Abortista premiata in Vaticano. A che gioco giochiamo?

La Santa Sede ha conferito l’onorificenza pontificia dell’Ordine equestre di San Gregorio Magno – fondato da papa Gregorio XVI nel 1831 – all’ex ministro olandese per il commercio estero e la cooperazione allo sviluppo Lilianne Ploumen (qui il primo resoconto pubblicato dal sito 1P5), nota per le sue iniziative a favore di aborto e delle rivendicazioni del mondo LGBT. L’onorificenza è assegnata solo a personalità cattoliche che si sono distinte per il servizio offerto alla Chiesa, alla Santa Sede e alla comunità locali. “In segno di apprezzamento e riconoscenza per il servizio prestato” si legge precisamente nell’Istruzione sul conferimento di Onorificenze Pontificie della Città del Vaticano del 13 maggio 2001.

Nel 2017 quando Donald Trump aveva ripristinato la cosiddetta Mexico City Policy che bloccava i finanziamenti alle ONG pro-aborto, la Ploumen aveva pensato bene di istituire la ONG “She Decides” (“E’ lei a decidere”) volta a sostenere economicamente tutte quelle organizzazioni non governative abortiste colpite dalla Mexico City Policy, quali la United Nations Population Fund (UNPFA), l’International Planned Parenthood Federation e la Marie Stopes International, ossia le principali agenzie pro-aborto a livello mondiale. In merito all’attività di queste organizzazioni così si espresse: “Questi sono programmi efficaci e di successo: supporto diretto, distribuzione di preservativi, sicurezza che le donne siano accompagnate nel momento del parto e sicurezza che l’aborto sia privi di rischi, se la donna non ha altra scelta”. La Ploumen riuscì a raccogliere fino a 300 milioni di dollari. Continue reading

Sbando ecclesiale: chiesa-circo e parroco-pagliaccio

Venghino in chiesa, venghino siori e siore con l’ultimo show del prete clown. Si mangia, si beve e si fa festa per salutare il 2017. Non è teatro dell’assurdo, ma quanto è accaduto il 31 dicembre scorso a Marcellise, in provincia di Verona. Che ormai in chiesa si pranzi sembra cosa sdoganata, anche se mai sufficientemente stigmatizzata. Ma che la chiesa serva non solo come refettorio con la scusa dei poveri, bensì come luogo dato agli spettacoli notturni, con tanto di clownerie e gran finale col “3-2-1 buon anno!”, è cosa nuova che fa rabbrividire.

Se poi si aggiunge il fatto che il clown in questione altri non è che il parroco, il gioco è fatto. Il soggetto protagonista ha un nome e cognome: si chiama don Paolo Pasetto ed è il giovane titolare della parrocchia di Marcellise, inserita nell’unità pastorale di “San Martino vescovo” nel comune di San Martino Buonalbergo. Un prete sociale, e ti pareva, che nella località ha persino fondato una comunità chiamata “Sulle orme”. Un prete che con la scusa dell’apertura verso l’altro, con le sue stramberie liturgiche chiude la porta a tanti altri che vorrebbero soltanto un ministro di Dio e non un…, assist facile, pagliaccio.

Il video che mostriamo per la campagna #salviamolechiese ci arriva proprio da uno di loro. Un parrocchiano che dopo averlo ricevuto da uno dei partecipanti al veglionissimo di San Silvestro in chiesa, ha detto basta. La sfrontatezza liturgica di don Paolo infatti va avanti da tempo, persino nonostante le lettere inviate al vescovo di Verona, il quale formalmente, fino ad oggi si è sempre giustificato dicendo di non avere “prove” per inchiodare il sacerdote alle sue responsabilità. Che sarebbero quelle di tenere nel massimo onore il Signore nel suo tempio. Continue reading

LA BEFANA DEI MIGRANTI DISCRIMINA GLI ITALIANI Gli italiani sono sempre più disprezzati, sfruttati e resi sudditi dei poteri stranieri (con la complicità della nostra classe politica

Ormai da tutte le parti arrivano sberle sugli italiani. Perfino all’incolpevole Befana hanno fatto discriminare i poveri italiani. E’ accaduto ieri a Napoli dove il vescovo […] Crescenzio Sepe, aderendo a un’iniziativa del MCL, ha consegnato regali a 500 bambini immigrati delle varie etnie presenti a Napoli per – appunto – la Befana dei migranti.
E gli italiani? Esclusi. A Napoli non esistono famiglie italiane povere i cui fanciulli meritano quei regali? Strano, perché i dati Istat ci dicono il contrario: i nostri poveri assoluti in Italia, dal 2006 al 2016, sono passati da 2,3 milioni a 4,7 milioni. E i “poveri relativi” sono più di 8 milioni. Ma evidentemente loro – essendo italiani – non meritano attenzione.
Quello napoletano è solo l’ultimo episodio di una tendenza alla penalizzazione o addirittura alla discriminazione degli italiani, che […] ha raggiunto livelli tragicomici. Continue reading

La “sedazione profonda”: forma mascherata di suicidio assistito?

Marina Ripa di Meana, la provocatoria esponente del jet set italiano morta a Roma il 6 gennaio 2018, ha scelto per morire la sedazione palliativa profonda, manifestando le sue ultime volontà in un video-testamento: «Dopo Natale le mie condizioni di salute sono precipitate. Il respiro, la parola, il mangiare, alzarmi: tutto, ormai, mi è difficile, mi procura dolore insopportabile: il tumore ormai si è impossessato del mio corpo. Ma non della mia mente, della mia coscienza. Ho chiamato Maria Antonietta Farina Coscioni, persona di cui mi fido e stimo per la sua storia personale, per comunicarle che il momento della fine è davvero giunto. Le ho chiesto di parlarle, lei è venuta. Le ho manifestato l’idea del suicidio assistito in Svizzera. Lei mi ha detto che potevo percorrere la via italiana delle cure palliative con la sedazione profonda. Io che ho viaggiato con la mente e con il corpo per tutta la mia vita, non sapevo, non conoscevo questa via. Voglio lanciare questo messaggio per dire che anche a casa propria, o in ospedale, con un tumore, una persona deve sapere che può scegliere di tornare alla terra senza ulteriori e inutili sofferenze. Fallo sapere. Fatelo sapere».

La scelta della sedazione profonda è stata suggerita dunque a Marina Ripa di Meana da Maria Antonietta Coscioni, una parlamentare di sinistra, fondatrice dell’Istituto Luca Coscioni, che si batte da anni per l’eutanasia e il suicidio assistito. Tra le due forme di fine vita, ha affermato la stessa Coscioni, in un’intervista a la Repubblica, esiste «una discriminante precisa». Nella sedazione profonda «non si somministra un farmaco che porta alla morte in un tempo ben preciso, che nel suicidio assistito può essere cronometrato. Il tempo di sedazione profonda, invece, dipende dalle condizioni del malato, che passa le sue ultime ore in un sonno profondo». Continue reading

Arcobaleno sull’altare e migranti al posto della Via Crucis

Se ci lamentiamo per le liturgie creative stiamo sbagliando in pieno. Sì, perché i preti tutto sono tutto tranne che creativi. No, no, sono monotoni e ripetitivi, noiosi fino allo sfinimento, appiattiti come gregge sull’ultimo grido del clericalmente corretto. Ormai sono anni che approfittano dei presepi per «lanciare un messaggio», e questo messaggio è sempre lo stesso: i migranti. Gommoni al posto delle mangiatoie, barconi al posto delle grotte, il trio Gesù-Maria-Giuseppe in versione afro, e sempre la solita solfa monocorde, il solito faro puntato sulla «tragedia» dei migranti, tanto per tirare la volata alla Caritas che, con le Coop, con l’«accoglienza» ci va a nozze.  Continue reading

«Sul matrimonio si riproponga la posizione tradizionale»

«Come vescovi cattolici, siamo costretti in coscienza a professare, di fronte all’attuale dilagante confusione, l’immutabile verità e l’altrettanto immutabile disciplina sacramentale riguardo all’indissolubilità del matrimonio secondo l’insegnamento bimillenario ed inalterato del Magistero della Chiesa». Così scrivono tre vescovi del Kazakhistan – Tomash Peta, arcivescovo metropolita dell’Arcidiocesi di Maria Santissima in AstanaJan Pawel Lenga, arcivescovo-vescovo emerito di Karaganda e Athanasius Schneider, vescovo Ausiliare dell’arcidiocesi di Maria Santissima in Astana – in un lungo documento titolato “Professione delle verità immutabili riguardo al matrimonio sacramentale” e pubblicato il 2 gennaio .

I tre vescovi prendono atto che dopo l’esortazione apostolica Amoris Laetitia, singoli vescovi e diversi episcopati agiscono con norme pastorali che avranno come esito la diffusione della “piaga del divorzio” anche all’interno della Chiesa, ciò che è in grave contrasto con quanto Dio ha stabilito. E grave è il fatto che ormai la prassi sia diversa da diocesi a diocesi e perfino da parrocchia a parrocchia. «In vista dell’importanza vitale che costituiscono la dottrina e la disciplina del matrimonio e dell’Eucaristia, la Chiesa è obbligata a parlare con la stessa voce», affermano i tre vescovi citando i Padri della Chiesa. Continue reading

I FIGLI SONO DI DIO NON DELLO STATO Da Platone allo Stato moderno si afferma l’ideale utopistico di cittadini orfani della famiglia, mentre i figli possono educarli solo i genitori (e la Chiesa)

Di chi sono i figli? I figli non sono di nessuno perché sono di Dio. C’è stato un tempo in cui l’idea che il figlio fosse un dono era radicata nel cuore e nella mente delle persone, e non solo delle mamme. Un dono che viene da Dio e che bisogna educare perché a Lui ritorni. La procreazione era sentita come appartenente ad un ciclo di senso che toglieva il bimbo dalle mani di ogni potere terreno, perché era “del Signore”.
Questo sentire comune è ancora vivo in molti genitori, ma in generale lo è sempre di meno. Questo da quando la razionalizzazione tecnica e politica ha assunto anche questa forma di dominio, il dominio sui figli. Erano state le utopie politiche a produrre nei secoli scorsi delle serie eccezioni all’idea che i figli appartenessero al Signore, a cominciare dall’antica utopia di Platone secondo cui i bambini appena nati dovevano venire subito allevati in strutture pubbliche, sotto le ali dello Stato, in modo che ogni cittadino, vedendo i giovani per le strade e le piazze potesse dire: “potrebbe essere mio figlio”.
La negazione della famiglia era funzionale alla creazione di una comunità politica di uguali dai saldi legami reciproci. Se i figli avessero continuato ad essere dei genitori – si pensava – l’unità interna alla comunità si sarebbe indebolita e frammentata. L’idea ha una lunga storia, che passa dalla comunione delle donne nei Falansteri del nuovo mondo di Fourier, alle indicazioni del Manifesto di Marx fino ad arrivare agli stati totalitari del secolo scorso. Continue reading

Quei funerali “gay” da non celebrare

Alex Ferrari e Luca Bortolaso, coppia omosessuale, sono morti qualche giorno fa in una villetta in montagna, uccisi dal monossido di carbonio. Avevano entrambi 21 anni. I funerali in forma congiunta si sono svolti ieri presso la chiesa di San Giovanni Battista in località Arzignano (Vicenza). Il giorno prima del funerale il parroco Don Roberto Castegnaro ha commentato: «Vivremo la triste giornata di domani come il saluto a due ragazzi giovani morti in montagna. Non ho conosciuto Luca e Alex, sono qui da poco e ho cinque parrocchie da gestire. Ho accettato di tenere la funzione e solo dopo ho saputo che si trattasse di una coppia omosessuale, ma per me non cambia nulla. Ripeto, è il dramma di due esistenze spezzate troppo presto e dovrò impegnarmi per diffondere il messaggio di fede in un momento così tragico».

Ha fatto bene il parroco a celebrare il funerale di entrambi e pure congiuntamente? Pare proprio di no a dar retta al Codice di diritto canonico che ad oggi – a quanto ci risulta – dovrebbe ancora disciplinare le condotte anche dei sacerdoti. Infatti il Canone 1184 § 1 n. 3 così recita: «Se prima della morte non diedero alcun segno di pentimento, devono essere privati delle esequie ecclesiastiche: […] gli altri peccatori manifesti, ai quali non è possibile concedere le esequie senza pubblico scandalo dei fedeli». Per quale motivo la Chiesa ha preso questa decisione così anti-buonista? Il canonista Luigi Chiappetta commenta: «Le esequie ecclesiastiche, come ogni azione liturgica (can. 837), sono segno ed espressione di comunione ecclesiale. Non possono pertanto essere concesse a coloro che vivono fuori di questa comunione». Continue reading

Due vescovi italiani aderiscono alla professione di verità sul matrimonio sacramentale

Due vescovi italiani hanno aderito alla professione di verità sul matrimonio sacramentale di tre vescovi del Kazakistan, resa pubblica il 2 gennaio 2018. Nella professione di verità, i vescovi Jan Pawel Lenga, Tomash Peta e Athanasius Schneider si dicono “costretti in coscienza a professare, di fronte all’attuale dilagante confusione, l’immutabile verità e l’altrettanto immutabile disciplina sacramentale riguardo all’indissolubilità del matrimonio secondo l’insegnamento bimillenario ed inalterato del Magistero della Chiesa. “

I due nuovi vescovi che hanno sottoscritto il documento sono mons. Luigi Negri, arcivescovo emerito di Ferrara-Comacchio e mons. Carlo Maria Viganò, già nunzio apostolico negli Stati Uniti d’America. Continue reading

I vescovi Tomash Peta, Jan Pawel Lenga, Athanasius Schneider: Professione delle verità immutabili riguardo al matrimonio sacramentale

I vescovi Tomash Peta, Jan Pawel Lenga, Athanasius Schneider

Dopo la pubblicazione dell’Esortazione Apostolica Amoris laetitia (2016) vari vescovi hanno emanato a livello locale, regionale e nazionale norme applicative riguardanti la disciplina sacramentale di quei fedeli, detti “divorziati risposati”, i quali, vivendo ancora il loro coniuge al quale sono uniti con un valido vincolo matrimoniale sacramentale, hanno tuttavia iniziato una stabile convivenza more uxorio con una persona che non è il loro coniuge legittimo.

Le norme menzionate prevedono tra l’altro che in casi individuali le persone, dette “divorziati risposati”, possano ricevere il sacramento della Penitenza e la Santa Comunione, pur continuando a vivere abitualmente e intenzionalmente more uxoriocon una persona che non è il loro coniuge legittimo. Tali norme pastorali hanno ricevuto l’approvazione da parte di diverse autorità gerarchiche.

Alcune di queste norme hanno ricevuto l’approvazione persino da parte della suprema autorità della Chiesa. La diffusione di tali norme pastorali, ecclesiasticamente approvate, ha causato una notevole e sempre più crescente confusione tra i fedeli e il clero, una confusione che tocca le centrali manifestazioni della vita della Chiesa, quali sono il matrimonio sacramentale con la famiglia, la chiesa domestica e il sacramento della Santissima Eucaristia.

Secondo la dottrina della Chiesa solamente il vincolo matrimoniale sacramentale costituisce una chiesa domestica (cf. Concilio Vaticano Secondo, Lumen gentium, 11). L’ammissione dei fedeli cosiddetti “divorziati risposati” alla Santa Comunione, che è la massima espressione dell’unità di Cristo-Sposo con la Sua Chiesa, significa nella pratica un modo d’approvazione o di legittimazione del divorzio, e in questo senso una specie di introduzione del divorzio nella vita della Chiesa. Continue reading