Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato. (Vangelo di S. Giovanni cap. 1, 18)
Sono queste le parole che concludono il prologo del Vangelo di Giovanni.
Penso che ciascuno di noi abbia un suo modo e un suo rapporto con Dio, anche chi si professa ateo, non credente se non altro per affermare queste sue convinzioni.
Se voi doveste descrivere Dio e il suo rapporto con l’uomo a vostro figlio/a in quali termini lo descrivereste?
A questo proposito vi propongo, prima di concretizzare una risposta un testo
“… Molto presto avevo compreso che il Dio del nonno era diverso da quello della nonna. La differenza era troppo evidente. Talvolta, (il nonno), si svegliava prima della nonna e veniva su da noi in soffitta e ascoltava come ella bisbigliava le sue preghiere. Allora storceva sprezzante le sottili labbra paonazze e durante il tè borbottava: “Quante volte ho cercato di inculcare nella tua dura cervice come si deve pregare, ma tu, eretica, continui sempre a borbottare! Come può sopportare ciò il Signore Iddio?”
“Mi comprende lo stesso!”, rispondeva la nonna fiduciosa: “Qualunque cosa gli si dica, Egli ci si raccapezza sempre!”.
Il Dio della nonna era con lei tutto il giorno; essa parlava con Lui perfino con gli animali. Era chiaro, per me che tutti: uomini, cani, api, uccelli, erbe, dovevano ubbidire facilmente e volentieri a questo Dio. Egli stava egualmente vicino a tutti i viventi ed era ugualmente buono verso tutti. Eppure ella non aveva in bocca il nome di Dio tanto spesso quanto il nonno. Io comprendevo il Dio della nonna, non avevo paura di Lui; trovavo vergognoso mentire in sua presenza, e così non ho mai detto una bugia alla nonna. Mi era semplicemente impossibile nascondere qualcosa a questo Dio e non avevo neanche il desiderio di farlo.
Un giorno la nonna disse al nonno: “Non rivolgi mai al Signore una parola che venga dal tuo cuore. Almeno non l’ho mai sentita!”. Tutto rosso in faccia e tremante in tutto il corpo, scattò in piedi, prese un sottochicchera e lo getto in testa alla nonna gridando: “Fuori vecchia strega”.
Quando il nonno mi narrava dell’onnipotenza insuperabile di Dio, ne accentuava soprattutto la severità. Per i loro peccati gli uomini erano stati funestati dal diluvio, per i loro peccati erano state distrutte le loro città; per i loro peccati Dio li punisce con le inondazioni e pestilenze, e sempre, di continuo, egli è la spada punitrice della terra, il flagello dei peccatori. Chi, insolentemente trasgredisce agli ordini divini, cercava di inculcarmi, battendo il tavolo con le nocche sottili delle dita, sarà afflitto da tormenti e rovine!
A me riusciva difficile credere alla durezza di Dio. Sospettavo, invece, che il nonno dicesse tutto ciò con intenzione, non per farmi amare Dio, ma per farmelo temere. Posso, naturalmente, riprodurre qui solo in modo superficiale questa mia distinzione infantile fra le due divinità, ma ricordo chiaramente che essa suscitava nel mio animo un contrasto penoso. Il Dio del nonno mi ispirava solo timore o avversione: non amava nessuno, osservava tutto con occhio severo, cercava e vedeva, nell’ uomo solo ciò che era imperfetto cattivo peccaminoso. Era chiaro che non si fidava degli uomini, che pretendeva da loro sempre rimorsi e penitenze, che gli piaceva punire.
In quei giorni i pensieri e i sentimenti che si riferivano a Dio erano il mio unico nutrimento spirituale, anzi ciò che io avevo nella vita di più bello, e di più nobile. Tutte le altre impressioni mi colpivano dolorosamente per la loro crudeltà e laidezza, e fomentavano in me soltanto odio o ripugnanza.
Fra tutto quel che mi circondava quel che c’era di meglio, di più bello, di più luminoso, era il Dio della nonna, così affettuoso amico di tutti di tutti gli esseri viventi!
E, di conseguenza, doveva tormentarmi la questione: come può il nonno non vedere questo buon Dio?”
(Dal libro di M. Gorkij: In fanzia)
Vedete due modalità diverse di descrivere Dio e non solo con le parole, ma nel vivere una relazione che comunque incide profondamente nel nipote e fa sorgere in lui delle domande.
Il Dio del nonno
1. “ Già la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco …” Mt 3,10
2. “… Ha in mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma bricerà la pula con fuoco inestinguibile …” Mt 3,12
3. “…Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia e ogni tralcio che porta frutto lo pota perché porti più frutto …”
4. “… E saranno riunite davanti a Lui tutte le genti ed Egli separerà gli uni dagli altri …” Mt 25,1 ss
Il Dio della nonna
1. “… Il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò …” Lc 15,20
2. “… Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo …” Lc 15,28
3. “… Dio è benevolo verso gli ingrati e i malvagi” Lc 6,35
4. “… Togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere la pagliuzza dall’ occhio del fratello …” Lc 6,41
5. “ Io voglio che la gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena …” Gv 14,11
Ma perché vi ho proposto questa domanda?
Perché i primi educatori siete voi! Come cercate di far crescere i vostri figli non solo educati, rispettosi, leali, onesti, e comunque tutte quelle qualità, (valori), che fanno sì che uno/a sia una brava persona, ma anche alla fede siete i primi educatori
Vorrei richiamarvi un testo del Concilio che, anche se un po’ datato, continua ad avere tutta la sua validità e vitalità.
Genitori, primi educatori
I genitori, poiché han trasmesso la vita ai figli, hanno l’obbligo gravissimo di educare la prole: vanno pertanto considerati come i primi e i principali educatori di essa. Questa loro funzione educativa è tanto importante che, se manca, può difficilmente essere supplita. Tocca infatti ai genitori creare in seno alla famiglia quell’atmosfera vivificata dall’amore e dalla pietà verso Dio e verso gli uomini, che favorisce l’educazione completa dei figli in senso personale e sociale. La famiglia è dunque la prima scuola di virtù sociali, di cui appunto han bisogno tutte le società. Soprattutto nella famiglia cristiana, arricchita della grazia e delle esigenze del matrimonio sacramento, i figli fin dalla più tenera età devono imparare a percepire il senso di Dio e a venerarlo, e ad amare il prossimo, conformemente alla fede che han ricevuto nel battesimo; lì anche fanno la prima esperienza di una sana società umana e della Chiesa; sempre attraverso la famiglia, infine, vengono pian piano introdotti nella comunità degli uomini e nel popolo di Dio. Perciò i genitori si rendano esattamente conto della grande importanza che la famiglia autenticamente cristiana ha per la vita e lo sviluppo dello stesso popolo di Dio. (Gravissimum educationis n°3)
Questo è un compito che dire importante non è sufficiente, voi vi siete impegnati ni questo quando avete chiesto il Battesimo per i vostri figli. Forse vale la pena di richiamare la domanda che viene rivolta ai genitori, al padrino, alla madrina: “Cari genitori, chiedendo il Battesimo per i vostri figli, voi vi impegnate a educarli nella fede, perché nell’ osservanza dei comandamenti imparino ad amare Dio e il prossimo come Cristo ci ha insegnato. Siete consapevoli di questa responsabilità?”
Voi avete risposto: “Sì”. Così, anche quando è stato chiesto al padrino/madrina se in questo compito erano disposti ad aiutare i genitori la risposta è stata la stessa.
Ma torniamo alla nostra domanda: Come descrivereste Dio ai vostri figli? Come un Dio buono, comprensivo, paziente, severo, duro, castigatore, mite, tenero, giusto, distante assente, poco interessato a noi e alle vicende umane, affettuoso, amico, misericordioso?
Se stiamo alle parole del Vangelo di Giovanni con cui abbiamo introdotto il nostro incontro, dovrò descriverlo nei termini in cui ce lo ha fatto e si è fatto conoscere in Gesù Cristo. Un Dio che è amore, come dice sempre l’ apostolo Giovanni: “(1Gv 4,8) Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore.”
La Pasqua che celebreremo fra un po’ ce lo fa contemplare: “ Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici, ( Gv 15,13).
Un Dio che non è lontano dall’ uomo, e delle vicende umane, pensiamo all’evento dell’incarnazione.
Che viene per salvare:
Gv 3,17 Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Gv 12,47 Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo.
Nello stesso tempo però non toglie la sua responsabilità all’ uomo, che richiama, esorta anche con parole severe e che indica una nuova modalità nel vivere il rapporto con Dio e con il prossimo, che può apparire utopica se non ha alla base quel comandamento che Gesù, che è Dio, lascia ai suoi:
Gv 13,34 Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Me tutto questo richiede quella conoscenza che non basta sul sentito dire, sui nostri ricordi del catechismo, sui film che magari possiamo avere visto e che hanno anche suscitato lì per lì buoni sentimenti che viene dalla conoscenza della Bibbia, e in modo singolare dal Vangelo in essa racchiuso.
Ma ancora, dal momento che non si tratta di una conoscenza intellettuale, ma di una relazione che siamo chiamati a vivere questa relazione si vive attraverso la preghiera, i sacramenti, mettendo come cuore l’ Eucaristia, la Messa, e la testimonianza della vita cristiana, della Carità.
E il catechismo parrocchiale ?
La risposta possiamo trovarla ancora nel testo del Concilio Vat. II
Il compito educativo, come spetta primariamente alla famiglia, cosi richiede l’aiuto di tutta la società. Perciò, oltre i diritti dei genitori e di quelli a cui essi affidano una parte del loro compito educativo, ci sono determinati diritti e doveri che spettano alla società civile, poiché questa deve disporre quanto è necessario al bene comune temporale. Rientra appunto nelle sue funzioni favorire in diversi modi l’educazione della gioventù: cioè difendere i doveri e i diritti dei genitori e degli altri che svolgono attività educativa e dar loro il suo aiuto; in base al principio della sussidiarietà, laddove manchi l’iniziativa dei genitori e delle altre società, svolgere l’opera educativa, rispettando tuttavia i desideri dei genitori….
Infine, ad un titolo tutto speciale, il dovere di educare spetta alla Chiesa: non solo perché essa va riconosciuta anche come società umana capace di impartire l’educazione, ma soprattutto perché essa ha il compito di annunciare a tutti gli uomini la via della salvezza e di comunicare ai credenti la vita di Cristo, aiutandoli con sollecitudine incessante a raggiungere la pienezza di questa vita . A questi suoi figli, dunque, la Chiesa come madre deve dare un’educazione tale, che tutta la loro vita sia penetrata dello spirito di Cristo …
Qui si colloca il catechismo parrocchiale, come aiuto in questo grande compito che hanno i genitori, che non esaurisce il ruolo e la missione che il Signore ha affidato alla sua Chiesa: di far crescere nella fede tutti grandi e piccoli attraverso la Parola, i Sacramenti, le opere di Carità.
Deo gratias, qydiacdon 2017