Questa notte sentivamo che il profeta Isaia annunciava una grande luce “per il popolo che camminava nelle tenebre”. Se andiamo in giro in questo periodo natalizio vediamo giochi di luce e luminarie dappertutto. Sembra quasi che si voglia esorcizzare quella paura inconscia dell’ oscurità, in un periodo in cui le ore di buio sono molto di più di quelle della luce. La paura del buio è una delle paure primordiali che accompagna la storia dell’ uomo.
Perché è proprio il non poter vedere cosa abbiamo davanti che ci inquieta. Da qui nasce il timore dell’ignoto, di un futuro che ci sfugge.
Anche il Vangelo che abbiamo proclamato ci parla di luce. Il Natale che celebriamo è festa di luce e quindi di speranza in cui i nostri dubbi, i nostri timori sono messi in fuga.
Dice l’evangelista Giovanni, dopo aver parlato della testimonianza del Battista:
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Come dicevo anche stanotte, nella notte della vita e della storia c’è una luce, una luce grande, che è la risposta di Dio ai nostri timori, alle nostre ansie, alle nostre paure. É quella luce che brilla a Betlemme e viene a gettare semi di speranza, ad indicare nuovi orizzonti in questo mondo stravolto e sfigurato da tanti eventi, in modo diverso e oltre le soluzioni che cercano i potenti. Dio entra in punta di piedi, avvolto di debolezza. Ma di quella debolezza che è l’unica forza che cambia il mondo, la storia, la trasfigura con la sua luce.
Questa luce è il bimbo che noi contempliamo, quel “ Figlio che ci è stato dato”, quel Gesù, che significa Dio salva. Le altre luci, quelle della sapienza umana, della scienza, della tecnica, della cultura, della filosofia, della fede sono vere solo se attingono e se riflettono, come un frammento di vetro che riverbera alla luce se attingono e si lasciano illuminare da questa Luce. Il Dio bambino illumina ogni uomo e senza di Lui tutto è oscurità, è tenebra, la speranza vacilla e il timore dell’ignoto, del futuro assieme allo scoraggiamento invade il nostro cuore.
Questa luce è per tutti, perché se anche viene dall’alto, da oltre il tempo, dall’ eternità non rimane a farci luce da lontano, ma viene nel mondo, è Dio che prende l’ iniziativa e viene verso l’ uomo, quell’ uomo che si era allontanato e che tante volte, ancora si allontana.
Si perché la luce può essere accolta, esattamente come quando noi apriamo le finestre per lasciarci illuminare da un alba radiosa, ma nello stesso modo possiamo tenerle ben chiuse lasciandoci illuminare da altre luci, artificiali, ma manipolabili, che possiamo orientare e dirigere dove vogliamo.
“Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.”
Questa è la realtà che ancora, purtroppo accompagna la storia dell’uomo, la nostra storia. Ancora oggi tanto non riconoscono Gesù e il Vangelo come luce e salvezza per la loro vita, altri si sono presi ciò che appartiene a Dio, come la vita, la famiglia, i beni che Dio ha messo a disposizione di tutti e se ne sono appropriati, credendo di esserne i padroni.
La nostra cultura sta subdolamente estromettendo il primato e il culto a Dio con il primato e il culto dell’ uomo, ma quando l’ uomo dimentica Dio dimentica se stesso.
L’ Emmanuele, il Dio con noi viene proprio per questo, perché ciascuno di noi, incontrandolo, lasciandosi illuminare da Lui ritrovi Dio e così ritrovi anche se stesso, il suo vero valore, la sua grandezza, la sua bellezza.
Non dobbiamo neppure fare chissà che cosa, si tratta solo di aprirsi e di accogliere lasciandoci “trovare” da Dio, lasciandoci amare da Lui. Tutto questo è possibile nella fede attraverso la quale noi davvero rinasciamo a Dio ricevendo un dono incommensurabile:
“A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome” .
Siamo andati a Betlemme, ancora una volta, ci siamo presentati al Signore così come siamo ed Egli illumina i nostri cuori e la nostra vita, lasciamoci avvolgere dalla sua luce e lasciandoci stupire dal miracolo della sua venuta fra noi , potremo sperimentare “ il momento in cui la nostra speranza”, di amore, di pace, di giustizia, di desiderio di Dio, si sente “beatamente appagata”.
Deo gratias, qydiacdon.