Tutti e tre gli evangelisti sinottici riportano il brano della trasfigurazione con particolarità proprie.
Mentre ad esempio Matteo e Marco adoperano il verbo che letteralmente significa avere una metamorfosi Luca nel suo racconto richiama di più l’esperienza di Mosè sul Sinai: “Quando Mosè scese dal monte Sinai – le due tavole della Testimonianza si trovavano nelle mani di Mosè mentre egli scendeva dal monte – non sapeva che la pelle del suo viso era diventata raggiante, poiché aveva conversato con lui.”
Luca evidenzia come questo fatto avvenga durante la preghiera:
“Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava il suo voltò cambiò d’ aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante”.
Cercando di applicare il brano evangelico alla vita del cristiano, anche in modo particolare per noi che abbiamo assunto nel momento della nostra ordinazione l’obbligo della preghiera con la recita delle ore canoniche, credo che sia importante riappropriarci di questo di questa dimensione, anche perché nell’ andare degli anni vi è sempre il pericolo di cadere nell’ abitudine e nella idea di dovere assolvere ad un obbligo, smarrendo quella che è l’essenza stessa della preghiera, la sua essenzialità, la sua necessità a volte oberati dal troppo fare. Certo noi non siamo dei monaci, ma la preghiera, assieme ai sacramenti e alla Parola è la linfa vitale che alimenta il nostro crescere alla sequela di Gesù e alla comprensione di Gesù stesso, Figlio di Dio e del grande evento e mistero della Pasqua.
Per me la preghiera è uno slancio del cuore, è un semplice sguardo gettato verso il cielo, è un grido di riconoscenza e di amore nella prova come nella gioia.
Penso tutti conosciamo questa espressione di Santa Teresina di Gesù Bambino che è ripresa anche dal Catechismo della Chiesa Cattolica, mentre la Congregazione per il Clero nei suoi spunti per l’omelia di questa Domenica afferma che “ Nella preghiera il volto dell’uomo diventa partecipe dell’alterità di Dio.”
La preghiera permette anche di acquisire “una nuova concezione del tempo”.
Quest’ultimo, infatti, senza la prospettiva dell’eternità e della trascendenza “scandisce semplicemente i nostri passi verso un orizzonte che non ha futuro”, mentre nella preghiera si trova “tempo per Dio”, “per entrare in quell’intima comunione con Lui che nessuno potrà toglierci e che ci apre alla speranza che non delude, alla vita eterna”.( Benedetto XVI quaresima 2011)
La quaresima, che stiamo vivendo diventa tempo favorevole di riscoperta della preghiera per tutti, ma in particolare per noi per potere servire meglio il Signore, affinché sia trasfigurata la nostra vita spirituale e traspaia la gioia di servire e seguire Gesù, assieme anche, a volte, qualche segno di stanchezza fisica.
Mosè ed Elia
“Ed ecco due uomini conversavano con Lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo che stava per compiersi a Gerusalemme”
Mi piace soffermarmi sulla parola Esodo. Tutti sappiamo che Mosè ed Elia rappresentano la Legge e i profeti. I Profeti hanno annunciato che il Messia sarebbe passato attraverso il dolore e la sofferenza, pensiamo ai quattro carmi del servo di Jahwè in Isaia nei capitoli che vanno dal 40 al55. la missione del Signore è stata interpretata alla luce di questi canti, in particolare la passione di Gesù, vero è che si pregano nella Settimana Santa.
Apparsi nella loro gloria sia Elia che Mosè hanno compiuto anche loro un Esodo attraverso la sofferenza, l’incomprensione, la persecuzione e ora con Gesù stanno parlando del suo nuovo e definitivo esodo che si compirà con la Passione e la morte in croce di Gesù.
«Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno». Questo era stato l’annuncio di Gesù ai suoi, dopo la professione di fede di Pietro, ma i discepoli non riescono a penetrare in questo mistero! Vorrei a questo proposito richiamare anche l’episodio dei discepoli di Emmaus, che potremmo riprendere durante l’adorazione nella nostra meditazione personale. Dio ha però scelto questa via per salvarci ed è la via sulla quale anche noi dobbiamo camminare, anche se il Calvario spaventa. Gesù è chiaro, Lc9,23 ss: “23Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua.24Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. 25Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina sé stesso? 26Chi si vergognerà di me e delle mie parole, di lui si vergognerà il Figlio dell’uomo quando verrà nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi. 27In verità io vi dico: vi sono alcuni, qui presenti, che non morranno prima di aver visto il regno di Dio».
Ciascuno di noi in quanto discepolo del Signore deve compiere il suo Esodo guidato ed essendo docile all’ azione dello Spirito Santo. Il primo Esodo che dobbiamo fare è quello di passare, liberati dal Cristo morto e risorto dal peccato alla grazia e alla libertà dei figli di Dio. Questo significa, assimilati in Cristo, passare dalla morte alla vita. È quanto avviene nel Battesimo, come ci veniva ricordato anche dal Papa Benedetto XVI (Quaresima 2011). In questo sacramento, infatti, “si realizza quel grande mistero per cui l’uomo muore al peccato, è fatto partecipe della vita nuova in Cristo Risorto e riceve lo stesso Spirito di Dio che ha risuscitato Gesù dai morti”.
Facciamo tre tende…
Siamo ancora di fronte all’ incomprensione. Pietro non comprende che non è ancora giunta quella pienezza di contemplazione del volto di Cristo nella pienezza della sua divinità che si attuerà per ciascuno di noi nel momento del nostro incontro personale con il Signore con la nostra morte e alla fine della storia al suo ritorno. Vorrebbe fermare quel momento.
Questa tentazione di escludere dal cammino della nostra vita il momento della Croce, della prova, del dolore, nelle sue svariate forme, che purtroppo non manca e di fermarla solo ai momenti non è così distante da noi.
L’ evangelista annota: “Egli non sapeva quello che diceva”.
Trasfigurazione come abbandono nella fede.
Succede che anche noi assomigliamo proprio a Pietro e a Giovanni e Giacomo che non comprendiamo e non ci abbandoniamo a quella logica che conduce Gesù al mistero della sua morte e risurrezione. Che vorremmo un Dio che ci manifestasse tutto e subito senza necessariamente dover ridiscendere a valle, cioè nella vita di ogni giorno in cui annunciare in un mondo che è quello che è, scontrandoci con le contraddizioni, le brutture e le violenze che nascono dal peccato e dalla superbia di un uomo che pensa di essere Dio a sé stesso dire l’irrompere di Dio sulla storia umana per trasfigurarla, liberarla e salvarla. Ecco allora che la trasfigurazione, che ci aiuta a comprendere quanto si realizza in Gesù, diventa richiamo della fede. Fede nel Signore Gesù morto e risorto che è promessa e garanzia della salvezza di tutti noi e nello stesso tempo diviene per noi frutto di speranza.
Vorrei riprendere quanto afferma S.Leone Magno nel suo discorso 51
“Il Signore manifesta la sua gloria alla presenza di molti testimoni e fa risplendere quel corpo, che gli è comune con tutti gli uomini, di tanto splendore che la sua faccia diventa simile al fulgore del sole e le sue vesti uguagliano il candore della neve.
Questa trasfigurazione, senza dubbio, mirava soprattutto a rimuovere dall’animo dei discepoli lo scandalo della croce, perché l’umiliazione della Passione, volontariamente accettata, non scuotesse la loro fede, dal momento che era stata rivelata loro la grandezza sublime della dignità nascosta del Cristo. Ma, secondo un disegno non meno previdente, egli dava un fondamento solido alla speranza della S. Chiesa, perché tutto il Corpo di Cristo prendesse coscienza di quale trasformazione sarebbe stato oggetto, e perché anche le membra si ripromettessero la partecipazione a quella gloria, che era brillata nel capo“.
Fede e speranza per i discepoli di fronte allo scandalo della Croce, speranza per tutti noi che la croce e la morte non sono l’ultima parola sulla nostra vita, ma che vi è un’altra realtà che ci attende che va oltre i limiti della vicenda umana e ci conduce a quella pienezza di vita a cui l’uomo ambisce e ricerca da sempre, ma che si avvera solo come dono di Dio.
“8Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui,9sapendo che Cristo, risorto dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui. 10Infatti egli morì, e morì per il peccato una volta per tutte; ora invece vive, e vive per Dio.” Dice S. Paolo scrivendo ai Romani e che è ripreso nel rito delle esequie. Paolo parla del battesimo, ma è proprio dal Battesimo che inizia quella che potremmo chiamare il nostro Esodo, il passaggio dall’ uomo vecchio segnato dal peccato all’ uomo nuovo rivestito della Grazia per giungere alla meta della vita eterna in Cristo.
La teofania della nube.
“Questi è il Figlio mio, l’eletto ascoltatelo”
Tutti e tre i racconti evangelici riportano: “Ascoltatelo”. Ed è un imperativo
Ma la voce che esce dalla nube evidenzia come Gesù sia l’eletto, il Figlio di Dio. È un’affermazione molto importante proprio dal punto di vista dottrinale che riguarda la persona stessa di Gesù. Questo è importante per ciascuno di noi a livello personale, ma anche quando nell’ esercizio del ministero dobbiamo presentare la figura di Gesù stesso: Gesù vero uomo e vero Dio! A volte si dà forse un po’ scontato, ma, credo, vada ripresa con forza questa verità contro ogni tentativo di riduzionismo, soprattutto nel dialogo con le altre religioni.
Dice il catechismo degli adulti al cap. 8: “ Solamente una piena e consapevole fede in Gesù Cristo, Signore e Salvatore di tutti, ci consente di poter testimoniare la vera identità cristiana e di aprirci al dialogo con quanti professano una diversa religione e con i non credenti.”
L’ imperativo: “ascoltatelo”, dice quale deve essere il nostro atteggiamento nei confronti di Gesù, della sua missione, del suo Vangelo. Noi sappiamo che nella Bibbia l’espressione ascoltare significa non solamente udire o prestare l’orecchio, ma anche prestare obbedienza a quanto viene detto.
Un’ adesione amorevole al Padre e al suo figlio Gesù ci consentirà di attualizzare questo comando nella nostra vita.
Non dobbiamo poi dimenticare che tanti cristiani, la gente che viene in Chiesa e a Messa non è sempre in questa prospettiva, ad esempio sul discorso del matrimonio, della morale sessuale, della vita, del perdono, ma anche su quelli che sono i punti fondamentali della vita cristiana: incarnazione, Passione, morte, risurrezione del Signore nostro Gesù Cristo.
Concludendo:
L’ evento della trasfigurazione di Gesù ci dice che la fede cristiana oltre che ad essere accoglienza di un mistero più grande che ci sovrasta e ci avvolge ci dice che è anche un cammino che alla logica umana sembra paradossale, perché va oltre la logica di ciò che è empiricamente verificabile. Il cuore di questa logica è la Pasqua di Cristo e quella Croce che si erge sul calvario.
Vorrei proporvi quello che Edith Stein, condotta al campo di concentramento nel quale troverà la morte scriveva alla sua superiora sul senso della Croce nella sua vita. “Si può acquistare “una scienza della croce”. Ne ho avuto l’intima convinzione fin dal primo istante e dal profondo del cuore ho detto: “Ave crux, spes unica”
Qualcuno ha scritto: “La visione-ascolto della Trasfigurazione ci libera dalla paura della Croce e dall’indifferenza della Risurrezione; ci invita a evitare ogni forma di trionfalismo e di superficialità e ci stimola a percorrere la via della croce non con la sfiducia della rassegnazione ma con l’entusiasmo della speranza. Solo se trasfigurati in Cristo, i battezzati saranno capaci di trasfigurare il mondo in Cristo
Deo gratias,qydiacdon