Di fronte al mistero-evento che oggi contempliamo, cioè della dipartita fisica di Gesù dai suoi per tornare a quella realtà eterna, al di là del tempo e dello spazio, da cui è “disceso” che è quella di Dio stesso, della sua vita divina potrebbe nascere una domanda.
“Ma perché il Signore risorto non è rimasto fra gli uomini?” Sarebbe stato magnifico, ma anche troppo facile. Se andiamo a leggere i discorsi d’ addio che il Signore fa ai suoi vi è il richiamo continuo alla fede in Lui nonostante tutto quello che accadrà, anche di fronte a quanto umanamente sfugge alla nostra ragione. “Non avrebbe potuto Gesù scendere dalla Croce?” Eppure non lo fa.
Del resto il tornare al “cielo” di Gesù ci ricorda un fatto importantissimo, che noi abbiamo pregato nella preghiera di colletta: “nel tuo Figlio asceso al cielo la nostra umanità è innalzata accanto a te, e noi, membra del suo corpo, viviamo nella speranza di raggiungere Cristo, nostro capo, nella gloria.” Ecco quella che è la nostra meta finale. San Paolo direbbe di ricordarci che “la nostra Patria è nei cieli”.
Ogni realtà umana, terrena è transitoria e la condivisione della nostra umanità di Gesù ci vuole riportare, attraverso la sua Pasqua, a una realtà più grande, piena di vita ed eterna. Noi in questo nostro tempo che è la nostra esistenza viviamo in questa speranza che nell’ umanità di Gesù si è già realizzata. Nel Signore Gesù Dio si abbassa fino a noi, per prenderci per mano e innalzarci fino a Lui. Allora come direbbe ancora Paolo: “camminiamo infatti nella fede e non nella visione e8siamo pieni di fiducia” (2Cor5).
Ma come vivere questo tempo del cammino, della fiducia, della speranza.
Vi è sempre il pericolo di stare con il naso all’in su distogliendo lo sguardo dal quaggiù, dall’ oggi della storia e del tempo che viviamo.
Gesù ci affida un compito: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato.” Un compito che sembra superiore alle nostre forze, e tu Gesù, non sei nemmeno più, poi se hanno fatto fatica a credere a Te, figurati a noi.
Gesù, però ci ha promesso che non ci avrebbe lasciato soli : “Gv 15,26, Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me;” e ancora: “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo, Mt28,20».
È quindi il tempo di scoprire la sua presenza in altro modo, ma vera e reale. Come è successo per i discepoli di Emmaus dobbiamo abituarci a scoprire questo suo nuovo modo di essere presente.
Attraverso il dono e l’azione dello Spirito Santo che sostiene e guida la vita del credente e l’azione della Chiesa, comunità che ci accoglie, dono del Risorto e alla quale apparteniamo.
Attraverso la Parola che il Signore ci rivolge anche oggi, quel Vangelo che deve essere annunciato certamente a tutti gli uomini, ma fra questi uomini ci siamo anche noi. Nei Sacramenti e in modo particolare nel Sacramento dell’Eucaristia, presenza vera, viva e palpitante nel nostro cammino, sostegno al compito che ci è affidato, di proclamare che tutto passa attraverso Gesù e la salvezza che ci viene data attraverso la sua Passione/Morte/Risurrezione, che LUI è il Signore, il Messia atteso e annunciato. Questo bisogna averlo ben chiaro in un tempo in cui in nome del dialogo con le altre religioni, giusto e doveroso spesso non viene affermato in modo così chiaro cedendo al pericolo del Sincretismo religioso. Cioè che basta credere in qualcosa o qualcuno e che tutte le religioni alla fine si equivalgono e questo a scapito della verità che è Cristo. Il sincretismo rappresenta una sfida, oggi, per la Chiesa, di fronte all’urgenza del dialogo interreligioso:“Domani il grande problema non sarà più l’ateismo, ma una sincera e profonda coabitazione tra le religioni, e il modo in cui il cristianesimo dovrà mantenere la sua identità, senza scivolare nel sincretismo. »(Cardinale Roger Etchegaray).
Altra presenza è quella dell’esercizio della Carità, cioè di vivere quell’ amore/donazione/servizio che Gesù ha vissuto, verso tutti e, in modo particolare, sapendo riconoscere la presenza di Gesù in tutte quelle persone che vanno in quella categoria che noi chiamiamo poveri.
Come ha scritto qualcuno è come se oggi Gesù ci dicesse: “Io sono presente per sempre. Leggi i segni della mia presenza, interpretali, guarda con lo sguardo interiore, (quello della fede, aggiungo io), e riconoscimi” (Curtaz)
La festa che stiamo celebrando, indicandoci la meta della nostra esistenza è un ammonimento, una critica nei confronti di quelle false speranze che hanno disseminato e permangono nella storia umana e nostra personale. Da quel confidare, senza Dio, ad un progresso dell’umanità affidato solo alle leggi, alla scienza, al potere politico ed economico che si rivela insufficiente quanto fallace se cancella la dimensione spirituale della persona. Troppe sono le promesse illusorie di facili speranze e consolazioni, mentre i volti di tanti disperati continuano ad interpellarci. Lì assieme all’ esercizio della Carità noi siamo mandati, fedeli alla nostra chiamata a portare la speranza del Vangelo, la capacità di donare senza attenderci nulla in cambio e il coraggio di affrontare la vita con la sua drammaticità e le sue durezze.
Lo Spirito Santo che Gesù ci ha promesso e donato ci aiuti e ci sostenga!
Deo Gratias, qydiacdon