Perché è stato scelto proprio il mese di maggio per esercitare una devozione particolare verso Maria Santissima? «La prima ragione», risponde il Beato Cardinale John Henry Newman (1801- 1890) «è che in questo mese la terra esplode con tutte le sue foglie novelle e il verde delle sue erbe, dopo il crudo gelo e la neve dell’inverno, dopo la rigida atmosfera e il vento selvaggio e le piogge dell’incipiente primavera. Maggio, perché gli alberi sono in boccio e i giardini si vestono di fiori. Maggio, perché le sue giornate si fanno più lunghe, il sole sorge prima e tramonta più tardi. Tutta questa felicità e gaiezza della natura al di fuori di noi accompagna convenientemente la nostra devozione verso colei che è la Rosa mystica e la Domus aurea» (Meditazioni e preghiere, Jaca Book, Milano 2002, p. 129).
Maggio è, fra tutti i mesi dell’anno liturgico della Chiesa, il più festoso e radioso: appartiene al tempo della promessa adempiuta, ossia ai 50 giorni della Santa Pasqua. Il Salvatore ha trionfato sul peccato e la morte e ha aperto il Paradiso a tutti coloro che si convertono nella sua Verità. In maggio cadono non di rado le feste della Santissima Trinità e del Corpus Domini. In maggio si festeggia Sant’Atanasio, l’indomito assertore della Fede nella divinità di Cristo, negata dagli Ariani, che spadroneggiarono nella Chiesa per più di due secoli.
La Madonna stessa, per volere divino, ha scelto maggio per dare inizio alle sue apparizioni a Fatima, i cui messaggi hanno una rilevanza decisiva per le sorti della Chiesa e del mondo. Il 24 maggio è la festa di Maria Ausiliatrice, che trionfa su tutte le eresie.
Il Papa mariano e domenicano San Pio V (1566-1572) affidò a Lei le armate e i destini dell’Occidente e della Cristianità tutta, minacciati dall’Islam. Il Papa istituì, per la gloriosa vittoria di Lepanto (1571) contro le flotte turche dei musulmani, la festa del Santo Rosario. Il grido di gioia del popolo cristiano si perpetuò in questa invocazione: Maria Auxilium Christianorum! Il Senato veneziano fece scrivere sotto il grande quadro commemorativo della battaglia di Lepanto, nel Palazzo Ducale: «Né potenza, né armi, né condottieri ci hanno condotto alla vittoria, ma Maria del Rosario» e così a fianco agli antichi titoli di Consolatrix afflictorum (Consolatrice degli afflitti) e Refugium peccatorum (Rifugio dei peccatori), si aggiunse anche questo. Nel XIX secolo due santi ravvivarono la devozione per la Madonna del Rosario e Maria Ausiliatrice: il Beato Bartolo Longo a Pompei e San Giovanni Bosco a Torino, alla quale si rivolgeva per ogni necessità e quando le cose si complicavano e andavano per le lunghe, le chiedeva familiarmente: «E allora incominciamo a fare qualcosa?». Maria Ausiliatrice mai lo deluse.
Maria Santissima è la figlia prediletta di Dio, la creatura a lui più cara e più vicina. «Era giusto perciò», dice Newman, «che fosse suo questo mese, nel quale glorifichiamo e ci rallegriamo della grande Provvidenza divina verso di noi, della nostra redenzione e santificazione in Dio Padre, in Dio Figlio e in Dio Spirito Santo» (Ivi, p. 131). Ma La Vergine non è soltanto l’Ancella più benvoluta dal Signore, Ella è Madre di Suo Figlio, è Regina di tutti i Santi, è Madre della Chiesa. Ella è, come enunciano le litanie lauretane, Stella matutina e Rosa mystica. Ella appartiene al Cielo, ma è accanto agli uomini, come la rosa sulla terra. Grazia e profumo nella rosa sbocciata; luminosità e in infinitudine nella stella, e quando suo Figlio verrà a giudicare il mondo, Ella sarà ancora pura e perfetta come quando venne concepita.
«Dopo la caduta di Adamo tutti gli uomini, suoi discendenti, sono concepiti e generati nel peccato. “Ecco”, esclama l’autore ispirato del salmo Miserere “ecco malvagio sono nato, peccatore mi ha concepito mia madre” (Sal 51, 7). Quel peccato che appartiene a ognuno di noi, ed è nostro fin dal primo momento dell’esistenza, è il peccato di incredulità e di disobbedienza, con il quale Adamo perse il Paradiso. Noi, come figli di Adamo, siamo suoi eredi nelle conseguenze della sua colpa, e abbiamo perduto quell’ornamento di grazia e di santità, che egli aveva ricevuto dal Creatore. Tutti siamo concepiti in questo stato di perdita e di privazione (…) Colui che fu generato dall’eternità, volle salvare e redimere, nel tempo, il genere umano; e la redenzione di Maria fu determinata in quella speciale maniera che noi chiamiamo “immacolata Concezione”. Fu decretato non che fosse purificata dal peccato, ma che ne fosse preservata fin dal primo istante della sua esistenza, cosicché Satana non avesse parte alcuna in lei» (Ivi, pp. 134-135).
La Misericordia di Dio è proporzionata al Miserere dell’uomo: il pentimento è condizione imprescindibile per ottenere misericordia dall’Onnipotente. Il Salmo 51, dove si evincono i desiderata del Signore e il modo reale e autentico per ottenere da Lui misericordia, dovrebbe essere affisso a tutte le porte delle chiese in questo anno giubilare: «Miserère mei, Deus, secùndum magnam misericòrdiam tuam. Et secùndum multitùdinem miseratiònum tuàrum, dele iniquitàtem meam. Àmplius lava me ab iniquitàte mea, et a peccàto meo munda me». L’amabilità della Madonna è pari al suo candore. La sua tenerezza è pari alla sua sublime misura di maternità. Maria è stella del mattino perché annuncia il Sole: non brilla di luce propria, per se stessa, ma in lei splende il riflesso del suo e nostro Redentore, che Lei annuncia e glorifica.
«Quando ella appare nelle tenebre, noi sappiamo che anch’egli è vicino» (Ivi, p. 173). Nelle tenebre del 1917 apparve e rivelò gli accadimenti prossimi e futuri. Papi e uomini non hanno ancora compiuto ciò che Ella domandò, ecco che Cristo, che darà il premio a ciascuno secondo le opere compiute, rimane ancora nascosto nelle beate anime oranti, disposte al sacrificio e che, con l’innocenza che rapisce la sopranatura, chiedono a Sua Madre, con perseveranza, umiltà e filialità: «E allora incominciamo a fare qualcosa?». In questo nostro tempo di lotta feroce fra bene e male, Cristo sta preparando la vittoria della Chiesa sul mondo, accostumatosi al suo principe.
Cristina Siccardi in Corrispondenza Romana