«E’ davvero difficile sostenere che non esista alcuna differenza tra i figli di famiglie eterosessuali e quelli di famiglie omosessuali». Fragilità maggiori, strategie adattative, minor identificazione eterosessualie La crescita dei bambini nelle coppie gay presenta un quadro complesso e variegato, non immune da problemi. In questi anni è stato studiato attentamente dalla psicologia e dalla psichiatria anche se resta un argomento sfuggente e ancora poco trattato dal punto di vista psicologico.
A rompere il silenzio è l’Osservatore Romano … che pubblica gli stralci di un libro di Elena Canzi, «Omogenitorialità, filiazione e dintorni» (Milano, Vita e Pensiero, 2017, pagine 144, euro 15). La studiosa dopo avere preso in esame decine di casi, ritiene che il «rapporto più difficile sia soprattutto con i coetanei, che spesso sottopongono i figli di coppie omosessuali a derisione e bullismo, facendo emergere sentimenti di inferiorità e anormalità. Una stigmatizzazione che provoca diverse strategie adattative, nelle quali prevale quella di negare il problema, confessando la propria condizione solo a poche persone scelte». Naturalmente, aggiunge la studiosa, che la partecipazione alla vita di comunità omosessuali, con figli relativi, può aiutare a rendere meno pesante questa situazione.
In sostanza, da quello che stato finora accertato, «i figli di coppie omosessuali riportano maggior ricorso all’assistenza pubblica, minor identificazione eterosessuale, maggior frequenza di relazioni omosessuali e minor senso di sicurezza sperimentato nella famiglia di origine». Da una decina di anni la sociologia, specialmente quella di tradizione anglosassone, ha sviluppato diverse ricerche sugli effetti che può avere su un minore l’essere cresciuto da una coppia omosessuale. In genere, gli autori delle ricerche sono partiti con il progetto di dare un’immagine positiva di questa esperienza. Una domanda che si sono posti i ricercatori è relativa all’orientamento sessuale dei figli: avere genitori omosessuali induce a una scelta omosessuale?
Gli psicologi spiegano che ci si aspetterebbe in questo ambito maggiore anticonformismo, ma non è sempre così: spesso l’eterosessualità del figlio viene esibita per confermare la “normalità” della famiglia. Ma, esaminando le inchieste nella loro totalità, «sembra di poter rintracciare un trend comune, ossia una maggior probabilità di atteggiamenti e comportamenti omosessuali», specialmente nei figli di coppie costituite da due donne.
L’analisi del rendimento scolastico conferma pure che i figli di coppie omosessuali — se in maggioranza sviluppano livelli più elevati di rendimento — «sono anche indotti a maggior uso di alcool e droghe, riportano livelli minori di autonomia e invece livelli superiori di ansia». E, paradossalmente, la stabilità del legame familiare, quindi anche il matrimonio, che per i figli di coppie eterosessuali costituisce una condizione positiva per la crescita, per loro diventa un ostacolo: «Sembrerebbe quasi che per i figli delle coppie omosessuali vivere in una famiglia ufficialmente riconosciuta e stabile venga percepita come condizione vincolata, senza possibilità di nuovi sviluppi».
Franca Giansoldati
Osservatorio sul Gender