Oggi non siamo qui a celebrare una giornata di mestizia, come persone che non hanno speranza, ma a vivere una giornata sicuramente di riflessione seria sul grande mistero della vita e della morte. Un mistero che ha anche aspetti di drammaticità perché questa tappa della nostra vita, alla quale non possiamo sottrarci ci pone tanti interrogativi sul senso del nostro esistere, sulla sua origine, sul fine ultimo della nostra esistenza.
Noi però, pur riflettendo su tutto questo, vivendo la nostra vita alla luce della fede, vogliamo per prima cosa vivere la dimensione del ringraziamento per ciò che i nostri cari sono stati per noi, per quanto hanno seminato di buono nei nostri cuori, nelle nostre vite e per il bene che con l’aiuto di Dio sono riusciti a compiere. Li vogliamo presentare al Signore nel grande ringraziamento che è la Messa che stiamo celebrando, ma che nello stesso tempo è anche la celebrazione del mistero della passione/morte/ e risurrezione di Gesù. Ecco allora che essere qui oggi vuol dire compiere un atto di fede, e non solo ricordare, e aprirsi alla speranza.
“questa piccola speranza, vacillante al soffio del peccato, tremante a tutti i venti, ansiosa al minimo soffio,
sia così invariabile, resti così fedele, così eretta, così pura; e invincibile, e immortale, e impossibile da spegnere; come questa fiammella del santuario.
Che brucia in eterno nella lampada fedele.” (Peguy).
Sì c’è una speranza che va oltre, la vita e oltre la morte ed è quella della Risurrezione e della vita eterna, come professiamo nel Credo. Sperare in quel Dio che “eliminerà la morte per sempre, asciugherà ogni lacrima” e non delude chi si affida a Lui. Tutto questo attraverso la morte/risurrezione di Cristo.
Assieme alla speranza viviamo anche la dimensione della fede. Una fede che chiediamo al Signore di rinnovare quando il dolore di una separazione, che noi sappiamo essere momentanea, sale prepotente dal nostro cuore e i nostri occhi si inumidiscono.
La fede non può, però, essere disincarnata, staccata dalla vita. Deve naturalmente sbocciare nell’ amore. Alla fine della vita saremo giudicati sull’ amore! (S. Giovanni della Croce)
Ecco allora che ritrovarci qui, confrontandoci con i nostri cari, su come hanno vissuto concretamente la dimensione dell’amore, quello che ci ha insegnato Gesù, ci ricorda che ci sarà anche un giudizio alla fine della nostra vita, su come lo avremo vissuto. Il testo del vangelo di Matteo al cap. 25:
“ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Noi speriamo che sia un giudizio di misericordia, ma questo non ci esime dal nostro impegno, dalle nostre responsabilità.
Ecco allora la nostra preghiera se mai dovesse mancare ancora qualcosa affinché le anime dei nostri cari possano presentarsi ed essere introdotte nella gioia, nella luce, nella felicità della comunione con il Signore, che ci appaga di tutto.
Una preghiera umile, fiduciosa, intensa che non può essere solo di questo giorno
Sembra che stiamo perdendo i giorni della memoria dei nostri cari defunti! Quanti giovani vediamo oggi nei nostri cimiteri? Un’ intellettuale ha scritto: “Non si può vivere senza la memoria dei morti. Una civiltà che fa di tutto per cancellare le proprie radici, che cerca di rimuovere la presenza della morte, rischia anche la decadenza culturale” Questi giorni della fede ci dicono: la morte non è una porta chiusa definitivamente, ma una porta che si apre su una realtà nuova, inimmaginabile, indescrivibile con parole umane. Una porta aperta sull’ eternità e su quella vita piena, eterna a cui noi aneliamo in tutta la nostra esistenza. Quando si aprirà, finalmente, quella porta potremo contemplare quel Dio in cui abbiamo creduto faccia a faccia.
Deo gratias, qydiacdon