Michele, un arcangelo per i nostri tempi

«Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme ai suoi angeli, ma non prevalse e non vi fu più posto per lui in cielo. E il grande drago, il serpente antico, colui che è chiamato diavolo e il Satana che seduce tutta la terra abitata, fu precipitato sulla terra e con lui anche i suoi angeli» (Ap 12, 7-9).

Di san Michele Arcangelo ricorre oggi la memoria liturgica, (29 settembre ndr), e la Sacra Scrittura è senz’altro il testo che meglio ci illumina sulla sua figura di protettore contro il maligno. Venerato come difensore della Chiesa dagli albori del cristianesimo, l’arcangelo è citato esplicitamente, oltre che nell’Apocalisse, nella lettera di Giuda «in contrasto con il diavolo» sul corpo di Mosè (Gd 9) e per tre volte nel libro di Daniele. Qui, nel racconto della grande visione, viene chiamato «uno dei principi supremi» e ancora «il gran principe» che vigila sui figli del popolo di Dio. La Tradizione ha sempre parlato di Michele come antitetico a Lucifero e, in perfetta coerenza con la Bibbia, anche da alcune rivelazioni private emerge come nel momento della prova sia stato lui il primo spirito a scegliere di slancio e risolutamente Dio, contrastando la ribellione di Satana e degli altri angeli caduti per superbia. Il nome Mi-ka-El, «Chi è come Dio?», non sarebbe altro che il grido umile ma fermo che l’arcangelo levò in cielo dopo l’urlo di istigazione alla rivolta lanciato da Lucifero. Da lì iniziò la battaglia citata nell’Apocalisse di san Giovanni evangelista.

Spesso raffigurato con una spada e una bilancia nell’atto di schiacciare Satana, l’arcangelo Michele è stato oggetto degli scritti e delle riflessioni di alcuni dei più grandi santi. San Gregorio Magno, papa e dottore della Chiesa, in un’omelia ne sintetizzò alcune delle virtù: «Quando deve compiersi qualcosa che richiede grande coraggio e forza, si dice che è mandato Michele, perché si possa comprendere, dall’azione e dal nome, che nessuno può agire come Dio. L’antico avversario che bramò, nella sua superbia, di essere simile a Dio, dicendo: “Salirò in cielo, sulle stelle di Dio innalzerò il trono, mi farò uguale all’Altissimo” [Isaia 14, 13-14], alla fine del mondo sarà abbandonato a se stesso e condannato all’estremo supplizio. Orbene egli viene presentato in atto di combattere con l’arcangelo Michele, come è detto da Giovanni».

L’umiltà e la devozione di Michele si manifestano in modo eccelso anche nei riguardi della creatura che più di ogni altra il Creatore vuole che si onori: la Beata Vergine (proprio il rifiuto di servire colei che nel piano divino era destinata a divenire la Regina degli angeli è collegato, secondo una plausibile ipotesi teologica, alla decisione di Lucifero di ribellarsi a Dio), che schiaccerà la testa al serpente. San Luigi Maria di Montfort, nel ricordare che in Paradiso tutti gli angeli proclamano senza sosta la santità della Madonna, scrive: “Fino a san Michele, il quale, dice sant’Agostino, benché principe di tutta la corte celeste, è il più zelante nel renderle e farle rendere ogni sorta di omaggio, sempre in attesa di avere l’onore di andare, a un suo comando, a rendere servizio a qualcuno dei suoi servi” (Trattato della vera devozione alla Santa Vergine, 8).  E san Pio da Pietrelcina, che fin da bambino dovette subire gli attacchi del demonio, disse: “Guai a me se non ci fosse stato san Michele: a quest’ora avreste visto padre Pio sotto i piedi di Lucifero”.

Dal ruolo costante di Michele quale protettore, si capisce quanto stabilito da Leone XIII dopo la celebre visione avvenuta intorno al 1884. Sebbene circolino più versioni dell’accaduto, compreso un dialogo tra Gesù e Satana udito dal pontefice durante una Messa (“Posso distruggere la tua Chiesa”, avrebbe detto il diavolo sfidando Dio e chiedendo più tempo: “Tra i 75 e i 100 anni, e un potere superiore su chi si offrirà al mio servizio”), quel che è certo è che dei testimoni – incluso il suo segretario particolare, monsignor Rinaldo Angeli – videro il papa drizzare improvvisamente il capo e impallidire, prima di riprendersi e appartarsi per comporre una preghiera a san Michele, che poco dopo ordinò di stampare e di fare avere a tutti i vescovi.

Evidentemente il Santo Padre aveva visto il grande pericolo incombente su tutto il popolo di Dio e chiedeva l’intercessione del suo potentissimo arcangelo per proteggere la Chiesa. Nel 1886 la preghiera fu inserita nelle cosiddette “Preci leonine” (inizialmente pensate per la soluzione della Questione Romana, dopo la firma dei Patti Lateranensi furono di fatto dedicate alla conversione della Russia), che erano già in uso dal pontificato di Pio IX ma furono chiamate così perché era stato Leone XIII a ordinarne la recita in tutto il mondo. La preghiera a san Michele venne da allora recitata in ginocchio davanti all’altare al termine di tutte le Messe non cantate fino a quando, nel 1964, l’istruzione Inter Oecumenici della Sacra Congregazione per i Riti e del Consilium dichiarò che “le preghiere leoniane sono soppresse”, facendone decadere l’uso nella liturgia. Era la prima istruzione emanata per applicare la Sacrosanctum Concilium, ma va detto che la costituzione sulla sacra liturgia del Vaticano II non contiene alcuna indicazione specifica sulla soppressione delle Preci leonine.

Seppur non più usata nella forma ordinaria della Messa, la preghiera a san Michele è insomma pienamente valida e san Giovanni Paolo II nel ’94 invitò i fedeli «a recitarla per ottenere di essere aiutati nella battaglia contro le forze delle tenebre e contro lo spirito di questo mondo». Grazie anche al motu proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI e alla formazione di gruppi stabili che prediligono la “Messa tridentina”, la preghiera a san Michele sta poi conoscendo una nuova fioritura e oggi sono molti i cattolici che amano recitarla.

Certamente, se guardiamo agli avvenimenti che hanno segnato la Chiesa e l’intera società da quel 1964 in poi (già Paolo VI parlò del “fumo di Satana” che vi era entrato), non è stata una scelta felice l’abbandono della sua recita: chiaro che tutto va letto alla luce di una serie di eventi più ampi, ma per la sua parte si tratta di una scelta infelice. Non solo perché la preghiera a san Michele è in modo diretto una preziosa protezione contro il maligno, ma perché pure tra molti battezzati – compresi ecclesiastici di spicco – si sta perdendo progressivamente la consapevolezza dell’esistenza di Satana e della sua azione malvagia, che è il più grande favore che si può fare al demonio e insieme un grande pericolo per la salvezza delle anime. Ed è indice di un’errata concezione di Dio e di una generale perdita di fede. Per questo sarebbe bello se un giorno tutta la Chiesa tornasse a recitare quelle preci, che includono il Salve Regina e tre Ave Maria. Comunque vada, la preghiera a san Michele ci piace ricordarla qui:

San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia, contro le malvagità e le insidie del demonio sii nostro aiuto. Ti preghiamo supplici: che il Signore lo comandi! E tu, Principe delle milizie celesti, con la potenza che ti viene da Dio, ricaccia nell’inferno Satana e gli altri spiriti maligni che si aggirano per il mondo a perdizione delle anime. Amen.

 

Ermes Dovico
In: La NBQ

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