Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, quando la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».
Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo».
Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».
Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».
Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».
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Nel brano del Vangelo ci viene detto che la folla va alla ricerca di Gesù …
Se dobbiamo guardare oggi non c’ è tutta questa voglia di andare alla ricerca di Gesù. Certo andare alla ricerca di qualcuno che ci possa risolvere i problemi tipo con la bacchetta magica tutti sono desiderosi, ma non è quella la realtà. Anche di fronte alla figura di Gesù e di quello che compie se da una parte può entrare l’illusione di avere come una sorta di lasciapassare di fronte alle difficoltà, alle miserie, alle debolezze della vita, rimangono sempre interrogativi profondi che vengono suscitati e non solo dalla visione della fede, ( anche quella non è un lasciapassare, va continuamente riconfermata, come il sì che gli sposi pronunciano nel matrimonio, che deve poi essere coniugato giorno per giorno), ma interrogativi nascono anche dal punto di vista dell’uomo, della sua dignità e grandezza allo stesso tempo, come delle sue debolezze, fragilità, imperfezioni.
Noi oggi siamo affamati di certezze, come lo erano quelli che interrogavano Gesù: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”».
Non solo viviamo la mentalità che è vero solo quello che è sperimentabile, toccabile, pratico., il resto filosofie o religiosità arcaica.
Questo ci fa perdere una grande realtà, una grande dimensione della nostra vita. Ricordo sempre una battuta di un film in cui il protagonista, ad un certo punto di un dialogo, chiede al suo interlocutore: “Tu credi solo a quelle cose che si vedono?”
Vi sono cose molto reali, molto concrete che fanno parte di noi, ma che diamo per scontate o sulle quali non perdiamo mai dieci minuti a soffermarci e a pensare.
Proviamo a dirne qualcuna? I vostri pensieri in questo momento, che possono essere anche del tipo come la tiene lunga, dove vuole arrivare.
Io non li conosco se non me lo dite voi, ma ci sono, reali e concreti, ma non li afferro, non li tocco, non posso trattenerli se non dentro di me e condividerli con quelli a cui voglio farli conoscere.
I sentimenti: paura, gioia, gratitudine, benevolenza, sono veri, reali concreti ne vediamo gli effetti, potremmo anche descriverli con delle immagini, quanto poi a toccarli, a stringerli come si fa con una poltrona, e visto che siamo in clima di ferie, con un lettino sulla spiaggia si fa fatica.
Credo che a tutti, credenti e non venga offerta un’occasione importante da questo testo, quella di ripensare la nostra interiorità. A noi che celebriamo questa Eucaristia ancora interrogarci se siamo venuti qui a cercare Gesù e perché. Se abbiamo questa voglia di incontrarci, di confrontarci o se cerchiamo solo segni di un miracolismo vuoto che non fa crescere nella fede. Allora carissimi accogliamo il consiglio che ci viene dato: “Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà”
Non cerchiamo segni, ma con fiducia andiamo oltre, non da soli, ma sostenuti per chi crede dalla fede, ma per tutti dalla speranza.
Allora vorrei concludere con quello che diceva Chrles Peguy sulla speranza:
“bambina irriducibile” molto più importante delle sorelle più anziane (fede e carità) che “va ancora a scuola/e che cammina/ persa nelle gonne delle sue sorelle”. Ma è più importante delle sue sorelle perché “E’ lei, quella piccina,che trascina tutto/perché la fede non vede che quello che è/e lei vede quello che sarà/la Carità non ama che quello che è/ e lei ama quello che sarà/Dio ci ha fatto speranza”. Anche se le immagini che ci arrivano sono di una violenza assurda non bisogna perdere la speranza perché è questa speranza bambina che va ancora a scuola che “vede quello che sarà” e “ama quello che sarà”.
Qydiacdon, deo gratias