«Gli immigrati nei centri di accoglienza sono per l’89% uomini giovani, sono tanti, troppi. Sono abbandonati a se stessi, per la loro cultura stuprare una donna cristiana non è un problema. Non ci si può stupire se accadono cose come quelle di Rimini. Ma è criminale lasciarli così, bisogna intervenire subito». A parlare così è Souad Sbai, giornalista italiana, di origine marocchina, ex parlamentare, presidente di Acmid, associazione delle donne marocchine in Italia, impegnata soprattutto nella difesa e nell’aiuto alle donne immigrate vittime di violenza. «La vicenda di Rimini è allucinante, peggiorata dai commenti del mediatore culturale marocchino», contro cui peraltro la stessa Sbai ha ieri presentato denuncia.
Dottoressa Sbai, sembra proprio si faccia fatica a riconoscere la gravità di questo problema.
Sì, c’è un silenzio incredibile. Ed è criminale lasciare questi uomini così. O vengono rimandati a casa o comunque non si possono tenere nei centri di accoglienza a fare nulla, liberi di andare in giro e fare qualsiasi cosa. È chiaro che si sfogheranno da qualche parte.
Ovviamente a commettere violenze sessuali possono essere anche italiani o europei, però qui pare esserci un fenomeno diverso. L’enorme numero di uomini, giovani e soli, è una parte ma c’è molto di più.
Anzitutto bisogna capire che vengono da una educazione per cui sulla donna occidentale si può fare. Glielo insegnano da piccoli: stuprare una donna cristiana non è un problema. Poi arrivano in un paese dove la donna si presenta in modo molto diverso, e qui nessuno pensa a spiegare a questi ragazzi quali sono i costumi di questo paese. Se la donna è in costume o ha la minigonna non significa che si possono fare certe cose. Poi purtroppo oltre a questo bisogna riconoscere che non c’è più pudore, c’è molta pornografia, anche i siti più seri hanno pubblicità oscene. E questo manda altri segnali che aggravano il problema.
Cosa si deve fare?
Oltre alla necessità di essere rapidi nel decidere se queste persone devono restare o essere rimpatriate, è fondamentale l’educazione. Si devono fare corsi di formazione obbligatoria, inclusa l’educazione civica, spiegare le regole del paese, la cultura, la mentalità. Oltretutto queste persone non hanno più alcun riferimento, neanche religioso, non c’è più quella rete di rapporti sociali che nei loro paesi dava sostegno e un codice di comportamento. Nei centri di accoglienza sono abbandonati a loro stessi: o sfociano nell’estremismo religioso, anche i minori non accompagnati, o vivono il branco e allora tutto può accadere, anche perché c’è un miscuglio di nazionalità.
Cosa vuol dire?
Prendo ad esempio i marocchini: se sono insieme 4 o 5, ben difficilmente commetteranno una violenza sessuale, perché c’è sempre qualcuno che fa resistenza e fa desistere gli altri. A meno che non siano radicalizzati e gli venga ordinato da un imam. Ma quando si mescolano diverse nazionalità, non guardano più in faccia nessuno, è più facile che possano accadere certe cose. Poi non dimentichiamo che, pur senza generalizzare, girano anche stupefacenti.
Ma nei centri non c’è alcun controllo?
No. I responsabili dicono che non possono tenerli all’interno. Del resto non lavorano, non hanno nulla da fare, alcuni tornano a sera anche con i soldi, nessuno si preoccupa di sapere da dove vengono.
Lei prima faceva riferimento anche a minori che si radicalizzano.
È lo stesso meccanismo. Sono lì un anno, due anni, e cosa fanno? Nei giorni scorsi sono andata in Sicilia in un centro per minori non accompagnati. Ci sono 145 minorenni, ebbene la metà di loro è già radicalizzata. Non perché qualche imam è andato lì, sono gli stessi ragazzi che, non avendo nulla da fare, vanno a cercare qualcosa. E hanno trovato un imam a Barcellona Pozzo di Gotto che li ha iniziati all’estremismo religioso. Ecco perché è decisivo il tema della ri-educazione, l’accoglienza non può essere solo favorire il loro arrivo in Italia. Però mi permetta di aggiungere su questo punto che anche i cattolici hanno la loro responsabilità.
In che senso?
Come gestire i centri di accoglienza deve essere ovviamente un problema che devono affrontare le istituzioni, ma nell’opera di aiuto culturale, di aiuto all’integrazione, di educazione, i cattolici sono assenti. Non basta dire venite in Italia, offrire dei pasti e degli indumenti e magari un tetto: c’è bisogno di educazione, ciò che fanno i missionari in terre lontane. Ora ce ne sono tanti qui in Italia e nessuno se ne preoccupa. Non si può solo dire “Gli immigrati hanno questo diritto… quest’altro diritto…”. E no: perché a quella ragazza stuprata nessuno restituirà la felicità che aveva, è morta dentro. E quante altre vittime ancora dovremo aspettare? Bisogna ri-educarli. C’è un caos, e poi dopo quando avviene uno stupro tutti si scandalizzano. Ma si deve fare di tutto per evitare questo, e bisogna fare in fretta.
Una difficoltà è questa dittatura del politicamente corretto, per cui quando si tratta di immigrati certi temi diventano tabù, si passa subito per razzisti.
Non possiamo stare a questo ricatto. L’islamofobia è un concetto costruito dai Fratelli musulmani proprio per favorire l’islamizzazione. E c’è un pericolo ancora più grande: perché sia tra i parlamentari sia tra i giornalisti, soprattutto della Rai, ci sono diversi convertiti all’islam, magari con i soldi del Qatar. Sono convertiti di nascosto, e sono in grado di pilotare l’informazione a favore dell’islam. Un solo esempio di questi giorni. Ero in Spagna e ho seguito tutte le vicende dell’attentato a Barcellona. Quando c’è stata la manifestazione dei 500mila, RaiNews ha ignorato tutti quelli che erano lì per dire “Non ho paura” ed è andata a prendere l’unica ragazza che aveva un cartello con scritto “No islamofobia”. Capito dove è il problema?
di Riccardo Cascioli
in La NBQ