• IL CASO Viganò si dimette, ma niente scuse a Benedetto XVI

Dopo lo scandalo della lettera di Benedetto XVI manipolata, monsignor Dario Viganò si dimette ma il Papa gli chiede di affiancare il nuovo prefetto per la Comunicazione. E intanto il cerchio magico arriva in soccorso sparando su papa Ratzinger.

Alla fine la lettera di dimissioni di monsignor Dario Edoardo Viganò da prefetto della Segreteria per la Comunicazione è arrivata; ma dopo aver concordato con il Papa stesso (come si evince dalla lettera di Viganò e dalla risposta di Francesco) una exit strategy. Il Papa ha infatti creato ad hoc per monsignor Viganò l’ufficio di Assessore per il Dicastero della Comunicazione così che l’ormai ex prefetto possa «dare il suo contributo umano e professionale al nuovo Prefetto», per portare a termine il progetto di riforma di tutto il sistema dei media vaticani che, dice papa Francesco, è «ormai giunto al tratto conclusivo».

Dunque bisognerà attendere la nomina del nuovo prefetto e le sue prime mosse per capire meglio se si tratta solo di una uscita “morbida” oppure un semplice spostamento per placare le polemiche e rimediare alla figuraccia planetaria ma lasciando monsignor Viganò a dirigere da dietro le quinte. Per ora, il tono delle due lettere fa propendere per la seconda ipotesi. Per spiegare la sua decisione di «farmi in disparte» Viganò fa riferimento alle «molte polemiche per il mio operato», una sintesi decisamente benevola e autoassolutoria. Continue reading

• OLTRE IL CASO VIGANO’ Benedetto XVI, un pontefice impossibile da “taroccare”

Nella vicenda Viganò c’è molto più di Viganò. C’è un attacco a Benedetto XVI in cui il taroccamento mediatico sarebbe stato funzionale ad un taroccamento teologico e magisteriale, nel tentativo di cambiare i connotati percepiti del magistero di Ratzinger, trascinandolo verso altre interpretazioni. Fede e ragione, ecologia umana, diritto naturale, Quaerere Deum e vetus ordo: un pontificato scomodo ancora osteggiato. 

Nella vicenda Viganò c’è molto più di Viganò. Nell’editoriale di ieri, il direttore Cascioli ha sostenuto che dietro la vicenda Viganò c’è un attacco a Benedetto XVI, non solo una strumentalizzazione della sua persona, il che sarebbe ovviamente già molto grave, ma al suo pensiero e al suo magistero, nel tentativo di “strattonarlo” e di fargli dire ciò che non ha detto, allocandolo su posizioni da esso mai occupate. Il taroccamento mediatico sarebbe stato funzionale ad un taroccamento teologico o addirittura magisteriale, nel tentativo di cambiare i connotati percepiti del magistero di Benedetto e di trascinarlo verso altre interpretazioni.

Benedetto XVI, durante il suo pontificato, fu chiamato da “La Civiltà Cattolica” il “Papa scomodo”. Da Papa emerito, Benedetto continua, evidentemente, ad essere scomodo se, strattonandolo, lo si vuole normalizzare. Ma è difficile farlo in modo corretto, dato che il suo magistero sta lì davanti a tutti nella sua chiarezza. Quali sono, allora, gli aspetti “scomodi” di Benedetto XVI che la vicenda Viganò voleva accomodare? Continue reading

• IL CASO Scandalo Viganò, mancano due lettere

La pubblicazione della lettera integrale di Benedetto XVI e il suo contenuto fortemente polemico, esige che venga pubblicata anche la lettera originale al papa emerito di monsignor Viganò. Che poi dovrebbe spedire anche una lettera di dimissioni. 

Una lettera, quella di Benedetto XVI, siamo riusciti finalmente a leggerla integralmente. Adesso ne mancano ancora due: quella inviata il 12 gennaio da monsignor Dario Viganò a Benedetto XVI, che ha provocato la risposta che abbiamo visto. E la terza, ancora di monsignor Viganò, in cui rassegna le dimissioni irrevocabili. Quest’ultima non c’è ancora ma non può tardare. Sì, perché è impensabile che egli possa rimanere tranquillamente al suo posto dopo la terribile figuraccia internazionale rimediata. Continue reading

INTERVISTA “Mio figlio come Alfie: dissero che doveva morire, invece…”

Lauren Mcmahon, mamma di un bimbo di 5 anni di nome Alfie, come Alfie Evans, racconta alla Nuova BQ: «Mio figlio fu portato al Birmingham Children’s Ospital dove lo intubarono. Dopo una tac ci dissero che era cerebralmente morto, che lo stavamo facendo soffrire e che bisognava sospendere la ventilazione. Ma oggi mio figlio respira, mangia e mi chiama mamma».

 «Anche mio figlio è finito in ospedale, è stato intubato prima di ricevere una diagnosi tremenda», per cui i medici avevano deciso di abbandonare ogni speranza «convincendomi a sospendere i sostegni vitali». Quindi a provocarne la morte prima di cercare di fare il possibile per curarlo, ma sopratutto prima di attenderne la morte naturale. A raccontare la sua storia alla Nuova BQ è Lauren Mcmahon, mamma di un bimbo di 5 anni di nome Alfie, come Alfie Evans. E come lui inglese. Continue reading

• IL DIBATTITO SU AL “Attenuanti in fuori gioco, il matrimonio non è una morale”

Sulle controverse interpretazioni di AL interviene il benedettino Meiattini: «Il matrimonio in quanto Sacramento possiede un carattere pubblico, ecclesiale e liturgico. Ciò che impedisce ai “divorziati risposati” di partecipare pienamente all’Eucaristia, è la dimensione simbolica della loro vita, che contraddice la dimensione simbolica del sacramento. Impostare le questioni morali a prescindere dalla natura e struttura dei sacramenti, significa ledere qualcosa di fondamentale nella stessa forma della rivelazione».

 Don Giulio Meiattini è monaco dell’Abbazia benedettina Madonna della Scala di Noci (Bari) con dottorato in teologia fondamentale presso la Pontificia Università Gregoriana. Insegna al Pontificio Ateneo Sant’Anselmo, nella specializzazione di Teologia Sacramentaria e nella Facoltà Teologica Pugliese nella specializzazione di antropologia teologica. Di recente è intervenuto, proprio su La Nuova BQ, sull’iniziativa di don Gianluca Carrega di organizzare ritiri per promuovere la fedeltà tra “coppie” omosessuali. Lo scorso mese è uscita, per le edizioni Lindau, la sua ultima pubblicazione Amoris Laetitia? I sacramenti ridotti a morale, sulla quale lo abbiamo intervistato.

Nel suo libro, fresco di stampa, Amoris Laetitia? I sacramenti ridotti a morale, lei afferma che la debolezza dell’impianto di Amoris Laetitia (AL) è la sua univoca direzionalità che va dalla morale al sacramento, invece che dal sacramento alla morale (come sarebbe giusto), e si esaurisce nella triade norma – attenuanti – imputabilità. Può spiegare in modo semplice questa affermazione?
Il ragionamento di AL è questo: esiste una norma, ci sono delle attenuanti che riducono la nostra responsabilità nel violare quella norma, perciò il tale peccato non è pienamente imputabile; se qualcosa non è pienamente o per nulla imputabile, e dunque nonostante la materia grave non costituisce peccato mortale, viene aperta la strada verso la possibilità di ricevere i sacramenti.

Perché questo ragionamento non funziona?
Non funziona per tanti motivi. Innazitutto la valutazione morale di una condotta di vita non può attuarsi solo dal punto di vista dell’imputabilità soggettiva. Inoltre, il matrimonio in quanto sacramento possiede un carattere pubblico ed ecclesiale, perciò la violazione notoria del vincolo matrimoniale, che si fa condizione di vita permanente, richiede una prassi penitenziale corrispondente, che non trascuri questa valenza comunitaria. Questo vale per ogni peccato che sia appunto pubblico. Una situazione di peccato, in generale, non può essere perdonata se perdura senza pentimento e impegno di cambiamento; a fortiori, un peccato pubblico non può ottenere l’assoluzione semplicemente in foro interno, mentre la condizione di peccato notorio rimane invariata sotto gli occhi di tutti. Il confessore, in queste situazioni, non può rimettere i peccati dispensando il penitente da segni visibili e riconoscibili di conversione. Continue reading

• FALSI MITI Reddito di cittadinanza? Non è da cristiani

Una forma di qualche contributo statale alle persone in difficoltà economiche si fonda sul rapporto diretto Stato-cittadino, che scavalca l’intera società civile. È figlio di una concezione assolutistica dello Stato, perciò è contrario alla Dottrina sociale della Chiesa.

 L’espressione “reddito di cittadinanza” non c’era nel programma del Movimento 5 Stelle. In esso si parlava del problema all’interno della riforma del collocamento. Tuttavia, come si è appreso, dopo le elezioni molti cittadini si sono recati ai CAF chiedendo i (fantomatici) moduli per la richiesta del reddito di cittadinanza. Non è certo cosa i 5 Stelle intendessero con questa espressione, sono invece certe due cose: che molti elettori l’hanno recepita nel significato di un qualche “sussidio” che lo Stato avrebbe concesso e che i Grillini in campagna elettorale non hanno fatto molto per spiegare che così non era, anzi.

Per capire la questione può essere utile considerare cosa pensi la Dottrina sociale della Chiesa del reddito di cittadinanza. So bene che questo provvedimento può essere articolato in molti modi, ma in attesa di conoscere come sarà articolato (e se sarà articolato) nel caso italiano, vale la pena considerarlo in generale, come intervento economico dello Stato a sostenere direttamente con qualche forma di contributo fasce di cittadini in difficoltà per la crisi economica. Continue reading

MESSORI SBUGIARDA SPIELBERG E LUI RINUNCIA AL FILM CONTRO LA CHIESA

Steven Spielberg lavorava a un film sul caso Mortara, ma l’uscita negli USA del libro di Messori svela la verità e il regista abbandona il progetto per non cadere nel ridicolo

 

Il celebre regista e produttore americano, ebreo praticante, Steven Spielberg, stava per iniziare le riprese di un film sul “caso Mortara”. Naturalmente, la pellicola (distribuita nel mondo intero) avrebbe seguito la vulgata, secondo la quale il piccolo Edgardo Mortara, su ordine di Pio IX, a sette anni sarebbe stato crudelmente strappato dalle braccia dei genitori, israeliti di Bologna, portato a Roma e allevato in collegi cattolici, imponendogli di diventare cristiano. E questo parchè, quando era neonato e rischiava di morire, una domestica cristiana lo aveva nascostamente battezzato. Continue reading

Quei vescovi con l’ossessione di Salvini

Continuano le polemiche per l’uso “improprio” di Vangelo e Rosario da parte del leader della Lega, ma monsignor Perego – che tanto si scandalizza – nulla ha avuto da dire sulle leggi anti-vita e famiglia della passata legislatura né sulla Bonino a far comizi in chiesa.

 Non si spengono gli echi delle parole pronunciate da Matteo Salvini sul palco di piazza Duomo a Milano, in occasione del comizio di sabato scorso, durante il quale ha promesso di seguire il Vangelo e ha mostrato il Rosario. Il gesto è stato interpretato dai suoi detrattori come una trovata elettoralistica fuori luogo e ciò era ampiamente prevedibile. C’era altresì da aspettarsi che anche settori della Chiesa si indignassero per l’accostamento del programma politico della Lega al messaggio evangelico, con il dichiarato e solenne impegno, da parte del candidato premier della Lega, di applicare i principi del cattolicesimo alla politica. Continue reading

Prete non pedofilo: lezione della Chiesa allo Stato

Dopo una condanna pesantissima per pedofilia e sette anni scontati in carcere, per don Luciano Massaferro arriva la piena riabilitazione dalla giustizia ecclesiastica. Merito del coraggio mostrato dall’arcivescovo di Genova Bagnasco che ha fatto svolgere un processo rigoroso dal quale è uscito assolto. Parlano l’amico vescovo e il suo legale, Ronco, che sottolineano la fede con la quale ha affrontato una tragedia personale e gli errori compiuti dalla giustizia italiana: “Le cose non andarono come stabilì il giudice civile”

La giustizia ecclesiastica lo ha pienamente riabilitato dall’accusa di pedofilia entrando così in opposizione con la sentenza con la quale la Cassazione stabiliva per don Luciano Massaferro di Alassio la condanna a 7 anni, scontati quasi tutti in carcere. Per i giornali la notizia è ghiotta. Infatti lo si presenta come né più né meno che un contrasto per mettere in cattiva luce il tribunale ecclesiastico, adombrando una sorta di “tenerezza” nei confronti del sacerdote che invece la giustizia penale ha ritenuto colpevole.

Di qua la giustizia civile che lo ha condannato, di là quella ecclesiastica che invece dopo un’attenta analisi della vicenda iniziata nel 2009, ha assolto “don Lu”, ribaltando completamente la decisione precedente che ora gli consentirà di poter tornare a fare il parroco e soprattutto a dire messa, salvo però impedirgli di insegnare religione nelle scuole perché per quell’incarico vale la giustizia ordinaria, che lo inibisce dalla cattedra. Continue reading