Le pressioni delle Nazioni Unite e dell’OEA sul Paraguay per la legalizzazione dell’aborto hanno ricevuto una risposta ufficiale da parte del Congresso del Paese.
I deputati hanno approvato una risoluzione senza precedenti che chiede al governo di difendere la vita nel Paese e in tutto il mondo.
Il Paraguay va preso ad esempio per la sua coraggiosa resistenza alle pressioni – e ai ricatti – delle organizzazioni, come le agenzie delle Nazioni Unite e dell’Organizzazione degli Stati Americani (OAS), che chiedono la legalizzazione dell’aborto nel Paese, ben rappresentati tra i giudici di quel Paese, che spesso (come accade anche negli USA e qui in Europa) incarnano le tendenze “politicamente corrette” e fungono da teste di ponte per lo scardinamento dei valori.
Ancora una volta, il presidente Horacio Cartes ha insistito sul punto che il Paraguay continuerà ad essere uno Stato pro life e continuerà a proteggere i bambini e le loro madri (perché legalizzare l’aborto è creare una normativa contro le donne. Se le femministe fossero in buona fede dovrebbero essere compatte e convinte anti-abortiste).
Il Presidente Cartes ha l’appoggio del Parlamento: gliel’ha dimostrato con questa risoluzione, che ribadisce che l’aborto non è e non sarà mai un diritto, nonostante la legge positiva di alcuni Stati tenti di dargli una tale forma.
Anche la magistratura paraguaiana sostiene il governo perché “l’aborto non è un diritto umano” e l’articolo 4.1 della Convenzione americana chiede di “proteggere il diritto alla vita fin dal concepimento”.
Per questo, il Paraguay si propone di celebrare “l’anno del diritto alla vita“: e per suffragare queste posizioni il Congresso del Paraguay cita vari articoli della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, il Patto internazionale sui diritti civili e politici e la Dichiarazione americana dei diritti e dei doveri dell’uomo.
Fonte: Actuall