Subito dopo l’estate aumenterà il flusso di informazioni e controinformazioni sul tema del referendum costituzionale. Sarà dunque il caso di mettere un punto sulle ragioni per il No alla riforma Boschi-Renzi. La riforma costituzionale, annientando la garanzia costituzionale dell’art. 138 della Costituzione per le leggi di revisione costituzionale (doppio esame della legge da parte di due Camere di pari dignità), in collegamento con la legge elettorale (che dà la “maggioranza dei seggi” alla “maggiore minoranza”), consente al Governo di modificare l’intera Costituzione, facendo leva su una “maggioranza fittizia”, che non esprime affatto la volontà della maggioranza degli Italiani. In sostanza, sono violati i principi fondamentali dell’eguaglianza dei voti e della reale “rappresentanza politica”.
La cosa è estremamente grave, poiché i Governi degli ultimi decenni hanno dimostrato di essere asserviti (come del resto la cosiddetta “troica”) ai voleri della finanza, la quale impone l’approvazione di leggi in proprio favore e contro gli interessi del Popolo (sanità, ambiente, ecc.).
Lo si è già visto, da ultimo, con le leggi “Sblocca Italia”, “Jobs Act”, “Riforma della pubblica amministrazione”, le quali subordinano l’interesse dell’impresa (e cioè delle multinazionali) alla tutela del diritto al lavoro, alla tutela della salute e alla tutela dell’ambiente. Si rende, in altri termini, legittima la subordinazione dei cittadini alla volontà del governo e la subordinazione di quest’ultimo alla volontà della “finanza” (multinazionali e banche). Tale riforma costituzionale, inoltre, che riguarda 47 articoli della Costituzione, realizza una nuova Costituzione, trasformando indebitamente il potere di revisione in un potere costituente, cosa che è vietata dal citato art. 138.
Ci sono argomentazioni ingannevoli dei promotori della riforma costituzionale Boschi-Renzi che vanno svelate. E’ falso, ad esempio, affermare che si è realizzato un monocameralismo. Infatti il Senato resta, e ha compiti notevoli, mentre non dà la fiducia ed è formato da nominati e da eletti dai consigli regionali, ai quali viene, tra l’altro, assicurata l’immunità.
E’ falso anche affermare che questa riforma abbrevia i termini per la produzione delle leggi. E’ vero il contrario infatti sono previsti ben quattro tipi di procedure: leggi di competenza bicamerale, leggi il cui esame da parte del Senato può essere richiesto da un terzo dei suoi componenti, leggi che vanno sempre sottoposte all’esame del Senato e leggi di attuazione dell’art. 117, quarto comma, che richiedono sempre l’esame del Senato e le cui modificazioni a maggioranza assoluta dei suoi componenti sono derogabili solo dalla maggioranza assoluta dei componenti della Camera. Inoltre eventuali conflitti di competenza sono risolti dai Presidenti delle due camere, che però facilmente potranno non accordarsi mai, con l’aumento dei conflitti davanti alla Corte costituzionale. E’ falso, infine, affermare che si riducono i costi, poiché la struttura del Senato resta in piedi e il risparmio è minimo ed irrisorio.
Ci sono state già quindici riforme costituzionali, che, invero, non hanno dato buoni frutti. D’altronde, è necessario valutare “cosa” e “come” si riforma. La riforma proposta è pessima e contiene errori di grammatica e sintassi giuridiche. E’ innanzitutto illegittima perché votata da un Parlamento dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale. Inoltre non c’è stato un dibattito che rappresentasse i diversi punti di vista degli Italiani, e il Governo (cosa impensabile per una riforma costituzionale) è persino ricorso al voto di fiducia. Ricordo che l’attuale Costituzione fu approvata con 453 voti a favore e 62 contrari.
Per tutto ciò ritengo che votare No sia un dovere inderogabile di ciascun cittadino che voglia il bene comune. La riforma non giova al Popolo, ma alle multinazionali ed alle banche, cioè alla finanza e ai mercati i quali, come dimostra il Trattato transatlantico (TTIP) tra USA e UE e la CETA tra Canada e UE, vogliono cancellare le Costituzioni europee del dopo guerra ponendo al di sopra di esse il principio dell’assoluta libertà di commercio e di investimento, prevedendo che in caso di contrasto di questa libertà con le leggi degli Stati, decide un arbitro nominato e pagato dagli stessi investitori e commercianti; il quale avrebbe il compito di condannare gli Stati al risarcimento dei danni subiti da investitori e commercianti, a causa delle misure di salvaguardia della salute e dell’ambiente adottate dagli Stati stessi. Il che vuol dire che gli Stati, prima di proteggere la salute dei cittadini e l’ambiente devono mettere in conto la altissima probabilità di pagare insostenibili risarcimenti dei danni.
Paolo Maddalena
(Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale)
da In Terris