“Eccomi sono la serva del Signore”, dice Maria all’ angelo nell’ annunciazione. Maria avrebbe potuto rimanere tranquillamente a casa a ripensare, meditare quanto le stava accadendo, ne avrebbe avuto tutte le ragioni, invece: “In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.”.
“ in fretta”… Va in fretta perché l’ angelo le ha annunciato un segno, che Ella da credente va a contemplare… non per avere una verifica di quanto le è stato annunciato!
“ in fretta”… perché vi una lieta notizia da comunicare e una speranza da annunciare!
E’ la fretta di chi, nella sua umiltà, senza indugi, senza se o ma, sa che vi è un attesa da colmare e che è giunto il momento in cui questa attesa è terminata attraverso l’evento dell’Incarnazione in cui Dio stesso viene incontro all’ umanità di tutti i tempi. Questa sollecitudine di Maria diventa per ogni credente stimolo affinché ci interroghiamo se abbiamo la stessa sollecitudine di portare e indicare il Signore Gesù agli uomini del nostro tempo superando timori e perplessità, indicando la via della verità che è una sola: Gesù e il suo Vangelo.
Maria diventa il modello per noi e chiediamoci ancora se quando riusciamo a compire un po’ di bene con l’aiuto di Dio, lo facciamo portando Gesù in noi e indicandolo agli altri oppure se portiamo noi stessi o chissà cosa.
Ed ecco che avviene questo incontro, fra due donne che diventa quasi una danza gioiosa, anche per il bambino che Elisabetta porta in grembo: “Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo.”
L’ incontro con Gesù e con chi porta Gesù, con amore, come Maria diventa fonte di gioia, della nostra gioia. Nel preparare questa meditazione, scorrendo il testo del Vangelo mi annotavo tutte le parole sulle quali fermarsi a riflettere per calare e vivere il Vangelo che abbiamo ascoltato nella nostra vita e ne usciva un elenco nutrito. Parole come: Incarnazione, comprensione, mistero, meraviglia, gratitudine, fede, carità, speranza … e ognuno di noi fermandosi a riflettere ne potrebbe aggiungere altre. Non starò a soffermarmi su tutte, ma su alcune sì!
- Come in Maria dobbiamo permettere che la Parola di Dio si incarni in noi. Maria con il suo sì ha permesso al Figlio di Dio diventare carne. Allo stesso modo anche noi dobbiamo entrare in simbiosi con Gesù, far sì che tutta la nostra persona, nella sua dimensione fisica e spirituale, sia un tutt’uno con Lui, anche dove ci sono le pulsioni profonde del nostro essere, desideri, aspirazioni si realizzi sempre di più quella comunione il Signore e la sua Parola, per poter dire con l’apostolo: “non vivo più io, ma Cristo vive in me.” (Galati 2,20)
- Comprendere come il Signore agisca nella nostra vita, ma anche come agisca attraverso noi nell’ incontro con l’ altro e nella storia, in quella storia che è fatta da tante piccole storie personali, per volgerla al suo disegno di salvezza a favore dell’ uomo. Pensiamo agli effetti che il saluto di Maria produce su Giovanni e su Elisabetta. Quanto siamo consapevoli che il Signore vuole agire anche e attraverso il nostro tramite e quanto siamo disposti a prestarci al Signore in questo senso?
- Fare del Signore il punto di riferimento della nostra vita significa mettersi davanti, contemplare, il mistero. Mistero di un Dio che è infinitamente più grande di noi, ma che non esita a farsi piccolo e vicino, per farsi accanto, quel Dio con noi che vuole accompagnarci in ogni momento della nostra esistenza. Davanti a questo mistero, per coglierlo sempre più, l’uomo deve ritirarsi nel silenzio, nella contemplazione. Il silenzio di Maria nei Vangeli, di lei che più di ogni altro è stata a contatto del mistero ci parla di qualcosa di grande che le parole umane sono inadeguate a descrivere e che lei portava in sé con la forza della fede.
- “E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”, sono queste le parole pronunciate da Elisabetta all’ indirizzo di Maria. È quella beatitudine della fede, che non solo riempie il cuore e la vita di Maria, ma che può riempire ciascuno di noi se ripercorriamo il cammino che ella ha intrapreso di discepola e di credente! Siamo, quindi stimolati a rivedere su quale strada stiamo camminando, se quella di una fede umile e disponibile, tenace e forte come quella di Maria, oppure di una fede tiepida, che si perde, tentenna di fronte alle difficoltà quando l’incontro con il mistero di Dio ci chiede cose grandi, una fede difficile come quella di Zaccaria, quando gli viene annunciata la nascita di Giovanni Battista.
- Maria diventa così la madre portatrice della speranza nell’ umiltà e nella carità che Dio ha a cuore la vicenda umana, che non ci abbandona e che il Natale, che celebra l’evento dell’ incarnazione, è un evento irreversibile per la storia umana e che Cristo è sempre vicino a noi compagno di viaggio e di vita.
- Carità. Qualcuno ha detto: “Il lungo e impegnativo viaggio di Maria può dunque essere qualificato anche come “pellegrinaggio della carità”. Lei che, di fronte all’annuncio dell’Angelo, si era dichiarata “serva del Signore”, ora traduce questa sua disponibilità col dimostrarsi “serva delle persone”.
Lo stile intraprendente della carità – così come ce lo insegna Maria – dovrebbe caratterizzare anche la nostra vita cristiana, renderci pronti a metterci al servizio di tutti e a non sottrarci alle sollecitazioni dello Spirito Santo, magari baloccandoci in un comodo intimismo o cercando di evadere dalle situazioni che ci appaiono pesanti e faticose. Quel che tratteniamo finisce col marcire o col rimanere sotterrato – come il talento del Vangelo (Mt 25,18) – senza che alcuno ne tragga beneficio Ogni vero contatto con Dio non può che aprire al prossimo e alle sue necessità. Chi si lascia raggiungere da Dio è per ciò stesso sottratto da qualsiasi tentazione solipsistica; anzi arriva a percepire e a prevenire il bisogno dell’altro. Lo sguardo puro e ardente che sgorga dalla carità coglie subito, per un istinto spirituale, il bisogno dell’altro e non lo disattende. (Abate Dom Donato Ogliari)
In questo Maria non ha un compito marginale, ci è maestra e come scrive mons. Tonino Bello:
“Aveva proprio ragione Dante Alighieri nell’affermare che la benignità della Vergine non soccorre soltanto colui che a lei si rivolge, ma «molte fìate liberamente al domandar precorre».
Santa Maria, donna del primo passo, ministra dolcissima della grazia preveniente di Dio, “àlzati” ancora una volta in tutta fretta, e vieni ad aiutarci prima che sia troppo tardi.Abbiamo bisogno di te. Non attendere la nostra implorazione. Anticipa ogni nostro gemito di pietà. Prenditi il diritto di precedenza su tutte le nostre iniziative.”
Deo Gratias, qydiacdon.