Continuano le polemiche per l’uso “improprio” di Vangelo e Rosario da parte del leader della Lega, ma monsignor Perego – che tanto si scandalizza – nulla ha avuto da dire sulle leggi anti-vita e famiglia della passata legislatura né sulla Bonino a far comizi in chiesa.
Non si spengono gli echi delle parole pronunciate da Matteo Salvini sul palco di piazza Duomo a Milano, in occasione del comizio di sabato scorso, durante il quale ha promesso di seguire il Vangelo e ha mostrato il Rosario. Il gesto è stato interpretato dai suoi detrattori come una trovata elettoralistica fuori luogo e ciò era ampiamente prevedibile. C’era altresì da aspettarsi che anche settori della Chiesa si indignassero per l’accostamento del programma politico della Lega al messaggio evangelico, con il dichiarato e solenne impegno, da parte del candidato premier della Lega, di applicare i principi del cattolicesimo alla politica.
Inevitabili le strumentalizzazioni, da una parte e dall’altra. Siamo a ridosso del voto del 4 marzo e ognuno cerca di portare acqua al suo mulino, mostrando ipocritamente indignazione verso condotte che in passato erano state, a parti invertite, non solo tollerate, ma addirittura praticate e financo valorizzate.
L’oggetto del contendere è infatti il presunto uso opportunistico della fede, sbandierata da un palco di partito come vessillo di differenziazione sul terreno della politica. L’ha fatto Salvini, ma in passato l’hanno fatto tanti altri, a destra e a sinistra, senza che nessuno mostrasse analogo fastidio.
Monsignor Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara, conosciuto come “il vescovo dei profughi” per il suo impegno in favore degli immigrati, ha denunciato come contraddittorio l’atteggiamento di Salvini, che da un lato «si presenta col Vangelo e col rosario» e dall’altro «predica la non accoglienza e il rifiuto dell’altro». Ma siamo sicuri che il Vangelo dica di accogliere tutti e che l’immigrazione debba essere considerato un tema sganciato dal governo e da affidare unicamente alla coscienza buonista di qualche sprovveduto? «Nella mia Italia l’immigrazione ha delle regole, dei numeri, dei limiti», replica il candidato premier della Lega, ironizzando sul fatto che certa sinistra laicista si arrabbi di fronte alle sue parole perché, anziché sul Vangelo, «vorrebbe giurare sul Corano».
Ma, al di là dell’episodio milanese in sé, bisognerebbe riflettere sull’atteggiamento dei politici rispetto ai temi sensibili e all’impegno concreto che essi hanno sin qui dimostrato sul terreno dell’attuazione dei principi di fede nella vita politica. Monsignor Perego, rincarando la dose sul comizio di Salvini, ha altresì dichiarato: «La Lega in realtà, per quel che riguarda il tema del pluralismo religioso, dell’accoglienza, della solidarietà, si è assolutamente distanziata dalle esperienze del cattolicesimo sociale».
Si tratta di un commento discutibile, dal momento che altri attori politici, in modo radicale e convinto, hanno disatteso ampiamente i proclami di coerenza con i principi evangelici, avallando, soprattutto nell’ultima legislatura, provvedimenti legislativi profondamente in contrasto con i cardini della dottrina sociale della Chiesa, soprattutto in materia di tutela della vita fin dal suo concepimento, di sacralità della vita e di rispetto del matrimonio naturale e indissolubile. Sulle scelte compiute dai politici di ispirazione cattolica sarebbe forse il caso di esercitare un maggiore spirito critico e di applicare un discernimento più accorto. Dentro Forza Italia ci sono rappresentanti della cultura laicista che, nei governi di larghe intese o anche quando non ne facevano parte e stavano all’opposizione, hanno approvato, insieme col centrosinistra, provvedimenti contrari ai principi del Magistero della Chiesa Cattolica. Il Pd anche nel suo programma elettorale assume posizioni molto nette e anticattoliche su quei fronti, e si allea con il partito di Emma Bonino, che ha coerentemente (dal suo punto di vista) portato avanti battaglie agli antipodi della visione cattolica della vita e della società. La leader radicale ha peraltro fatto un comizio in una basilica partenopea, senza destare analogo scandalo nei prelati che ora s’indignano di fronte alla sortita di Salvini.
Probabilmente il leader del Carroccio avrebbe potuto risparmiarsi un’uscita così plateale su una dimensione delicata e intima dell’esistenza, quella spirituale, che dovrebbe rimanere fuori da spettacolarizzazioni e ostentazioni e invece permeare in modo sobrio e coerente le scelte della politica cattolicamente ispirata. Non si può però sottacere che sulle battaglie che incrociano i valori del cattolicesimo negli ultimi anni le posizioni assunte dalla Lega siano state certamente più vicine al Magistero della Chiesa rispetto a quelle di altri partiti, di centrodestra e di centrosinistra. Ed è giusto ricordarlo anche in campagna elettorale.
Ruben Razzante in La NBQ