Il grande re dell’Armenia possedeva una pianta di rose, una profezia diceva che quando fosse fiorita avrebbe donato al padrone l’eterna giovinezza.
Tutte le mattine il re si curava sul rosaio e spiava ansiosamente l’arrivo di qualche tenera gemma.
Ogni primavera il re cambiava giardiniere. Veniva gettato in carcere quello che aveva saputo far fiorire la rosa ne veniva assunto un altro che non riusciva afre meglio del suo predecessore e faceva anche lui la sua fine.
Arrivò un giovane dall’aria mite e gli fu concesso di provare. Percorse i viali del magnifico giardino e si accostò al rosaio. Gli parlò lungamente sottovoce, poi smosse la terra intorno al magro gambo della rosa, la innaffiò e si sistemò lì accanto in un sacco a pelo. Rimase accanto alla rosa giorno e notte, per ripararla dal vento, dai parassiti. Accarezzava le sue foglie, le parlava, dissodava il terreno intorno alle sue radici, la difese dal freddo coprendola di paglia e di tenerezza. Viveva e respirava con lei. Venna la primavera e il giardino si riempì di fiori. Il giovane giardiniere non aveva che occhi per la sua rosa.
Quasi subito sulla rosa apparve un bocciolo. Il giovane lo sfiorò con un bacio e la rosa si aprì al sole del mattino.
Svegliarono il re che arrivò correndo in camicia da notte, vide la rosa e cominciò ad esultare: “Sono immortale. E tu promettimi che continuerai a curare la rosa”
Regno ancora dieci anni, invecchiando come tutti e una sera lasciò il mondo dicendo: “Il padrone della rosa muore come chiunque altro. Era tutta una menzogna” Il giardiniere gli replicò: “ Voi non siete mai stato il padrone della rosa. Il padrone è colui che ha vegliato e veglia ogni giorno, è colui che ama e rispetta.” Chiuse gli occhi al re, baciò la sua mano scarna e uscì sotto le stelle. Le salutò una ad una. Aveva tempo, ormai, tutto il tempo
Da: C’è ancora qualcuno che danza – ed LDC