Ecco l’articolo completo di Nico Spuntoni dal titolo “Adesso è troppo: la polizia interrompe la Messa” pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 16 marzo 2020:
La polizia irrompe in chiesa ed interrompe la Santa Messa dall’altare. Cronache dalla Cina comunista? No, siamo in Italia. Precisamente a Cerveteri, comune immerso nella (fu) campagna romana, noto soprattutto per essere sede di una delle più importanti necropoli etrusche. Il blitz della polizia municipale avviene nella fase finale della celebrazione che ha luogo nella parrocchia di San Francesco d’Assisi, località Marina di Cerveteri.
È appena terminato il momento più solenne della cerimonia, quello dell’Eucarestia, ma il parroco non fa in tempo a pronunciare la formula di congedo al cospetto di una chiesa vuota e dei fedeli connessi in streaming. Due vigili in mascherina, infatti, piombano dietro all’altare e con fare perentorio dicono al sacerdote che quella celebrazione non s’ha da fare. Motivo dell’intervento? Il parroco ha lasciato le porte della sua chiesa aperta e fuori, sul sagrato, ad una distanza superiore all’ormai comunemente noto metro raccomandato da decreti e circolari, sono raccolti in preghiera alcuni fedeli.
Il parroco, colto di sorpresa proprio nel momento del silenzio successivo alla Comunione, cerca di spiegare ai tutori dell’ordine di aver preso le giuste precauzioni, al punto tale che l’ingresso in chiesa è sbarrato da un leggio posto al centro della navata. Ma non c’è nulla da fare: uno dei due vigili s’impossessa del microfono e fa partire il proclama: “Allora scusate signori, non è possibile fare funzioni religiosi e agglomerarsi tutti insieme. Cortesemente, dovete allontanarvi perché non è possibile”. Il sacerdote, però, non si scompone e procede senza battere ciglio con i riti di conclusione. La scena dell’irruzione, ripresa da uno dei pochi fedeli che si trovava – come tutti i presenti – al di fuori della chiesa, è probabilmente la dimostrazione più evidente di quanto abbia ragione papa Francesco nel dire che “non sempre le misure drastiche sono buone”.
In questo caso, infatti, il parroco della chiesa laziale ha messo in atto ciò che il Santo Padre ha auspicato nell’omelia pronunciata a Santa Marta in occasione del suo settennato di pontificato: “Preghiamo perché lo Spirito Santo dia ai pastori la capacità e il discernimento pastorale affinché provvedano misure che non lascino da solo il santo popolo fedele di Dio”. I banchi della parrocchia erano totalmente vuoti e l’ingresso ostruito, quindi quella di ieri era a tutti gli effetti una celebrazione senza la partecipazione dei fedeli, in ottemperanza alle disposizioni emanate dal vescovo competente, monsignor Gino Reali, e dalla Cei che ha dovuto accogliere le misure fortemente restrittive del decreto governativo.
Queste stesse regole, inoltre, consentono di lasciare aperte le chiese, dunque non si spiega perché il parroco – che pure si è premurato di scoraggiare l’ingresso dei parrocchiani nell’edificio – avrebbe dovuto chiudere le porte proprio nel momento della Santa Messa domenicale celebrata privatamente. Detto questo, ma possiamo davvero immaginare un sacerdote che interrompe la liturgia per cacciare pochi fedeli arrivati sul sagrato e visibilmente ben distanti l’uno dall’altro? Grazie alle porte aperte, piuttosto, don Mimmo è riuscito ad adottare una misura in grado di non lasciare da solo il santo popolo fedele di Dio, così come giustamente richiesto da papa Francesco venerdì scorso.
Non erano dello stesso parere, però, i due uomini della polizia municipale che non hanno tenuto conto della sacralità del luogo e del momento e nemmeno del codice penale che punisce il turbamento di una funzione religiosa. Qualora fossero stati di fronte ad una violazione così eclatante del decreto governativo sull’emergenza Coronavirus, avrebbero potuto limitarsi a richiamare i fedeli presenti sul sagrato e ad invitarli a tornare a casa. Era davvero necessario irrompere nella casa del Signore in stile Fbi durante la Santa Messa ed interromperla proprio dal luogo più sacro della chiesa, dietro l’altare ai piedi del tabernacolo?
Non risparmiando nemmeno una pubblica umiliazione al povero sacerdote, redarguito in piena diretta streaming e costretto a vedersi sottrarre il microfono per un annuncio di servizio che si poteva benissimo comunicare a voce, fuori, ai pochi presenti. Un plauso va, dunque, a don Mimmo che, nel pieno rispetto delle norme di sicurezza, ha lasciato le porte della sua chiesa aperta e nonostante il comprensibile turbamento per l’intervento così indelicato dei vigili, ha continuato imperterrito a portare a compimento la Messa.
La triste scena di Marina di Cerveteri ci richiama, sì, le terribili testimonianze di quanto avveniva ed avviene dove i cattolici sono clandestini, ma al tempo stesso – dandoci un po’ di speranza – ci riporta alla mente i racconti su quei coraggiosi preti che, durante la Seconda Guerra Mondiale, continuavano a celebrare fino alla fine anche mentre dal cielo cadevano bombe sulla loro testa.