Abbiamo celebrato la solennità dell’ Epifania, della manifestazione di Gesù alle “Genti”, come luce che viene ad illuminare la vita di ogni uomo, perciò anche la nostra, a dargli senso, spessore, speranza.
Oggi lasciamo dietro noi il presepe e ci ritroviamo sulle rive del Giordano in Galilea. È un luogo importante il Giordano. È il fiume che gli ebrei attraversarono quando entrarono nella terra di Canaan. Quando i sacerdoti che portavano l’Arca dell’Alleanza entrarono nel fiume, le acque del Giordano si separarono e gli Israeliti poterono attraversarlo camminando sull’asciutto (Giosuè 3:14-17).
Successivamente, il profeta Elia attraversò il Giordano camminando sull’asciutto con Eliseo subito prima di essere portato in cielo su un carro di fuoco (Re 2 2:8) come segno che il suo ministero profetico era finito. Eliseo poi tornò in Israele nello stesso modo, attraversando il Giordano all’asciutto per intraprendere il suo ministero profetico (Re 2 2:14).
È quindi significativo che il Battista chiamasse alla conversione amministrando il suo Battesimo proprio al Giordano, annunciando la venuta del Messia, richiamando la triste realtà del peccato, invitando al cambiamento, alla revisione della propria vita e alla conversione.
Ci ricordiamo, però i toni, con cui Giovanni diceva tutto questo? Non è molto che lo abbiamo ascoltato. Erano toni aspri e duri, pur dicendo cose giustissime, ma le modalità che il Signore usa sono diverse.
Isaia parla di un servo: “Non griderà né alzerà il tono,
non farà udire in piazza la sua voce,
non spezzerà una canna incrinata,
non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta …”
Sarà quindi debole, accomodante, edulcorando la verità?
Perché purtroppo, oggi, per tanti, anche all’ interno della comunità cristiana vi è una tendenza a una specie di buonismo che tende a dare per scontato certe verità che non si ripetono più, e a non indicare Gesù come il vero e unico Salvatore degli uomini e nella Parola del Vangelo, nella Parola di Dio l’ unica parola di verità su Dio e sull’ uomo in un sincretismo religioso e un relativismo per cui ogni esperienza va bene.
Eppure Gesù si è fatto “servo” per affermare la verità di un Dio che si fa prossimo, vicino e solidale, che continua a rimanere il Dio con noi e per noi fedele a quella missione, affidatagli dal Padre, che inizia, proprio dopo il Battesimo di Giovanni e lo condurrà al Golgota e morire sulla Croce, perdonando ai suoi crocifissori.
Accanto ai peccatori, lui che non ha peccato e che non ha bisogno del battesimo di conversione di Giovanni è in fila con loro, lui l’ unico, vero giusto in fila tra gli ingiusti.
Oggi molti parlano di solidarietà.
Questo gesto di Gesù al Giordano esprime la solidarietà di Dio con noi, che si immerge completamente nella nostra umanità, nelle nostre fatiche, nei nostri dolori, senza compromessi e senza sconti con il peccato, con il male e colui che istiga al male: il Maligno.
Questa è la compassione e la misericordia di Dio, che richiede
all’ uomo di riconoscersi peccatore.
Gesù, che viene a svelare quello che è nei nostri cuori, oltre a quella che è la volontà del Padre, una volontà di bene, di amore, di salvezza per noi: “Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.”, leggiamo nel Vangelo di Giovanni, d’altra parte fa conoscere a ciascuno di noi la nostra condizione di peccatore.
Di fronte a questo Dio che non sta solo lassù in cielo, ma viene sulla terra, che da Onnipotente si fa piccolo e bisognoso, come un bambino, se Colui che non aveva conosciuto peccato Dio lo fece peccato in nostro favore”, [2Cor 5,21], qual è la nostra reazione?
Giovanni non ci sta! Deve anche lui convertirsi ad una diversa visione di Dio, come dobbiamo fare noi. È difficile accettare un Dio così che non sta lontano, ma si avvicina, che non soffoca ogni tentativo di bene portando la novità di Dio, ma che ha pazienza: “non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta; proclamerà il diritto con verità.” Ha annunciato Isaia [nella prima lettura].
Forse sono anch’io quella canna incrinata, o quello stoppino con la fiamma smorta, ma nella sua missione Gesù è venuto a fasciare, a guarire, a prendermi per mano e portarmi sul cammino di una vita rinnovata, quella di Figlio di Dio salvato e amato.
Figlio di Dio io lo sono! Lo sono diventato dal giorno del Battesimo in cui nella mia vita è stato messo il seme della fede, il dono della presenza di Dio, mi è stato tolto il peccato originale, mi è concessa la libertà e la capacità di farmi dono cercando di assomigliare sempre di più a Gesù nel mio modo di amare e di incontrare gli altri.
Di ricamare le giornate che costituiscono la mia vita in una continua conversione vivendo guidati dallo Spirito.
Al Giordano con il Battesimo Gesù dà inizio alla sua missione, e ci viene rivelato come “Il figlio in cui il Padre ha posto il suo compiacimento”.
Anche a noi , battezzati, viene affidata una missione, che è quella di indicare la strada che Gesù ha percorso, sulla quale cerchiamo di camminare anche noi e, purtroppo, non sempre bene, come l’ unica che salva l’ uomo, lo realizza pienamente, lo conduce a Dio. Questa via si può imboccare con la fede che ci apre all’ amore, è alimentata dalla speranza ed è tradotta visibilmente nella Carità.
E se qualche volta facciamo fatica a vivere la carità, chiediamo al Signore di aumentare la nostra fede e possiamo richiamare, pregare, con quanto diceva s. Vincenzo de Paoli: “ La vera Carità apre le braccia e chiude gli occhi”.
Deo Gratias,qydiacdon.