Tutte le letture oggi invitano a riflettere su ciò che il credente deve fare!
Mosè che dice al popolo:
«Obbedirai alla voce del Signore, tuo Dio, osservando i suoi comandi e i suoi decreti …”; il dottore della legge che pone a Gesù la domanda “«Maestro, che cosa devo fare”… vi è poi quella postilla : “per avere la vita eterna”. Già per avere la vita eterna. Non so se noi cristiani pensiamo qualche volta alla vita eterna e a guardare bene spesso rimango perplesso! In una cultura e un modo di vivere in cui prevale il fare piuttosto che l’essere sembra che i cristiani non vivano poi così diversamente dagli altri e che si scordino di questa realtà grande che ci è donata per cui Gesù ha dato la vita. Certo non bisogna cadere come è avvenuto in passato nel quietismo religioso, che esclude l’impegno concreto di tradurre in atti, atteggiamenti, in opere vogliamo dire, ciò che la fede propone di annunciare, vivere, testimoniare.
Occorre, però, anche evitare il pericolo di ritenere che basti fare cadendo in un attivismo che rischia di trasformare la vita cristiana in una ONG, in buona fede certamente e senza scopo di lucro.
La domanda del dottore della Legge diventa provvidenziale per tutti noi. Gesù non dà lui la risposta ma fa rispondere al suo interlocutore, che facendo
riferimento alla legge risponde: “«Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gesù di rimando: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».
Nella risposta emerge che quel fare di cui viene chiesto si risolve in pratica nel comandamento dell’amore che ha due destinatari, il primo: Dio, l’altro il prossimo. Ecco perché già la prima lettura, parlando del comando del Signore afferma:
“Questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica”. Amare e sentirsi amati è quanto l’animo umano desidera di più, tant’è vero che quando non ci si sente amati o siamo incapaci di concretizzare il nostro desiderio di donare amore si perde gusto alla vita!
Dio o il prossimo può il cristiano fare una selezione? Non è possibile. Perché?
Perché Dio è la fonte dell’amore! Nella 1 lettera di S. Giovanni leggiamo: “7 Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. 8 Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore.” (capitolo 1).
Chiediamoci allora quanto e se davvero amiamo Dio, che vuol dire poi amare Gesù. Quanto tempo gli dedichiamo in quel dialogo che non può essere solo di richiesta, che è la preghiera, quanto sostiamo accanto a lui contemplando il crocifisso o adorando nel tabernacolo il grande mistero del suo amore per noi, della sua passione, morte e risurrezione, del suo farsi cibo e sostegno sia per la vita spirituale, ma anche per quella materiale!
Solo così ciascuno di noi potrà compiere gesti veri e autentici di Carità, cioè di amore, anche verso chi non è amabile! Potrà farsi prossimo come il Samaritano della parabola che paga di persona, accetta di rendere disponibile il suo tempo, il denaro, senza richiedere contraccambi o riconoscimenti!
La Parola Carità, che oggi risuona spesso, è molto di più di un commuoversi, fare qualche elargizione o dare una mano. Avendo sotto gli occhi il testo della parabola guardiamo quali sono i gesti che compie il Samaritano!
Un commentatore scrive: “Carità” è poi esserci, essere presenti con tutto noi stessi. Il samaritano vede, scende, medica, fascia, carica, porta, fa curare, ritorna: tutto in lui parla di azione premurosa, di prassi del Regno in azione. Infatti non basta “dare” se non ci siamo con tutti noi stessi. E questo “esserci” è pure un rischio notevole. (U. Proch)
L’ amore cristiano non può essere solo uno sforzo volontaristico che parte da dalle nostre intenzioni o dalla nostra buona volontà, ben vengano, ma è soprattutto un dono di Dio ecco perché è indispensabile quell’ amore a Dio che ne è la fonte!
Concludo con due brevi incisi.
1. Oggi molti operano nei servizi di volontariato, e questo è certamente qualcosa di bello e importante, ma la parabola del buon samaritano ci indica e insegna quali sono gli atteggiamenti che devono animare e guidare. Farsi prossimo è mettersi a servizio per la crescita di colui che è il nostro prossimo e non servirsi dell’ altro per nutrire anche il nostro orgoglio o per sentirci appagati personalmente.
2. L’ altro aspetto è che un aiuto può venire anche da chi non la pensa come noi e ha convinzioni diverse dalle nostre. “Dio non fa preferenza di persone” leggiamo negli Atti degli apostoli.
Gesù dice al dottore della Legge: Và e fa anche tu lo stesso! Accogliamo questa esortazione mettendo davanti a noi il grande samaritano che è Gesù che non si stanca di chinarsi sulle nostre miserie e incapacità.
Deo gratias, qydiacdon