Hai augurato: “Pace a voi!”. Di che cosa è fatta la tua pace, Signore? No, non è soltanto l’assenza della guerra, la soluzione dei conflitti, la pazienza di chi manda giù senza ribellarsi, il cinismo di chi sostiene che tanto non cambierà mai nulla. Questa è la pace degli uomini, che non porta la gioia e, quasi sempre, non dura a lungo.
La tua pace va oltre. Varca i confini del cosmo, cala nell’intimo del cuore. Penetra gli abissi dell’anima, sfida i potenti dai loro troni.
È lo spazio dell’ascolto dell’altro. È la pazienza di sospendere la prima emozione, il primo disagio, il primo impatto, regalandosi e offrendo un’altra chance. È provare a camminare coi mocassini dell’ altro, per tutto il tempo che è necessario a capire quanto distanti siano le sue origini.
È la sorpresa di trovarlo nuovo, diverso, ogni volta che si incrocia il suo sguardo e si intuisce un passo del suo cammino. È una calda mattinata di sole, quando finalmente la tua prospettiva è serena e ha abbandonato ogni giudizio.
È lo spazio dell’ascolto di te stesso. È la morbida quiete degli attimi pieni di felicità. È la sensazione di essere finalmente a posto, consci di aver fatto tutto il possibile, perché ci si è riconciliati con la propria umanità, col proprio limite, con il proprio bisogno di rimettere tutto nelle mani di Dio.
È la consapevolezza di averlo incontrato non soltanto con la mente, ma con tutta la splendida umanità che ci ha donato.
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Messina – P. Raimondo in Abbiate sale in voi stessi. ED. Effatà