Tra le 62 firme che sostengono una “correzione filiale” consegnata fisicamente in agosto a papa Francesco c’è anche quella di monsignor Bernard Fellay Superiore generale della Fraternità San Pio X, la comunità sacerdotale fondata da monsignor Marcel Lefevbre nell’immediato post concilio per fuggire al rinnovamento ritenuto spurio.
Con una lettera di 25 pagine, inviata al Papa lo scorso 11 agosto, e che oggi viene resa pubblica, i firmatari parlano apertamente di eresia. Si dice che il papa, mediante la sua Esortazione Apostolica Amoris laetitia e mediante altre parole, atti e omissioni ad essa collegate, ha sostenuto 7 posizioni eretiche, riguardanti il matrimonio, la vita morale e la recezione dei sacramenti, e ha causato la diffusione di queste opinioni eretiche nella Chiesa Cattolica.
Oltre a monsignor Fellay, c’è anche la firma di don Robert Brucciani, altra figura di spicco dei cosiddetti lefebvriani, in quanto superiore del distretto di Gran Bretagna. La firma di Fellay è significativa anche in merito al possibile accordo che la Santa Sede, e proprio il Papa in particolare, stanno cercando di raggiungere con la Fraternità per il suo rientro nella piena comunione con la Chiesa, accordo che era dato quasi per concluso con la formazione di una Prelatura personale simile a quella dell’Opus dei. Francesco, rispetto al tentativo fatto da Benedetto XVI, aveva abbassato di molto l’asticella delle condizioni dottrinali per il pieno ritorno all’ovile della comunità sacerdotale, ma uno degli ultimi atti del cardinale Gerhard Mullercome prefetto della Dottrina della fede, aveva riproposto come condizione per l’accordo la sottoscrizione di una Dichiarazione dottrinale simile a quella offerta nel 2012 e che anche allora fece saltare tutto.
Ora Fellay pone la sua firma su di una lettera rispettosa, ma molto chiara su quelle che vengono ritenute le responsabilità del pontefice circa l’ambiguità e l’errore, mostrando così che l’accordo tra la Fraternità e il Vaticano è ben lungi dall’essere chiuso e pacifico. Ma nella lettera di “correzione filiale” non c’è solo il mondo legato a monsignor Lefevbre, c’è la realtà cattolica tradizionalista internazionale, i firmatari sono di 20 nazioni.
Si propongono al Papa una lista di passaggi di Amoris laetitia in cui «si insinuano o si incoraggiano posizioni eretiche». Poi si fa una lista di parole, atti e omissioni di Papa Francesco i quali, si legge nel comunicato stampa, «rendono chiaro, oltre ogni ragionevole dubbio, che questi desidera un’interpretazione dei suddetti passaggi da parte dei cattolici in un modo che, di fatti, è eretico».
Nella lista di questi atti e omissioni al primo posto si indica la mancata risposta ai dubia che quattro cardinali (Walter Brandmuller, Raymond Burke, Carlo Caffarra e Joachim Meisner) hanno rivolto al pontefice, oltre al fatto che Francesco ha anche evitato di incontrarli. Quindi si cita, tra gli altri, la risposta che il Papa ha dato alle linee guida dei vescovi della regione di Buenos aires, linee guida che permettono, in certi casi, l’accesso all’eucaristia anche ai divorziati risposati conviventi more uxorio.
«È stato dato scandalo alla Chiesa e al mondo, in materia di fede e di morale, mediante la pubblicazione di Amoris laetitia», si legge nel testo della “correzione”, «e mediante altri atti attraverso i quali Vostra Santità ha reso sufficientemente chiari la portata e il fine di questo documento».
Non vanno per il sottile i firmatari, affermando che «di conseguenza, si sono diffusi eresie e altri errori nella Chiesa; mentre alcuni vescovi e cardinali hanno continuato a difendere le verità divinamente rivelate circa il matrimonio, la legge morale e la recezione dei sacramenti, altri hanno negato queste verità e da Vostra Santità non hanno ricevuto un rimprovero ma un favore».
Diversi i professori firmatari che hanno, o hanno avuto, incarichi universitari, ricordiamo Claudio Pierantoni (Università del Cile), Anna Silvas (Australia), Joseph Shaw (Oxford), gli italiani Pietro De Marco (Università di Firenze), Paolo Pasqualucci (Università di Perugia), monsignor Antonio Livi (Università Lateranense), Ettore Gotti Tedeschi (Università Cattolica), Massimo de Leonardis (Università Cattolica), Giovanni Turco (Università di Udine) e Roberto de Mattei (Università Europea di Roma).
Le 7 posizioni che i firmatari ritengono «false ed eretiche» rimandano più o meno direttamente alla sostanza dei cinque dubia che i quattro cardinali avevano posto al pontefice per fare chiarezza sulle possibili interpretazioni ambigue che sono sorte in merito ad Amoris laetitia. Non si può negare, al di là della modalità scelta per questa “correzione filiale”, che resti sempre inevaso il dubbio che alcuni passaggi dell’esortazione post sinodale ha sollevato in molte realtà del mondo cattolico.
Fra le sette proposizioni portiamo all’attenzione del lettore la numero 5 che fa riferimento soprattutto al contenuto del paragrafo 303 di Amoris laetitia. Secondo questa lettera di correzione filiale è falso ed eretico sostenere che «la coscienza può giudicare veramente e correttamente che talvolta gli atti sessuali tra persone che hanno contratto tra loro matrimonio civile, quantunque uno dei due o entrambi siano sacramentalmente sposati con un’altra persona, sono moralmente buoni, richiesti o comandati da Dio».
Secondo una recente critica al paragrafo 303 di Amoris laetitia, portata dal filosofo austriaco Josef Seifert, «AL dice che possiamo conoscere con “una certa sicurezza morale” che Dio stesso ci chiede di continuare a commettere atti intrinsecamente errati, come l’adulterio o l’omosessualità attiva». Perciò, si è chiesto Seifert: «Se solo un caso di atto intrinsecamente immorale può essere permesso e persino voluto da Dio, ciò non si deve applicare a tutti gli atti considerati ‘intrinsecamente errati’? Se è vero che Dio può desiderare che una coppia adultera viva in adulterio, allora non dovrà essere riformulato anche il comandamento ‘Non commettere adulterio!’: ‘Se nella tua situazione l’adulterio non è il male minore, non commetterlo! Se lo è, continua a viverlo!’»?
Dubbi, domande, correzioni. Una confusione che si vorrebbe solo ridotta al “piccolo” mondo tradizionalista, ma le domande sollevate a partire dai cinque dubiarestano nella loro sostanza e interrogano tanti. Il cardinale Carlo Caffarra forse non avrebbe mai fatto una correzione formale al Papa in questi termini, ma certamente auspicava che sempre più cardinali, vescovi, sacerdoti, teologi e laici prendessero coscienza di un problema che riteneva enorme.
Lorenzo Bertocchi
in La NBQ