“E venite a me tutti voi che siete affaticati e oppressi e io vi ristorerò”, dice il Signore. (Mt 11,28)
Tu mi comandi di accostarmi a te con fiducia, se voglio stare intimamente con te; tu mi comandi di ricevere il cibo dell’immortalità, se voglio conquistare la vita eterna e la gloria:
“Venite tutti a me –dici – voi che siete affaticati e oppressi, ed io vi ristorerò”.
Dolce all’ orecchio del peccatore, e piena d’intimità questa parola; una parola con la quale tu o Signore Dio mio, inviti me, misero e povero alla comunione del tuo corpo santissimo.
Ma chi sono io, o Signore, per credermi degno di accostarmi a te? Gli immensi cieli non ti contengono, e tu dici: “Venite a me voi tutti”. Che cosa vuol dire una degnazione così misericordiosa, un invito così pieno di amicizia?
Come oserò venire, io che so bene di non avere nulla di buono, per cui possa credermene degno? Come ti farò entrare nella mia casa, io che tante volte ho offeso il tuo volto tanto benigno?
Gli angeli e gli arcangeli ti venerano; ti temono i santi e i beati; e tu dici: “Venite tutti a me”. Se non fossi tu a dirlo, o Signore chi lo crederebbe; se non fossi tu a comandarlo, chi avrebbe il coraggio di avvicinarsi? (…)
Corrono molti, fino a luoghi lontani, per vedere le reliquie dei santi e stanno a bocca aperta a sentire le cose straordinarie compiute dai santi stessi; ammirano le grandi chiese; osservano e baciano le sacre ossa, avvolte in sete intessute d’oro. Mentre qui, accanto a me, sull’ altare, ci sei tu, mio Dio, santo dei santi, il creatore degli uomini e il signore degli angeli.
Spesso è la curiosità umana che spinge a quelle visite, un desiderio di cose nuove, non mai viste; ma se ne riporta scarso frutto di miglioramento interiore, specialmente quando il peregrinare è così superficiale, privo di una vera contrizione. Mentre qui, nel sacramento dell’altare, sei interamente presente tu mio Dio, “uomo Cristo Gesù” (1Tm 2,5); qui si riceve frutto abbondante di salvezza eterna, ogni volta che ti si accoglie con devozione. Non una qualunque superficialità, né la smania curiosa, ci porta a questo sacramento, ma una fede sicura, una pia speranza, un sincero amore.
Dall’Imitazione di Cristo – libro IV, cap. I