Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, quando la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».
Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo».
Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».
Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».
Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».
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Continuiamo oggi l’ascolto della Parola del Signore dopo l’episodio della moltiplicazione dei pani. Per la nostra riflessione vorrei iniziare, però, da uno stralcio del salmo che abbiamo pregato:
“Ciò che abbiamo udito e conosciuto
e i nostri padri ci hanno raccontato
non lo terremo nascosto ai nostri figli,
raccontando alla generazione futura
le azioni gloriose e potenti del Signore
e le meraviglie che egli ha compiuto.”
Credo che questa frase ci interpelli tutti, genitori nell’educazione dei figli, adulti nella testimonianza ai giovani, comunità ecclesiale che, fedele al mandato che le è stato affidato deve annunciare la fede nell’unico e vero Dio, quello che ci ha fatto conoscere il Signore Gesù.
Certo il Signore ha compiuto grandi prodigi, come al tempo
dell’Esodo quando gli israeliti mormoravano contro Dio e contro Mosè che li avevano fatti uscire e liberati dalla schiavitù dell’Egitto e Dio interviene con il prodigio della manna e delle quaglie.
Anche oggi Gesù continua a compiere cose bellissime, prodigi, in tante uomini e donne.
Ma il fatto su cui dobbiamo interrogarci è se veramente noi adulti assolviamo questo compito nei confronti del mondo, nelle sue varie realtà e delle giovani generazioni. Se parliamo loro della meraviglia dell’Incarnazione, del prodigio della Redenzione e della Salvezza che il Signore Gesù ci ha donato attraverso la sua Pasqua, il sacrificio della Croce e l’evento della Risurrezione.
Mi chiedo quanti genitori lo facciano in famiglia, quanti sposi cristiani lo condividano vivendo la loro vita matrimoniale, ma anche quanti fra il clero lo facciano come scribi saggi che “prendono dal tesoro della rivelazione cose nuove e cose antiche.”
Il Vangelo che abbiamo letto si pone in continuità con quello di Domenica scorsa. La folla è stata sfamata e, di fronte a questo prodigio, non vuole perdere la ghiotta occasione di avere un “profeta” che compie opere così grandi.
Quale governante potrebbe fare una cosa simile? Non solo allora, ma anche oggi? Gesù, però, non ci sta. Nel confronto fra Gesù e la folla si riflettono due modi diversi di concepire il rapporto con Dio e con l’uomo. Gesù cerca di fare passare la gente dall’ interesse esclusivo da quello che è un bisogno materiale a quella che è una fame spirituale, una vita abbandonata e guidata dallo Spirito Santo.
“In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo”.
Quella che è la risposta che Gesù dà alla gente è una risposta dura, che mette il dito nella piaga.
Innumerevoli sono i motivi per cui l’uomo può cercare Dio: soddisfazione e ricerca di beni materiali, delusione e sconforto, oppure il modo rappresentato nella preghiera del fariseo al tempio: «O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano. 12Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo», questo mettersi in mostra davanti a Dio come i migliori i più bravi, quelli che hanno una marcia in più rispetto agli altri.
Il desiderio e la sete di Dio sono cose belle, quando sono vere e sincere, ma non ogni ricerca porta veramente a Dio e l’uomo spesso si incammina su strade tortuose e perverse che più che condurre da Dio lo conducono lontano perdendosi nei meandri dell’errore e diventando vittima di colui che è l’ antitesi di Dio stesso: il maligno, il diavolo.
Il cuore dell’uomo è inquieto quando è lontano da Dio, come dice S. Agostino. Un cuore sempre in bilico fra ciò a cui aspira e quello che riesce a realizzare, fra la ricerca di pace, di felicità, di gioia, di bene e lo sperimentare il conflitto, sprazzi di luce e di gioia assieme a momenti di buio, di dolore e di sofferenza perché cerca di realizzare tutto ciò con le sue sole forze, dimenticandosi di Dio e dimenticandosi che Dio “sa di ciò di cui abbiamo bisogno ancora prima che glielo chiediamo”.
Noi troppo spesso, o quasi unicamente ci preoccupiamo del “cibo che perisce” e ci dimentichiamo di cercare quello che ci viene donato, offerto, messo a disposizione, per la vita eterna come in questa Eucaristia… Che compiere l’ opera di Dio è credere in Gesù, avere fede in Lui.
Così ci lamentiamo sempre e siamo degli eterni insoddisfatti. Come il popolo di Israele nell’Esodo, che si dimentica di essere ora popolo libero e rimpiange la schiavitù egiziana e noi ci dimentichiamo di un Dio che ci libera, rispettando la nostra libertà, vagheggiando un Dio che vorrebbe dei sottomessi, quasi automi teleguidati.
A tutti il Signore ricorda di avere fede in Lui, unico vero pane che soddisfa la nostra insaziabile fame di vita, di senso di speranza, perché Dio è amore! Amore che si dona, che libera, che innalza e guarisce, che dona la vita vera.
Ecco le due mentalità a confronto, quella del mondo e quella di Dio!
“Chiediamo al Signore di saper ragionare non secondo i nostri piccoli pensieri ma secondo la Sapienza che oggi ha voluto comunicarci.” (Card. Giacomo Biffi).
Deo gratias, qydiacdon