Alcuni giorni fa è comparsa sui giornali la notizia che i Boy Scout Usa hanno dovuto pagare 1,4 milioni di euro per risarcire un abuso sessuale su di un minore avvenuto svariati anni fa. Gli avvocati dell’accusatore avevano chiesto 25 milioni di dollari di risarcimento, ed hanno dichiarato di aver raccolto “centinaia di testimonianze di abusi compiuti tra il 1965 e il 1985 in seno ai Boys Scouts americani, dimostrando che l’organizzazione non poteva essere all’oscuro…”. La notizia mi sembra sia estremamente interessante.
La prima notazione che si potrebbe fare, sebbene non la più acuta, è questa: centinaia di casi tra i Boys Scouts, esattamente come tra gli insegnati di ginnastica, i protestanti, i laici di ogni tipo…. Perché allora sempre e solo la Chiesa cattolica, quotidianamente, tra gli imputati? Perché così poca rilevanza alla notizia, se riguarda gli Scouts, i caschi blu, le varie chiese protestanti e così tanto clamore, tanta insistenza quando c’è di mezzo un prete?
Ma non è questo, a mio parere, il punto più interessante. Che dietro l’enfatizzazione degli abusi su minori compiuti da preti cattolici vi siano preti spretati, teologi border line come Hans Kung, lotte interne contro il papa, radicali che suonano la tromba, movimenti gay o pro choice, che vogliono far pagare alla Chiesa le sue posizioni in materia etica, è di una evidenza solare. Il punto che mi sembra andrebbe analizzato meglio è allora questo: cosa si cela dietro questa psicosi della pedofilia? Certamente un aumento del fenomeno; certamente un imbestialimento della società. Ma cosa altro?
LA PSICOSI PEDOFILIA
Per capirlo mi sembra si debba tener presente la realtà americana, che è appunto la più segnata da questo fenomeno. E’ di lì che parte lo scandalo dei preti pedofili, come è lì che la “psicosi pedofilia”, come la chiamano molti esperti, si è diffusa sino ad arrivare a noi. Mi sembra che per capire si debbano mettere in chiaro alcune cose.
La prima: nel diritto americano a rispondere per le colpe del pedofilo non è il singolo, l’autore del delitto, ma l’intera organizzazione a cui appartiene. Così se un capo scout ha abusato di un lupetto, a pagare i milioni di euro, che egli personalmente non possiede, sono gli Scout come associazione. Se ad abusare è un prete, l’intera diocesi può venir messa in vendita, come è accaduto più volte. Basterebbe questo dato iniziale per chiedersi se l’accusa di pedofilia non stia diventando un business; per domandarsi quanto l’accusa di pedofilia, la più difficile da provare, vista la coincidenza, solitamente, di accusatore e di testimone (testis unus, si dice in diritto), ma anche la più difficile da confutare, possa essere determinata da interessi venali.
Questo anche per un altro motivo: negli Usa gli avvocati non hanno una tariffa fissa, un massimo di parcella, come da noi, ma guadagnano in proporzione ai risarcimenti ottenuti. Di qui l’incredibile ascesa di studi legali che si sono specializzati nelle cause, stramiliardarie, di pedofilia. Alla luce di quanto detto sino ad ora si capisce bene cosa intendeva dire Vittorio Messori sul Corriere del 27 marzo, allorché ricordava che “grandi studi legali anglosassoni” hanno cominciato negli anni ’90 a pubblicare annunci sui media: “Vuoi diventare milionario? Metti tuo figlio in seminario per un anno e poi passa da noi”. La common law, in effetti, aggiungeva Messori, “permette agli avvocati di dividere a metà con il cliente gli enormi risarcimenti stabiliti dai tribunali. Agenti degli studi legali utilizzano a tappeto liste di vegliardi per convincerli a denuncie miliardarie. Meglio se gli accusati sono morti: tanto, vescovi e superiori di congregazioni pagano comunque, per evitare scandali maggiori. Il ‘cattolico pederasta’ è da anni, negli Stati Uniti, il protagonista di un business enorme, tanto da avere portato alla bancarotta diocesi e ordini opulenti”.
Perché il cattolico pederasta? Certamente anche per motivi ideologici; per secolari pregiudizi presenti nel mondo wasp verso la verginità del sacerdote cattolico, ma anche perché dietro il prete pedofilo, c’è sempre una intera diocesi da spiumare. Così si capisce meglio perché la Chiesa americana nel solo 2009 abbia pagato 28,7 milioni di dollari, soprattutto per le parcelle degli avvocati accusatori, protagonisti non secondari della nascita di un nuovo business (La Stampa, 25/3/2010).
IL CASO MICHAEL JACKSON
Che questo sia vero, almeno in parte, è dimostrato ad esempio dal caso Michael Jackson: il celebre cantante venne infatti accusato di pedofilia, e la notizia fece il giro del mondo. Da allora la sua vita, dicono i fans, cambiò, certamente in peggio. Jackson, che era ricchissimo, pagò, sembra, 20 milioni di dollari, e così non ci fu il processo. Alla morte di Jackson, però, il suo accusatore, Jordan Chandler, spiegò al mondo che aveva mentito, su spinta del padre, per estorcere denaro. Come avvenne al cardinale americano Bernardin: accusato di pedofilia, fu poi dichiarato innocente dallo stesso accusatore, prima di morire. Ci si chiederà: ma perché Jackson, invece di pagare, non è andato a processo?
Anche qui, per capire, occorre tener presente anzitutto cosa significhi l’accusa di pedofilia: la morte sociale, specialmente per personaggi pubblici, famosi e conosciuti. I giornali e i media cavalcano subito il caso, dibattono ed emettono sentenze prima di ogni accertamento, creano il mostro, anche quando non esiste. Se poi si andrà a processo il ruolo importante della giuria popolare, in una materia tanto sensazionalistica e scabrosa, può risultare devastante per l’imputato, magari già “giudicato” come colpevole dai media, e quindi già compromesso rispetto alla detta giuria.
IN USA SI PUÒ PAGARE E NON ANDARE A PROCESSO
In America, diversamente dall’Italia, per evitare il processo, un processo che si annuncia appunto difficile, incerto, oltre che mediatico, si può pagare: ecco perché Jackson lo ha fatto, pur non essendo colpevole; ecco perché lo hanno fatto anche molte diocesi americane, i cui sacerdoti accusati sono poi finiti nel numero, nelle statistiche, dei “pedofili”, benché per almeno alcuni di loro si può pensare che non lo fossero; ecco perché anche i Boys Scouts americani hanno spesso risolto le loro controversie per via extragiudiziaria, a suon di monete sonanti (Ansa, 24 aprile).
La possibilità di risolvere il contenzioso per via extragiudiziaria, in verità, genera un circolo vizioso. Se si può essere pagati, senza neppure che l’abuso sia dimostrato, le denunce, inevitabilmente crescono, insieme agli interessi e ai guadagni degli studi legali. In Italia invece occorre il processo, non si può risolvere tutto pagando: ma se si potesse, quanti non lo farebbero?
Quanti, pur di non finire sui giornali, linciati prima della sentenza definitiva, non ricorrerebbero al portafoglio? Anche perché, come la cronaca insegna, gli accusati ingiustamente per pedofilia sono tantissimi. Si pensi solo a quella che è ormai una prassi: in seguito a divorzio, la madre accusa il padre di pedofilia, per screditarlo e ottenere l’affidamento. Si tratta di una consuetudine, come possono testimoniare avvocati e magistrati, oltre che le associazioni di padri separati, che sta diventando sempre più diffusa. Senza considerare poi quanto dura un processo: si rimane anni e anni con l’accusa infamante, prima di venire assolti. Non mi stancherò mai di ripetere il caso di Don Govoni, morto dieci anni orsono: accusato di pedofilia e satanismo, venne prima condannato e poi definitivamente assolto. Ma era già morto d’infarto per il dolore. Come è avvenuto, per esempio, ad alcuni padri di famiglia. Come è accaduto, senza che per fortuna morissero, a moltissimi altri religiosi.
Francesco Agnoli
(Parte di questo articolo è comparso sul Foglio del 30 aprile 2010)
Titolo originale: Usa: perchè l’accusa di pedofilia può diventare un business
Fonte: Libertà e Persona, 19/20/2017