“Chi si umilia sarà esaltato”. Questo commovente scatto fotografico è il compendio della santa fede “cattolica”: sostengono l’anziana fedele che genuflette davanti a Gesù realmente presente nel Santissimo Sacramento dell’Altare i Santi Martiri che si rifiutarono di sacrificare ai demoni pagani e all’imperatore/dio; i Santi Martiri che non vollero seguire le elucubrazioni dell’eresia protestante; i Santi Martiri che non si fecero ammiccare dalle mode illuministe , marxiste o liberali.
Dietro l’anziana donna inginocchiata ci sono anche le anime dei “martiri del silenzio“: quei consacrati e quei laici; quelle donne e quegli uomini che dalla conclusione dell’ultimo Concilio hanno offerto a Dio la loro vita e le loro sofferenze per la salvezza della Chiesa Cattolica avendo avuto la celeste rivelazione che i démoni che si celano dietro la maschera della “modernità” avrebbero attaccato dall’interno e dall’esternola mistica Sposa di Cristo Signore con lo scopo di distruggerla.
“Grazie nonnina per questo fulgido esempio”
AC
L’inginocchiarsi non è solo un gesto cristiano, è un gesto cristologico.
«Il passo più importante sulla teologia dell’inginocchiarsi è e resta per me il grande inno cristologico di Fil 2,6-11.
In questo inno prepaolino ascoltiamo e vediamo la preghiera della Chiesa apostolica e riconosciamo la sua professione di fede; ma sentiamo anche la voce dell’Apostolo, che è entrato in questa preghiera e ce l’ha tramandata; torniamo ancora una volta a percepire la profonda unità interiore di Antico e Nuovo Testamento, così come l’ampiezza cosmica della fede cristiana.
L’inno ci presenta Cristo in contrapposizione al primo Adamo: mentre questi cerca di arrivare alla divinità con le sole sue forze, Cristo non considera come un «tesoro geloso» la divinità, che pure gli è propria, ma si abbassa fino alla morte di croce.
Proprio questa umiltà, che viene dall’amore, è il propriamente [188] divino e gli procura il «nome che è al di sopra di tutti i nomi», «perché tutti, in cielo e sulla terra e sotto terra, pieghino le loro ginocchia davanti al nome di Gesù…».
L’inno della Chiesa apostolica riprende qui la parola profetica di Isaia 45,23: «Lo giuro su me stesso dalla mia bocca esce la verità, una parola irrevocabile: davanti a me si piegherà ogni ginocchio…».
Nella compenetrazione di Antico e Nuovo Testamento è chiaro che Gesù, proprio in quanto è il Crocifisso, porta il «nome che è al di sopra di tutti i nomi» – il nome dell’Altissimo – ed è Egli stesso di natura divina.
Per mezzo di Lui, il Crocifisso, si compie la profezia dell’Antico Testamento: tutti si pongono in ginocchio davanti a Gesù, Colui che è asceso, e si piegano così davanti all’unico vero Dio, al di sopra di tutti gli dei.
La croce è divenuta il segno universale della presenza di Dio, e tutto ciò che noi abbiamo finora udito sulla croce storica e cosmica, deve trovare qui il suo vero senso.
La croce è divenuta il segno universale della presenza di Dio, e tutto ciò che noi abbiamo finora udito sulla croce storica e cosmica, deve trovare qui il suo vero senso.
La liturgia cristiana è proprio per questo liturgia cosmica, per il fatto che essa piega le ginocchia davanti al Signore crocifisso e innalzato.
È questo il centro della vera «cultura» – la cultura della verità.
Il gesto umile con cui noi cadiamo ai piedi del Signore, ci colloca sulla vera via della vita, in armonia con tutto il cosmo.
…
Può forse essere vero che l’inginocchiarsi è estraneo alla cultura moderna – appunto nella misura in cui si tratta di una cultura che si è allontanata dalla fede e che non conosce più colui di fronte al quale inginocchiarsi è il gesto giusto, anzi quello interiormente necessario.
Chi impara a credere, impara a inginocchiarsi; una fede o una liturgia che non conoscano più l’atto di inginocchiarsi, sono ammalate in un punto centrale.
Chi impara a credere, impara a inginocchiarsi; una fede o una liturgia che non conoscano più l’atto di inginocchiarsi, sono ammalate in un punto centrale.
Dove questo gesto è andato perduto, dobbiamo nuovamente apprenderlo, così da rimanere con la nostra preghiera nella comunione degli apostoli e dei martiri, nella comunione di tutto il cosmo, nell’unità con Gesù Cristo stesso.»
Fonte del testo di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI, Introduzione allo spirito della liturgia, San Paolo, Cinisello Balsamo 2001, parte IV – Forma liturgica, cap. II – Il corpo e la liturgia, n. 3 – Atteggiamenti, pp. 181-190. Su “Missa gregoriana“