La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei …
Il cuore dei discepoli è angosciato e impaurito, sì proprio loro che sono stati così vicini al maestro per tre anni così vicini in un’esperienza unica. Hanno visto Gesù compiere cose straordinarie.
Guarigioni: ciechi che vedono, storpi guariti, lebbrosi sanati, demoni scacciati, morti che riprendono a vivere. Poi quell’ ultima settimana!
L’ ingresso a Gerusalemme, quella cena pasquale così particolare, quindi i tragici eventi: dal tradimento alla cattura di Gesù, alla sua Passione e la morte infamante della Croce. Tutto è precipitato nel buio. Ve ne è, davvero, abbastanza per rimanere annichiliti e timorosi di poter fare la stessa fine.
Ma le porte chiuse del cenacolo sono anche le porte chiuse del loro cuore che è ancora incapace di fidarsi di quello che Gesù ha detto: “«Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini 23e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà».(Mt 17, 23)
L’ evangelista Giovanni, il giorno di Pasqua di fronte alla tomba vuota annota: “non avevano ancora compreso che Egli doveva risorgere dai morti”.
Le porte del cenacolo chiuse assomigliano anche alle porte dei nostri cuori chiusi e incapaci di comprendere e di credere che il Signore è veramente risorto, che la sua Risurrezione è una realtà e che la nostra vita già da ora dovrebbe essere una vita da risorti, piena di speranza, anche se la realtà quotidiana sembra voler spegnere ed annientare la nostra speranza, e questa è una ragione per annunciarla in modo ancora più forte, ma il Tommaso che è in noi purtroppo prevale ancora tante volte. Di fronte al racconto degli altri apostoli anziché aprirsi alla gioia egli si chiude sempre di più. Non gli basta la testimonianza vuole un’oggettivazione di ciò che gli è stato detto. Vuol vedere, toccare qualcosa che gli dia garanzie.
Il risultato della sua incredulità è quello che rimarrà ancora una settimana nel buio, di essersi fermato alla croce del Venerdì Santo, e di non essere nella gioia, come sono gli altri. “E i discepoli gioirono al vedere il Signore.”
Il suo cuore si agiterà ancora nel dubbio, nell’ agitarsi delle domande che nascono di fronte al dramma di chi, innocente, soffre pur non avendo fatto nulla di male.
Anche noi, purtroppo siamo tante volte increduli perché impregnati di razionalismo, di materialismo, di relativismo e non ci rendiamo conto di camminare su un binario morto credendo di camminare sulla strada giusta, ma che non approda da nessuna parte e il cuore batte forte pieno di ansia e di timore, perché le nostre domande e le nostre attese rimangono senza risposta!
A questo cuore inquieto il risorto dice: “Pace, pace a voi”. La Pasqua ci porta il dono della pace! Di quella pace desiderata, implorata, parlata e che l’uomo, che confida solo in se stesso e sulle proprie forze, non potrà mai realizzare. Per essere costruttori di pace la pace occorre averla dentro, nel cuore e solo Dio può colmare i nostri cuori umani di pace, perché Dio è amore e solo sull’ amore e con l’amore si può costruire la pace.
Se noi accettiamo il dono della pace dalle mani del risorto non la perderemo, perché il Signore è fedele e non ritira mai i suoi doni, anzi vuole che siano a disposizioni di tutti, ecco allora la missione che viene affidata alla Chiesa: “Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi” .
Una missione affidata a uomini che, pur avendo ricevuto il dono dello Spirito, conservano ancora fragilità e debolezze e non è a caso che Gesù affida alla sua Chiesa il compito e il potere di perdonare i peccati.
La missione che viene affidata alla Chiesa è una missione di pace e di misericordia, che però non va a scapito né della giustizia, né del pentimento che è la condizione necessaria per ricevere il perdono!
E il nostro Tommaso, il discepolo, ma anche quello che è in noi? Gesù non si si sottrae a Tommaso, ma gli viene incontro e dopo averlo invitato a toccare le sue piaghe lo esorta a non essere incredulo.
Già anche noi vorremmo toccare, magari palpare le piaghe del risorto, ma non è questo l’atteggiamento degno di un credente e tanto meno di un discepolo e Tommaso se ne rende conto: “Mio Signore e mio Dio!”
La fede non nasce dalla costatazione, va oltre i metodi della ricerca umana, nasce nell’ abbandono fiducioso alla Parola di Dio, appoggiandosi a Lui.
Questo è avvenuto in più di 2000 anni. L’ annuncio del risorto, la fede in Lui e il Vangelo si sono estesi ad altri uomini che non sono giunti alla fede mediante la vista, ma attraverso l’ascolto della Parola.
“Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!”
Qualcuno ha scritto: “ … Quest’ ultima beatitudine non è tanto la conclusione del Vangelo, quanto uno sguardo al futuro, un’ammonizione per gli uomini che respingono la buona novella ed un elogio per quelli che
l’ accolgono nella fede” .
Chiediamo al Signore che sia anche la nostra beatitudine!
Deo gratias, qydiacdon