Luca viene definito come l’ evangelista della misericordia, il Vangelo che abbiamo proclamato, con queste tre parabole ci dice il perché. Anche noi facciamo parte di quella folla di pubblicani e di peccatori che si avvicinano a Gesù desiderosi di una parola diversa, di una parola vera, di una parola che risponda alle attese del nostro cuore.
Nello stesso tempo, spesso facciamo parte anche degli altri, di quelli che si scandalizzano per quell’ annuncio di misericordia che Gesù fa’ che tutti possiamo sperimentare per poi metterci al servizio del Signore, nel farci annunciatori e portatori di misericordia dentro alle varie situazioni della vita comune, ordinaria, quotidiana, vivendo il grande comandamento dell’ amore.
Purtroppo “ siamo un “popolo dalla dura cervice” e abbiamo bisogno che Gesù ci rammenti spesso tutto questo.
Tutte e tre le parabole presentano situazioni di smarrimento. La pecora si perde, la moneta viene perduta, il figlio si perde.
Le prime due parabole sottolineano con forza l’ iniziativa di Dio che cerca colui che si perde, si allontana da Lui. Anche noi ci siamo perduti … tanto, tanto tempo fa’, all’ inizio quando abbiamo ceduto alle lusinghe del maligno. Anche allora Dio ci è venuto a cercare: “Il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?». Si è preso cura di noi: “Il Signore Dio fece all’uomo e a sua moglie tuniche di pelli e li vestì.”.
Anche oggi continuiamo a perderci andando dietro a quelli che propongono la felicità in svendita, quelli che andando contro il disegno di Dio e ciò che Dio ci ha fatto conoscere attraverso Gesù, con idee bislacche, malsane, blasfeme, incompatibili con il Vangelo tentano di impossessarsi delle nostre vite e delle nostre teste, perché allontanandoci dal Signore ci volgiamo al peccato, al male.
Ma Dio non smette di amarci e di attenderci anche se “andiamo in un paese lontano” sciupando tutta la bellezza e la dignità che ci è stata donata, alla ricerca di una falsa libertà, come il figlio più giovane. E, quando nella nostra libertà non vogliamo saperne, Egli, Dio, continua a scrutare l’ orizzonte in attesa del nostro ritorno.
Parabole dell’ infinito amore di Dio, quelle che abbiamo ascoltato, amore vero, amore incredibile che diventa misericordia, quella misericordia di cui si parla tanto e che possiamo sperimentare in quest’anno giubilare.
Ma cosa dicono a noi queste parabole, per la nostra vita quotidiana, per la nostra vita spirituale?
-Tutti siamo bisognosi di misericordia!
Nessuno può dire io non ne ho bisogno! Pensiamo a S. Paolo che dice: “12Rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, 13che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, 14e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù.”
(1 Tm 1).
Gesù è venuto proprio per questo: “17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.”. ( Gv 3).
Lo scopo della missione di Gesù è quello di farci conoscere la misericordia di Dio che è Padre, e Gesù è la manifestazione di questa misericordia arrivando al dono di se sulla croce per la nostra salvezza.
Tutti noi siamo i destinatari di questa misericordia.
-Dio vuole salvare tutti, proprio tutti.
Le persone semplici e impulsive come Pietro, gli esperti della Legge, come Paolo e non sono esclusi i ricchi, i peccatori, i poveri ai quali deve essere annunciato il Vangelo della Misericordia, questa è la priorità dell’ azione missionaria della Chiesa, che è da riscoprire, da promuovere, con nuova energia anche fra i tanti stranieri che vengono fra noi!
Se il Signore vuole tutti salvi, felici, beati, vivi anche dopo il passaggio della morte vi è la possibilità di un autoesclusione.
Quando noi pensiamo di essere a posto, dentro all’ ovile al sicuro! Ho celebrato i Sacramenti, vado a Messa [ non sempre, ma abbastanza, qualche volta prego …]. Grande presunzione quella di ritenersi a posto di fronte al Signore, dimenticando che ogni cosa ci viene data dalla sua Provvidenza e dalla sua Misericordia.
Ritenersi a posto, come la pecora che abbandona il gregge o il figlio la casa del Padre conduce inevitabilmente a perderci su quei sentieri che il mondo, oggi, in modo forte ci propone. I sentieri dell’ orgoglio, della sensualità, dello spirito di ribellione a Dio.
-Occorre pentirsi e ravvedersi .
Questo è il messaggio della parabola del figlio peccatore che è riabbracciato dal Padre, ma deve intraprendere un cammino di ritorno. È il cammino di quella conversione che tutti siamo chiamati a percorrere riconoscendo i nostri torti e i nostri peccati, decidendo di non commetterli più, se non vi è questo, anche se il Padre continua ad amarci come ci può raggiungere il suo perdono?
Come si vede, questa volta il Vangelo ci riporta alle radici della nostra speranza e ci propone una riflessione che vuole rianimare la nostra fiducia, qualunque sia lo stato della nostra coscienza. ( Card. Giacomo Biffi)
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