La Cassazione a sezioni unite riconosce a favore di una coppia gay l’adozione di un minore avvenuta all’estero. È l’ennesima sentenza pro “omogenitorialità”, preludio a una legge. Tra le tappe di questo processo, la riforma della filiazione, la Cirinnà e il pressing dei giudici sul Parlamento. Resta il divieto di maternità surrogata, ma di questo passo cadrà.
Negli ultimi anni, e a più riprese, i giudici hanno riconosciuto a favore delle coppie omosessuali la stepchild adoption – un compagno adotta il figlio dell’altro compagno – e il riconoscimento dell’adozione avvenuta all’estero e della vera e propria legittimazione genitoriale avvenuta sempre all’estero; il minore è come se fosse figlio a tutti gli effetti di una coppia eterosessuale.
L’ultima sentenza che si accoda a questo lungo filone di pronunce arcobaleno è quella della Cassazione del 31 marzo scorso che ha riconosciuto a favore di una coppia gay, formata da un italiano e un americano uniti in «matrimonio» negli Usa, l’adozione di un minore avvenuta nello Stato di New York (non è la prima volta che la Cassazione si pronuncia favorevolmente su questo tema: cfr. sentenza 14007/2018). Essendo la sentenza emessa da un’alta corte e a sezioni unite, la stessa riveste una particolare importanza giurisprudenziale, politica e culturale.
Questa la vicenda giudiziale. Un comune lombardo aveva inizialmente rifiutato la trascrizione dell’adozione avvenuta negli States presso il proprio registro anagrafico, e giustamente. Infatti quel provvedimento di origine straniera contrasta con l’ordine pubblico, espressione che indica quei principi fondamentali indispensabili per la convivenza civile. Tra questi principi si annovera quello che prevede che un bambino possa avere come genitori solo un padre e una madre e non due uomini o due donne. La coppia fa dunque appello a Milano e, nel 2017, lo vince. Il comune ricorre in Cassazione e, come abbiamo visto, perde.
In prima battuta i giudici mettono in risalto un aspetto cardine: questa adozione non è derivata da maternità surrogata – pratica vietata dalla legge 40/2004 e contraria all’ordine pubblico – né c’è stata compravendita del minore. Inoltre rilevano che il provvedimento di adozione formatosi all’estero «non si è fondato solo sul consenso dei genitori biologici ma anche sugli esiti di un’indagine relativa all’idoneità della coppia adottante», ossia «il controllo giurisdizionale non si è limitato al riscontro del consenso dei genitori del minore ma ha avuto carattere complessivo, investendo tutte le parti del giudizio».
Gli ermellini poi disegnano un profilo del concetto di ordine pubblico che deriva non solo dalla Costituzione, ma anche dalle leggi che ne sono espressione e che rispecchiano il sentito storico di una nazione. E così, in riferimento a queste, vengono in rilievo alcuni principi fondamentali, vero contenuto dell’ordine pubblico, che l’adozione in oggetto tutela, come il preminente interesse del minore che significa «diritto all’identità, alla stabilità affettiva, relazionale e familiare», il principio di non discriminazione non solo tra coppie omosex ed etero ma anche tra minori nati fuori e dentro il matrimonio e, infine, il «principio solidaristico che è alla base della genitorialità sociale», ossia la genitorialità non biologica.
E cosa dire in merito al fatto che per il nostro ordinamento un bambino può avere come genitori solo due persone di sesso differente? Non è più così. Infatti la Cassazione dichiara che «non contrasta con i principi di ordine pubblico internazionale il riconoscimento degli effetti di un provvedimento giurisdizionale straniero di adozione di minore da parte di coppia omoaffettiva maschile che attribuisca lo status genitoriale secondo il modello dell’adozione piena o legittimante». E dunque non è «elemento ostativo all’adozione» il fatto che «il nucleo familiare sia omogenitoriale». L’omogenitorialità non contrasta con l’ordine pubblico – ed è questo l’orientamento prevalente in giurisprudenza – perché, così ci dicono i giudici, la scienza ci ha rincuorato sul fatto che una coppia omosessuale è perfettamente in grado di crescere bene i propri bambini come una coppia eterosessuale.
Infine, la sentenza ricorda che la Cassazione stessa ha invitato più volte il Parlamento ad ampliare i casi di adozione legittimante, un ampliamento che riguarda ovviamente le coppie gay. Stesso richiamo era stato fatto a inizio marzo dalla Corte costituzionale la quale, pubblicando nello stesso giorno due sentenze molto simili tra loro, aveva invitato il Parlamento a trovare qualche forma di riconoscimento per l’omogenitorialità.
Quale commento articolare su questo ennesimo pronunciamento dei giudici a favore dell’omogenitorialità di coppia? Che una norma legittimante l’omogenitorialità è ormai all’orizzonte.
La marcia di avvicinamento a questo obiettivo potremmo suddividerla in queste tappe. La prima: la riforma della filiazione. Attenzione a cosa ci dice la Cassazione con quest’ultima sentenza: «Il modello matrimoniale […] non costituisce più, soprattutto dopo la riforma della filiazione, il modello unico o quello ritenuto esclusivamente adeguato per la nascita e la crescita dei figli minori». La riforma dell’istituto della filiazione ha portato sostanzialmente alla cancellazione della distinzione tra figli legittimi e naturali. Dunque, poco importa che un bambino nasca dentro o fuori il matrimonio. In tal modo, non solo si svilisce l’istituto matrimoniale, ma, altresì, si permette ai membri di qualsiasi coppia, anche non sposata e anche omosessuale, di diventare genitori. Quindi, seppur in futuro si spingerà per una norma che legittimi le nozze gay – la legge sulle unioni civili, infatti, difetta dell’equiparazione al matrimonio in tema di dovere di fedeltà e di filiazione – non servirà aspettare il suo varo affinché due uomini possano fregiarsi del titolo di «papà».
Seconda tappa: la legge Cirinnà che aveva aperto uno spiraglio all’omogenitorialità permettendo implicitamente la stepchild adoption. Lo spiraglio è diventata una voragine per opera dei giudici che – e così arriviamo alla terza tappa – hanno iniziato a consentire a raffica la stepchild adoption e poi il riconoscimento di provvedimenti di adozione e di legittimazione di filiazione prodotti all’estero. Quarta tappa: Cassazione e Corte Costituzionale invitano caldamente il Parlamento a legiferare in materia. L’ultima sentenza della Cassazione e la sentenza della Consulta di inizio marzo sono l’espressione più piena e convinta di questo processo favorevole all’omogenitorialità di coppia.
La legge che vedrà la luce, probabilmente, consentirà alle coppie gay di accedere a tutti i percorsi utili per diventare genitori: stepchild adoption, adozione, legittimazione e forse anche filiazione tramite fecondazione artificiale eterologa. Il divieto di maternità surrogata apparirà poi irragionevole e quindi prima o poi cadrà anch’esso. Perciò non servirà più andare all’estero per diventare genitori nella speranza che i certificati prodotti in terra straniera vengano poi riconosciuti sul suolo natio. I criteri per legittimare padri e madri gay, poi, sono già stati individuati dalla giurisprudenza e dunque il legislatore non dovrà fare che un semplice copia-incolla. I criteri sono quelli ben sintetizzati dalla Cassazione: stabilità di rapporto, non discriminazione, best interest del minore e valore della genitorialità sociale. Conclusione: sui temi eticamente sensibili sono sempre più i giudici a scrivere le leggi.
Tommaso Scandroglio in LNBQ
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Vorrei sommessamente ricordare ai cattolici che tutto questo è contrario a quanto afferma la S. Scrittura, il Magistero e l’ insegnamento della Chiesa sulla sessualità, sulla famiglia e sull’ essere genitori. Aggiungo anche nel rispetto delle persone, che si nasce da un uomo e una donna e il bambino per crescere equilibratamente ha bisogno sia del modello maschile che di quello femminile.
qydiacdon