Nel cuore di Gesù si raccolgono gli affetti umani più autentici
L’ episodio raccontatoci dalla pagina di Luca, che abbiamo ascoltato, è tra i più suggestivi di tutta la narrazione evangelica. Ha un’ ambientazione, per così dire, casalinga. Siamo a Betania, la località che il viaggiatore proveniente dal deserto di Giuda incontra poco prima di arrivare a Gerusalemme. Gesù, che ha percorso proprio quel cammino spossante, ha colto con gioia la possibilità di riposarsi un po’ in una dimora accogliente, prima di affrontare ancora una volta il tumulto della capitale e le fatiche della sua missione.
E con gioia e cordialità è stato ospitato da Marta, una massaia solerte, che viveva con una sorella minore di nome Maria. Qui non compare, ma dal Vangelo di giovanni sappiamo che lì vicino abitava anche un fratello di nome Lazzaro: tutti e tre i fratelli erano legati al maestro di Nazaret da una solida e devota amicizia.
Con l’ incarnazione, il Figlio di Dio si è fatto uomo vero e completo: ha un cuore capace di affetto, e niente di ciò che è autenticamente e positivamente umano gli è estraneo. Quello dell’ amicizia è appunto uno dei valori dell’ esistenza che egli ha voluto sperimentare.
Noi siamo commossi di fronte al Creatore dell’ universo – colui che infinitamente trascende tutti gli esseri che prendono vita da Lui – che assuma questi vincoli di familiarità e di benevola comunione con le sue creature.
L’amicizia – dicevano già gli antichi -o nasce tra uguali o rende uguali coloro che entrano nel suo gioco e nella sua logica: nella figura di un Dio che si fa nostro amico è implicitamente annunciato e fondato il nostro destino di partecipi della natura divina (2 Pt 1,3), per usare le coraggiose parole della seconda lettera di Pietro. Ma è incantevole anche la scena dell’Unigenito del Padre che per cercarci si è fatto viandante e ha percorso le accaldate e polverose strade di Palestina nella speranza di essere ospitato, ristorato, consolato da noi. Non solo dunque con l’amicizia si è a noi assimilato, ma addirittura ha voluto farsi bisognoso di noi.
Gesù chiede di essere ospitato nel nostro cuore
Io sto alla porta e busso (cf. Ap 3,20), egli dice a ciascuno di noi. Ci prega, cioè di fargli un po’ di posto nella nostra esistenza, di dargli un po’ del nostro tempo, di prestargli un pi’ della nostra attenzione. Di fronte a questa condiscendenza di colui che è l’Assoluto e l’Incondizionato, sembra incredibile che ci siano cristiani che non sappiano trovare quotidianamente qualche minuto per lui e non sappiano donargli neppure un’ora del giorno che è suo (e perciò si chiama “Domenica”).
Sembra incredibile – deve dire ciascuno di noi – che io sia così lento e anzi restio a spalancargli il mio cuore, per godere della fortuna insperata di un’intimità con lui, fortuna che ci è stata formalmente promessa: Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, e tu per tu noi ceneremo insieme (ibid).
Non solo dunque un ospite vuol essere Gesù, ma addirittura un mendicante sulla soglia della nostra casa: un mendicante che chiede solo un po’ d’ amore.
Cardinale Giacomo Biffi – omelie anno C: Stilli come rugiada il mio dire.