, eccome. Ma se invece si persevera nell’affermare, costi quel che costi, la verità senza sconti, allora dal mondo si ricevono le pietre, ma si è sulla strada giusta. Chi plaude vorrebbe invitarci ad un’analisi sociologica del pontificato di Francesco, ma non non deve essere questa la chiave. Anzi: è proprio la chiave sociologica che li smentisce, perché, per quanto riguarda le convinzioni e la vita cristiana (cioè lo ripetiamo: le vere conversioni), i dati non salgono, tutt’altro.

Chi sta davvero a contatto con i giovani e con le persone in carne e ossa questo lo sa molto bene.

Con correttezza, pacatezza e rispetto, ma certe cose si devono dire allorquando molte anime corrono il rischio di perdere la bussola della Sana Dottrina. Altrimenti un giorno il Signore potrà chiederci del perché del nostro silenzio. Ovviamente, operando questa critica, non vogliamo sposare semplicistiche soluzioni di chi riconosce come legittimo papa il dimissionario Benedetto XVI o di chi opta per criteri sedevacantisti. Soluzioni ingenue e contraddittorie. I primi a sentirsi in comunione con colui che invece professa comunione con papa Francesco; i secondi ad essere costretti a spiegare come la Chiesa possa reggersi venendo meno per tanto tempo le ragioni della giurisdizione.

La vera mondanizzazione non sta nelle scarpe rosse, nell’andare su auto di grande cilindrata, nemmeno nel vivere in qualche stanza finemente affrescata, bensì è nel rendere la Chiesa cortigiana della storia, nel dire sempre e comunque ciò che il mondo vuol sentirsi dire. Non vogliamo credere che da parte di papa Francesco ci sia davvero questa intenzione (questo lo può sapere solo Dio), ci limitiamo a constatare. Così come constatiamo (ma non è una sorpresa che un errore causi sempre l’errore opposto) che in questi quattro anni sta aumentando ciò che pur si denuncia e si vorrebbe combattere: il clericalismo.

Mai come oggi il Cattolicesimo rischia di affondare nel clericalismo.

Il clericalismo, infatti, non consiste nei privilegi formali, bensì nel tentativo di “mondanizzare” il Mistero.

VITTORIA PRO VITA La guerra del Texas all’aborto. E la furia di Biden

La decisione della Corte Suprema di non bloccare la nuova legge texana, che proibisce gli aborti quando si riscontra il battito cardiaco del bambino, scatena le ire dei Dem americani. Biden prepara un contrattacco poco “democratico” e con lui la Pelosi. Ma intanto in Texas crolla il numero degli aborti e nasce una speranza per tutto il fronte pro vita.

Joe Biden e tutto il gotha del Partito Democratico e dell’industria abortista americana non l’hanno presa bene. La decisione della Corte Suprema (5-4) di non bloccare la nuova legge texana che proibisce gli aborti dal momento in cui è rilevabile il battito cardiaco del bambino, dunque intorno alla sesta settimana di gravidanza, ha comprensibilmente galvanizzato il movimento pro vita, ma ha fatto infuriare i Dem che sono già passati al contrattacco. Il presidente degli Stati Uniti ha definito il verdetto della Corte un «assalto senza precedenti» all’aborto e ha annunciato che farà di tutto per annullare gli effetti della legge approvata dal parlamento del Texas a maggio di quest’anno e in vigore da mercoledì 1 settembre.

La legge texana richiede che ogni esecutore di aborti verifichi la presenza del battito del cuore prima di procedere all’uccisione del bambino in grembo. Se si riscontra il battito, l’aborto non è appunto consentito, tranne in circostanze eccezionali (non stupro e incesto) come il pericolo di vita per la madre. Poiché per l’85-90% dei casi, secondo i dati dell’organizzazione abortista Aclu, gli aborti in Texas non avvengono prima della sesta settimana, quando molte donne sono ignare della gravidanza in corso, la legge potrà avere l’effetto di salvare decine di migliaia di bambini all’anno, tenendo conto che nel 2020 le cliniche locali hanno eseguito circa 54.000 procedure abortive. L’obiettivo deve essere chiaramente quello di vietare ogni aborto procurato, ma certamente in Texas si è fatto un gran passo avanti. E difatti in questi primissimi giorni di settembre il numero di aborti è precipitato. Continue reading

CHIESA STATOLATRICA Vaccino per i Sacramenti: scientismo che esautora Dio

Dei fedeli si sono visti chiedere il green pass per la Santa Messa e, addirittura, il vaccino per confessarsi. Dov’è finita la “misericordia” tanto proclamata in questi anni? Con il Covid l’Onnipotente è stato messo da parte, eppure l’ideologia scientista non potrà mai cancellare ciò che di irriducibile c’è nell’uomo: la coscienza. È questa che motiva il nostro agire, compresa la scelta di vaccinarsi o meno.

Alcuni fatti accaduti in questi mesi, e soprattutto nelle ultime settimane, mi rimandano all’immagine biblica di Lazzaro: è nel sepolcro, forse già putrefatto, certamente fasciato dalla testa ai piedi: può essere questa una realistica immagine del Covid-19 vissuto? Per uscire da questo stato, per Lazzaro, è occorso l’intervento dell’ONNIPOTENTE! L’Onnipotente? Il Signore che abbiamo conosciuto nella storia della nostra fede? La domanda, seppur appaia retorica, non lo è! Il Signore è il… Grande Assente giustificato in quanto non scienziato, non virologo né biologo ecc… e, quindi, esautorato da tutto e da tutti (forse anche dalla sua stessa famiglia!?).

La cosa che più mi lascia basita è ciò che è accaduto ad alcuni nostri amici volontari: per entrare in chiesa è stato chiesto loro di mostrare il green pass per partecipare alla Santa Messa e, per accedere al sacramento della Confessione, è stato addirittura esplicitamente richiesto non solo il green pass (che si può ottenere anche con un tampone negativo) ma la prova di essere stati sottoposti alla vaccinazione!

Le persone in questione, non essendo vaccinate, non hanno avuto la possibilità di confessarsi; in lacrime lamentavano il dispiacere dello stravolgimento della Misericordia – tanto declamata dai Pastori e così necessaria alla vita del cristiano – miseramente e squallidamente finita sotto la lente d’ingrandimento del microscopio, proprio come quello utilizzato per il virus che sancisce chi può accostarsi ai sacramenti e chi, invece, non può… il tutto, non più di competenza della Santa Chiesa ma del Ministero della Salute! Poveri noi.

La minaccia più grave, credo, alla nostra identità cristiana, non deriva né dagli atei, né dai musulmani, né dalle varie violenze contro i cristiani che quotidianamente si perpetrano nel mondo, né dal diavolo stesso (che, comunque, perde sempre contro Dio al di là delle apparenze!) bensì dalla nostra abituale distrazione alle esigenze del bene e della spiritualità, dall’incapacità di detestare il male, dall’assuefazione al peccato – non più percepito come male – fino ad una coscienza che non ha più rimorsi perché abituata a quotidiani compromessi e ipocrisie… Continue reading

“Papa Francesco ha 2 tumori”/ Aldo Maria Valli: “voci dal Vaticano, aria di conclave” Pubblicazione: 07.09.2021 – Niccolò Magnani

Il vaticanista Aldo Maria Valli svela alcuni “rumors” dal Vaticano (tutti da verificare): “Papa Francesco ha due tumori, c’è aria di conclave”

Solo pochi giorni fa alla Radio spagnola COPE, Papa Francesco smentiva categoricamente ogni possibile ipotesi di dimissioni a breve, «non mi è mai passato per la mente» ha spiegato all’emittente della Conferenza Episcopale di Spagna: oggi però su “La Verità” l’ex vaticanista del Tg1, Aldo Maria Valli, riporta altri rumors che invece parlano di condizioni di salute tutt’altro che positive per il Santo Padre.
Premettendo che si tratta comunque anche in questo caso di una “voce” filtrata da Oltretevere e che resta la smentita ufficiale del Pontefice in prima persona, quanto riportato da Valli ha dell’inquietante: «nei Sacri Palazzi si parla di due tumori che avrebbero colpito Bergoglio, e della difficoltà dei medici e del personale sanitario dell’ospedale nel gestire l’augusto paziente, rivelatosi nervoso e insofferente alle cure». Nel suo blog “Duc in altum” Valli non risparmia da anni ormai critiche anche molto feroci al Santo Padre e in generale alla Chiesa di Bergoglio, elementi tutti confermati dall’intervista tutt’altro che “tenera” nei confronti di Francesco. Continue reading

IL ROGO A MILANO Quel crocifisso superstite e il “problema” della fede

Ha commosso il racconto del chirurgo che ha perso tutto nel rogo alla torre del Moro di Milano tranne un piccolo crocifisso. L’episodio riporta al centro il tema della croce e della sofferenza. L’unica risposta è avere fede (fiducia) in quel che Cristo ha fatto e detto perché «il giusto vivrà della fede».

Ha fatto impressione l’intervista a «Repubblica» del professor Lorenzo Spaggiari, direttore della chirurgia toracica dell’Istituto Europeo dei Tumori e docente all’università di Milano. Abitava con la famiglia nel famigerato grattacielo Torre dei Moro, quello che si è squagliato in diretta per un incendio che l’ha completamente distrutto. Come si sa, partito da uno degli ultimi piani, una ventina, il fuoco è sceso fino a terra grazie al rivestimento esterno tutt’altro che ignifugo e attualmente sotto i riflettori dei magistrati. Nessuno dei tantissimi appartamenti si è salvato, tutti gli inquilini sono finiti in strada, ogni abitazione è completamente bruciata. Strano a dirsi, nessun danno alle persone.

Più strano ancora è quel che è accaduto alla famiglia Spaggiari, abitante al diciannovesimo piano e proprietaria di tutto il piano, mansarda compresa. «Il soffitto è crollato e abbiamo perso tutto. Bruciata e sciolta dal calore anche la cassaforte inserita nel muro». La cassaforte. Pure inserita nel muro. Epperò liquefatta dal calore. Gli esperti diranno quanti gradi centigradi ci vogliono per far diventare pappa una cassaforte presumibilmente di metallo atto a custodire preziosi.

Ma il bello deve ancora venire. Dentro alla cassaforte, tra le altre cose, c’era un piccolo crocifisso d’oro avvolto in una bustina di plastica. E’ l’unica cosa rimasta intatta, bustina compresa. E se l’oro fonde prima dell’acciaio, figurarsi la plastica. «La mia famiglia è scossa». Infatti, la moglie del primario quella croce se l’è messa al collo e non intende toglierla più. Giustamente l’intervistatore chiede se il fatto non possa essere frutto del caso. In effetti, le coincidenze, anche spettacolari, esistono. Continue reading