OMOSESSUALITÀ Ddl Zan, la Chiesa italiana rinuncia alla verità

In due interviste parallele il cardinale Bassetti, presidente dei vescovi italiani, e l’arcivescovo Paglia (rispettivamente a Repubblica e Stampa) si schierano per la modifica – e non l’affossamento – del Ddl Zan sull’omo-transfobia. Una posizione incomprensibile e non condivisibile, di cui non viene data alcuna ragione che non sia opportunismo politico. E parlano di dialogo con tutti, ma mai si sono posti il problema di ascoltare chi nella Chiesa – come noi e molti altri – sostiene che il ddl sia da rifiutare in blocco.

Mentre ci si avvicina alla resa dei conti in parlamento sul ddl Zan, la Chiesa (ufficiale) spara le sue ultime cartucce a salve. Ieri Repubblica ha pubblicato una intervista al cardinale Gualtiero Bassetti, presidente dei vescovi italiani, mentre La Stampa ha sentito l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la vita e cancelliere dell’Istituto Giovanni Paolo II. Le due interviste hanno confermato e, per così dire, suggellato la posizione finora assunta dalla Chiesa italiana e dalla Chiesa universale.

I due intervistati hanno nuovamente sostenuto che il ddl Zan va ritoccato ma non bloccato e che questa è la “voce di tutti i cristiani” (Bassetti) dato che “nessuno nella Chiesa vuole bloccarlo o ostacolarlo” (Paglia). Nessuno? Questa testata ha sempre sostenuto che il ddl in questione vada affossato perché inemendabile. Dobbiamo considerarci fuori della Chiesa? Come noi, tante persone, associazioni e movimenti, esperti e studiosi, genitori e centri di formazione e di informazione – molti dei quali sul campo hanno già dovuto subire angherie e soprusi non protetti dall’ombrello di nessuna legge Zan – non sono disposti ad essere accomunati ad un fronte di cui non comprendono e, quando riescono a comprenderle, non condividono le motivazioni. Continue reading

RAFFAELLA CARRA’, DAL TUCA TUCA AL GAY PRIDE La madre delle soubrette televisive in 50 anni di carriera ha messo il talento e il successo a servizio dell’ideologia nemica della donna e della famiglia

Una vigilia di Natale un Babbo Natale che si aggira per le vie di una città portando in tre case un enorme pacco. Per una coppia di sposi anziani il regalo è una bambina, che si getta sul letto ad abbracciarli, forse la figlia che non hanno mai avuto o la nipote che non vedono mai. Per una ragazza affranta e sola è un gruppo chiassoso di amici. Per un ragazzo altrettanto solo è invece un bel giovane, l’amore perduto o sognato. Sullo sfondo, da uno schermo televisivo spunta il caschetto biondo platino della 75enne Raffaella Carrà, mentre il suo canto accompagna lo scorrere dei quadretti di vita. Si tratta del videoclip della canzone “Chi l’ha detto”, che ha fatto da lancio al doppio cd della Carrà “Ogni volta che è Natale”, uscito a fine del 2018 e che ripropone una miscela di elementi che ha caratterizzato la carriera della madrina di tutte le soubrette televisive: i buoni sentimenti, l’allegra bonomia da donna della porta accanto – agli inizi ragazza, poi donna matura, oggi
elegante anziana – e messaggi tossici in dosi omeopatiche.

ICONA GAY
«Canto il mio Natale per le famiglie omosessuali perché deve essere una cosa normale» si intitolava l’intervista rilasciata dalla Carrà al Corriere della Sera a fine novembre. «Ho cominciato a capire il mondo gay durante la prima Canzonissima», ha raccontato sempre la Carrà, «ricevevo lettere da ragazzi gay che non si sentivano accettati specialmente in famiglia. E mi sono chiesta: possibile che esista questo gap tra genitori e figli? Poi nel mondo dello spettacolo ci sono tante persone omosessuali e così sono diventata icona gay mio malgrado. Da anni mi chiedevano di prendere parte alle sfilate per l’orgoglio gay e così l’anno scorso sono andata a Madrid alla giornata mondiale del gay pride e li ho beccati tutti in una notte». In effetti la Raffaella nazionale, che da anni ormai lontani è stata eletta dal mondo Lgbt nostrano una sua icona, nel giugno del 2017 si è recata presso l’ambasciata italiana della capitale spagnola a ritirare il World Pride Award, che le ha dato lo status simbolico di ambasciatrice Lgbt a livello internazionale. «Quando si parla delle adozioni a coppie gay ma anche etero» ha commentato la Carrà in quell’occasione, «faccio un pensiero: ma io con chi sono cresciuta? Mi rispondo: con due donne, mia madre e mia nonna. Facciamoli uscire i bambini dagli orfanotrofi, non crescono cosi male anche se avranno due padri o due madri. Io le ho avute. Sono venuta male?». Continue reading

XV Domenica: mandati

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.
E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro».
Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.
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La prima lettura ci presenta ancora la figura di un profeta: Amos che richiamò in modo pesante la classe sacerdotale per la sua corruzione che allontanava il vero culto dalla vita. Ministri dell’altare che affamavano vedove e orfani e si arricchivano con le entrate delle offerte del Tempio.
Ministri che mischiavano sacro e profano. Purtroppo sembra che quello che denunciavano i profeti non sia ancora del tutto scomparso.
Amos è scomodo e a chi vuole che si allontani ricorda che non è stato sua la scelta di essere profeta.
«Non ero profeta né figlio di profeta;
ero un mandriano e coltivavo piante di sicomòro.
Il Signore mi prese,
mi chiamò mentre seguivo il gregge.
Il Signore mi disse:
Va’, profetizza al mio popolo Israele».”

Una persona semplice che è mandata …  il Signore sceglie fra gente semplice, che non rappresenta nessuna classe sociale o nobile. L’ imparzialità che non fa preferenza di persone.
Nel Vangelo anche i dodici sono mandati e anche loro sono persone semplici: Pietro era un pescatore
Mandati a chiamare alla conversione, certo, ad annunciare il Vangelo. Io però vorrei soffermarmi sul modo di essere mandati. Continue reading

XIV Domenica Ordinario B – Nessun profeta è ben accetto …

 

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.

 

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La prima parola che vorrei mettere all’inizio della nostra riflessione è apparenza. Cosa assai diffusa oggi in cui si guarda agli altri non per quello che sono o hanno veramente nel cuore, per ciò per cui amano e sperano, ma per quello che possiedono e possa giustificare un certo status sociale, economico, politico. Dimentichi che l’apparenza spesso non rispecchia
l’essenza di una persona e che nel mondo vi sono persone vere e autentiche, coerenti con ciò che dicono e che fanno .
Quando noi incontriamo queste persone il primo sentimento che nasce in noi è quello dello stupore: “Possibile che esistano persone così?

È quello che accade nel Vangelo di oggi. Questo Gesù che torna a casa fra i suoi che non riconsiderano quella che è stata la sua esperienza a Cafarnao e tuttora.

«Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?».

Come è accaduto per tanti, anche per noi come è accaduto a me. Ricordo sempre quando, da poco ordinato, incontrando una mia parente mi disse sei diventato uno scarafaggio nero. Era un po’ anticlericale.

Gesù non viene accolto dai suoi compaesani perché viene banalizzato e dato per scontato. Lo conoscono, conoscono la sua famiglia, i suoi parenti com’è possibile che sia animato da una sapienza simile e che abbia compiuto le cose di cui abbiamo sentito dire? Se questo accade sotto un aspetto, dall’altro perché ciò che dice è scomodo e mette tutti sul banco degli imputati. Gratuità, servizio, giustizia, oblatività,
rinuncia, sacrificio, amore gratis … quanto e cosa facciamo per questi valori che sono per molti, troppi, fuori dagli schemi. Certo se ne sente parlare, ma la prassi, l’agire in questo senso com’è?

Allora subito nasce l’incomprensione, ci si scandalizza. È vero anche gli uomini di chiesa, che dovrebbero essere dei nuovi profeti sono fragili ed errori sono stati commessi da papi, vescovi e da semplici cristiani. Forse succede anche a noi di non riuscire sempre a dare una grande testimonianza di fede nella nostra vita e ci uniformiamo al pensiero banale che guida la logica del mondo, cedendo a piccoli e grandi compromessi.
Accade che anche i cristiani tentino di addomesticare il Vangelo, correggerlo o che si sentano migliori rispetto a tanti altri.

Quando giunge qualcuno che richiama alla verità diventa scomodo per tutti.
Così è accaduto ai profeti nella storia del popolo ebraico, così succede a Gesù.
L’essenza del ruolo in senso biblico è che il profeta è qualcuno che “parla nel nome di Dio”. Il rapporto tra Dio e il suo popolo è basato su un’alleanza: “il patto”, dunque il profeta è qualcuno che richiama il popolo di Dio a rispettare i termini dell’alleanza, ammonisce il popolo e lo esorta a rispettare l’alleanza stabilita da Dio.
Ma noi sappiamo bene richiami e rimproveri non sono accettati bene da nessuno.
Scrive un commentatore: “il destino dei profeti, lo stesso Gesù lo sperimenta è di essere ignorati in vita e celebrati da morti. Ancora intorno a noi uomini e donne profetizzano, leggono la realtà, ci richiamano all’ essenziale, innalzano la loro voce nel deserto mediatico che ci circonda.
Un vecchio polacco parkinsoniano (Giovanni Paolo II) ha richiamato forte il valore della pace, ammonendo i potenti del mondo che – garbatamente- gli hanno sorriso e lo hanno ignorato, accorrendo poi devoti alle sue esequie” (Curtaz)

“Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua”

Deo gratias, qydiacdon

CADE L’OBBLIGO DELLA MASCHERINA, MA SI TROVA ANCORA CHI CE L’HA La propaganda della paura ha generato un conformismo irrazionale che durerà per anni

28 giugno 2021: un giorno importante. Un giorno che dovrebbe essere quasi di festa: finalmente il Governo ha tolto l’obbligo della mascherina all’aperto, un provvedimento adottato già da diversi giorni da tutti i Paesi europei. Molti italiani, tuttavia, hanno deciso di non usufruire di questa libertà: si stima che circa il 50% della popolazione per ora non intenda separarsi dalla barriera di carta posta su naso e bocca.
Qualcuno ha parlato di un meccanismo psicologico post-traumatico. Una specie di riflesso condizionato, come quello dei famosi cani di Pavlov. Una “interiorizzazione del comportamento”, una sorta di abitudine indotta difficile da perdere. Per molti, soprattutto anziani, si tratta del permanere di uno stato di paura che forse non se ne andrà mai. A forza di bombardamenti mediatici, fatti di immagini di bare e terapie intensive, e dopo le parole d’ordine reiterate ossessivamente per 15 mesi, in primis la terrificante “non esistono cure”, le persone sono convinte di vivere sotto una minaccia continua, in una sorte di nube virale che non si alza.
È vero: i dati dei contagiati, dei ricoverati, dei morti sono confortanti: sono analoghi a quelli dello scorso anno (anche se quest’anno ci sono in più milioni di vaccinati che però non hanno cambiato significativamente le varie curve) ma tutto ciò non ha tranquillizzato affatto la gente. D’altra parte, i virologi televisivi continuano a ripetere che altre ondate torneranno presto, e fin da subito l’ombra delle varianti offusca ogni speranza di un ritorno alla normalità.

LA PROPAGANDA DELLA PAURA
Ne avevamo parlato tempo fa: ancora per molto tempo, per anni, continuerà la propaganda della paura. Con conseguenze psicologiche e perfino antropologiche a cui abbiamo cominciato ad assistere da oggi, con una libertà, quella dalla mascherina, rifiutata, non utilizzata.
Forse è subentrata in molti anche la rassegnazione: le misure di allontanamento sociale, restano, e presto – è quello di cui molti sono convinti – torneranno le restrizioni alla vita pubblica. Potrebbero dover rimanere in atto a intermittenza per altro tempo. Nuovi focolai delle più disparate varianti, normali o plus, potrebbero ripresentarsi.
E i vaccini? Non erano loro la soluzione al problema? Si cominciano a diffondere dei dubbi sulla loro reale efficacia. Si comincia a sentire parlare di terza dose, di dosi annuali, continue. Naturalmente, si esclude la possibilità delle cure farmacologiche, e questo ha come conseguenza uno stato di tensione e di paura permanente, uno sconvolgimento della vita di milioni di persone, costrette a vivere con sempre minori libertà. Continue reading

13 domenica ordinario B – Malattia e morte… quali risposte?

 

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.
E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».
Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.
Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

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Omelia difficile quella di oggi perchè il Signore ci pone davanti a un grande mistero che accompagna l’esistenza dell’uomo: malattia e sofferenza, morte che noi sentiamo come una prepotenza violenta al nostro desiderio di vita. Oggi noi viviamo in un contesto in cui il valore della vita, la sua sacralità viene misconosciuta. Del mistero del dolore, della malattia della sofferenza che possono apparire, anche in modo inaspettato nella nostra vita, non ne viene più non dico prospettato alle nuove generazioni, ma sottaciuto in un esorcizzante silenzio. Mi è accaduto di dovere celebrare, purtroppo, il funerale di qualche giovane e ho visto quanto smarrimento nei suoi amici, incapaci di reagire, di trovare una speranza, un oltre che sfugge dal punto di vista razionale.

Noi uomini del nostro tempo che confidiamo nel potere della scienza e della tecnica ci rivolgiamo quindi a loro chiedendo un miracolo che non sono in grado di dare, ma nemmeno risposte che non hanno: morte, malattia, dolore accompagnano la nostra storia, anche se chiedo che a tutti sia risparmiato di attraversare questo grande mistero, ma la fine della nostra vita fisica, umana terrena è ineludibile. Certo il progresso scientifico e della medicina potranno cambiare il modo di morire, ma essa resterà sempre con tutto il suo problema, anche di fronte a certe situazioni in cui essa sembra la soluzione. Continue reading

SANTA SEDE E ZAN Draghi e il nichilismo religioso: la sua non è laicità

La lezioncina sulla laicità dello Stato che ci ha impartito Draghi è impropria. Il tema in discussione non è religioso, ma è politico, giuridico ed etico, ossia laico. Draghi deve essere stato preso da un abbaglio: siccome a protestare contro l’approvazione del disegno di legge Zan sono soprattutto i cattolici, allora bisogna rivendicare la laicità dello Stato. Ma gli interventi dei cattolici critici del disegno di legge sono svolti nel merito etico-giuridico-politico della legge e non con criteri religiosi o confessionali.

Le poche parole che il presidente del Consiglio Mario Draghi ha detto a commento della Nota della Segreteria di Stato sulle possibili violazioni del Concordato se il ddl Zan venisse approvato, meritano un breve commento critico. Esse infatti segnano la grande lontananza della cultura politica attuale da come dovrebbero andare invece le cose. Le parole di Draghi – come si ricorderà – riguardano la laicità dello Stato italiano, la libertà del Parlamento di legiferare, la distinzione tra quanto compete al parlamento e quanto al governo.

A proposito della laicità va subito fatta un’osservazione. Che bisogno c’era di tirar fuori l’argomento? La Nota della Segreteria di Stato era forse una ingerenza (come ha maldestramente affermato poi il Presidente della Camera Fico)? Evidentemente no, insigni giuristi l’hanno in seguito confermato. Il Concordato è un accordo tra due Stati sovrani, chiederne il rispetto e segnalare eventuali abusi all’orizzonte, fa parte della logica dell’accordo stesso e non è minimamente una forma di ingerenza. Ricordando che l’Italia è uno Stato laico, Draghi ha sottolineato una cosa che non era da sottolineare perché il contesto non minacciava in alcun modo tale laicità.

Il nostro presidente ha poi voluto anche precisare, con l’aiuto di una sentenza della Corte Costituzionale, coma debba intendersi la laicità. Egli ha detto che la laicità dello Stato non significa neutralità verso la religione ma difesa della libertà di religione e quindi del pluralismo religioso. Questa precisazione, oltre che ugualmente inutile come la precedente, perché la Nota vaticana non rappresentava nessuna minaccia al pluralismo religioso, è anche molto problematica e piuttosto carente. Continue reading

Eh no, Cari Gazzettieri di Regime, il Vaticano non Fa Retromarcia sul DDL Zan. 25 Giugno 2021 Pubblicato da Marco Tosatti

Marco Tosatti
Carissimi Stilumcuriali, è interessante osservare la disperazione della grande stampa di marca PD (Repubblica, Stampa, Corriere et alios) di fronte alla presa di posizione della Santa Sede sul DDL liberticida – e anticostituzionale – Zan. Caduta per evidente conclamata stupidità l’ipotesi di un complotto ordito chissà da chi alle spalle del Pontefice (che era ben al corrente, e d’accordo sulla mossa vaticana) rilanciati i flebili gemiti dei fautori della lobby gay in Vaticano (“quella nota non andava scritta…”) un’intervista del Segretario di Stato, card. Pietro Parolin, a Vatican News, per la penna autorevole di Andrea Tornielli ha obbligato i gazzettieri di regime piedino-lgbtq ecc. a nuove contorsioni. Rilanciamo a questo proposito quanto scrive Giuseppe Rusconi su Rosso Porpora, sempre attento e puntuale. E non è un caso che il collega apra il suo blog con le vergognose pressioni – e ingerenze, quelle sì che lo sono! – dell’EURSS nei confronti dell’Ungheria, rea di non vole follie antropologiche politically correct. Buona lettura.

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QUELLA NOTA ANDAVA SCRITTA: LA CONFERMA DI PAROLIN (CON PREMESSA)- di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 25 giugno 2021

 

Qualche considerazione sull’intervista del Segretario di Stato a ’Vatican News’ del 24 giugno – Nella premessa i violenti attacchi all’Ungheria da parte dell’Ue e il gravissimo episodio di Monaco di Baviera, quando un attivista ha sventolato la bandiera lgbt in faccia ai giocatori ungheresi che stavano cantando l’inno nazionale.

PREMESSA: PIENA SOLIDARIETA’ ALL’UNGHERIA – IL GRAVISSIMO EPISODIO DI MONACO DI BAVIERA In questi giorni è stata impressa un’accelerazione molto preoccupante all’ l’offensiva sfrontata e su vari fronti della nota lobby a livello continentale. Anche il mondo calcistico, sensibile ormai più all’andamento delle azioni in borsa che ai valori sportivi, sta cedendo vergognosamente al ‘politicamente corretto’. Basti pensare ad esempio al fatto- per restare in Italia – che la Juventus ha colorato di arcobaleno il suo logo bianco-nero, che il Milan ha distribuito 600 magliette rosso-nere con logo arcobaleno al personale medico milanese, che perfino Palermo e Bari hanno tinto di arcobaleno il loro logo: ci pensino i tifosi a reagire vigorosamente contro tale imposizione totalitaria che contribuisce a dare un’ulteriore picconata alla credibilità anche del calcio. Continue reading

XII domrenica ordinario B- Tempesta … Speranza

 

Dal Vangelo secondo Marco

In quel giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui.
Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?».
Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».
E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».
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E’ terminata la giornata e il Signore chiede ai suoi di attraversare il lago di Galilea e approdare all’ altra riva.
La nostra vita la possiamo anche paragonare ad una grande giornata da vivere con tutta la forza, l’intelligenza, la gioia, le capacità che possediamo… Sì una grande giornata ma anche per noi giungerà la sera e dovremo approdare a un oltre, a un altro, ad un dove e a un qualcuno che ci attende.

Tutte le religioni, ma anche le filosofie se non allo stesso modo lo attestano.
In questa giornata che è la nostra vita non solo splende il sereno, ma vi sono anche temporali, momenti in cui il sole scompare in cui lo scoraggiamento, la paura e il dubbio prevalgono e si ha l’impressione di affondare, proprio come viene descritto nel brano del Vangelo. Arriva un dolore più forte, una prova più grande e ci si accascia su se stessi verrebbe voglia di morire o di non essere mai esistiti.
Quello che accade a Giobbe, uomo giusto, retto, che colpito in tutto ciò che ha: affetti, esistenza beni chiede ragione a Dio della sua situazione. E cosa fa Dio? Dio appare, ma non dà risposta, ma solo rammenta la grande distanza che c’è fra Lui e il povero Giobbe, questo non significa che se ne disinteressi. Continue reading

XI Domenica ordinario B – Esperti in giardinaggio … ma quale?

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.
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In questo periodo molti mettono a posto i giardini, comprano, piantano ogni tipo di fiori, erbe o piante. Gesù nel Vangelo di oggi, conoscendo molto bene l’ambiente rurale nelle due parabole ci propone l’immagine del seme per spiegare una realtà complessa e semplice allo stesso tempo che è il regno di Dio. Complessa perché investe vari aspetti e realtà che non si possono spiegare in una semplice omelia, semplice perché io la definisco così: “È l’amore di Dio, ovviamente per il credente, che si rende presente nel mondo e che coinvolge l’uomo nella sua totalità, lo risana, lo rende migliore e bello non solo agli occhi di Dio, ma perché ciascuno di noi possa aprirsi all’amore verso tutti”.

I semi di cui ci parlano le parabole indicano la nostra crescita interiore umana e spirituale e lo sviluppo di quello che viene annunciato da Gesù nella sua predicazione.

La prima parabola a noi uomini del tutto subito, dell’iper organizzazione, del raggiungimento dello scopo e dei risultati nel minor tempo possibile ci invita a praticare una grande virtù ormai quasi dimenticata: quella della pazienza.
“ Come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa”.
Quanta ansia nella nostra vita nel volere tenere tutto sotto controllo, programmare e capire tutto della nostra vita non solo materiale, ma anche interiore. Continue reading