Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.
Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
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In questa II Domenica del tempo ordinario in cui siamo chiamati ad approfondire il mistero della fede nella quotidianità del nostro vivere, sperare ed amare, dopo il Battesimo di Gesù con quella teofania, cioè una manifestazione sensibile della divinità, ecco ancora ci viene presentata una manifestazione particolare del divino legata alla persona di Gesù. Questo perché anche in un tempo incerto come quello che stiamo trascorrendo non rimaniamo smarriti, non venga meno il coraggio e per i credenti la Fede. Ritroviamo Gesù in contesto che non gli è estraneo, come ci testimoniano i Vangeli seduto a tavola, ad un banchetto. Egli non ha paura, come accadrà, delle critiche che può suscitare e di essere additato come un beone e un mangione. Non è estraneo alle pratiche di digiuno e di preghiera, ma che fa nella notte, in luoghi deserti, fuori da ogni esibizionismo religioso; accetta di essere come tutti in pubblico apprezzando la buona cucina e il buon vino.
A tavola, per noi, ha lasciato il Sacramento della sua presenza: l’Eucaristia che stiamo celebrando.
Pienamente uomo sa accettare asperità e privazioni. Quando deve indicare la realtà di ciò che è venuto ad annunciare e il fine della nostra vita, il fine ultimo, quello vero, userà la metafora del banchetto di nozze, un banchetto di gioia.
Cana non è un pranzo comune, ma è, appunto, una festa di nozze, veniamo così stimolati a riflettere.
Scrive un commentatore: “L’amore tra l’uomo e la donna appare nella nostra società largamente misconosciuto e avvilito, insidiato com’è da una ricerca di libertà individuale tanto assoluta e astratta che finisce coll’essere disumana. In questo clima tutto appare finalizzato all’affermazione dei diritti del singolo e al piacere epidermico, piuttosto che alla gioiosa piena, definitiva comunione delle persone”. (Card. G. Biffi).
Le cronache familiari, purtroppo, ce lo rammentato spesso presentandoci unioni in cui all’amore si ricerca di più l’autoaffermazione, non partendo dall’altro, ma da sé stessi. In Gesù come in tante altre pagine della Bibbia l’amore fra l’uomo e la donna diventa l’immagine del rapporto di Dio con il suo popolo, con chi ha fede e con l’uomo! Abbiamo letto nella prima lettura tratta dal profeta Isaia quella bellissima frase: “come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te.” Così il Signore gioisce per il suo popolo, per ciascuno di noi se accogliamo i suoi insegnamenti, che sono innalzamento e sublimazione di quei sentimenti che vorremmo fossero il quotidiano della nostra esistenza, validi per tutti e che se praticati renderebbero migliore questa umanità e questo mondo.
Le Parole di Maria, che con quell’ istinto tipicamente femminile, ad un certo punto si accorge che c’è qualcosa che non va: è venuto a mancare il vino. Una cosa di questo genere avrebbe trascinato nella vergogna quei due sposi ecco allora la sua richiesta, Vorrei, però, sottolineare quello che dice ai servi: “Fate quello che vi dirà”. I servi cari cristiani siamo noi! Facciamo quello che il Signore ci dice o almeno tentiamo e non perdiamoci d’ animo se può accadere, come accade, che non sempre ci riusciamo. “Preghiamo perché a tutti gli uomini non manchi mai il vino della vivacità spirituale, della letizia, del canto dell’amore e per noi della fede.”
Ad maiorem Dei gloriam, qydiacdon