L’Amoris laetitia apre le braccia della Chiesa e della società alla demolizione programmata del matrimonio e della famiglia. Appello ai Prelati e ai movimenti silenziosi: è questo il titolo di una dichiarazione pubblicata il 16 luglio dall’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira (IPCO).
Il documento ricorda i quasi novecentomila fedeli di tutto il mondo, compresi cardinali, arcivescovi e vescovi, che hanno rivolto al Papa Francesco una Supplica Filiale in cui gli si chiedeva rispettosamente di non permettere «la relativizzazione dell’insegnamento di Gesù Cristo» nei confronti della famiglia.
«Dopo la pubblicazione di Amoris laetitia questo importante segmento della popolazione cattolica mondiale ha potuto sperimentare solo il gusto amaro della delusione. Papa Francesco, tanto prodigo nel ricevere e nel compiacere acattolici e persino anticattolici di tutto il mondo, non ha avuto una parola per questi fedeli. Ci saremmo aspettati che un documento pontificio dedicato alla famiglia mettesse in guardia contro questa gravissima minaccia. Ma, al contrario, nell’Amoris laetitia si incontra un palese mutamento di fondo della pratica pastorale relativa alle cosiddette “coppie irregolari”, e in modo particolare ai divorziati cosiddetti “risposati”, permettendo che essi siano assolti in confessione e che ricevano la Sacra Comunione, con l’unica condizione che ciò avvenga “caso per caso”, secondo il “discernimento” del sacerdote».
Autorevoli figure della Chiesa e del laicato hanno denunciato che tale mutamento non è solo disciplinare, ma implica una grave rottura con l’insegnamento tradizionale della Chiesa, e chiedono, per tanto, la revoca di Amoris laetitia, richiesta alla quale l’IPCO aggiunge la propria voce. Concludendo la sua dettagliata e documentata analisi, i membri dell’IPCO segnalano che di fronte a un testo così atto a disorientare i fedeli e a diluire in loro l’adesione agli insegnamenti morali della Chiesa, «per un dovere di coscienza e con tutto il rispetto che merita la carica e la persona del Sommo Pontefice» sentono l’obbligo morale di «dire lealmente a Papa Francesco che in coscienza non possiamo accettare gli enunciati, la disciplina sacramentale e la proposta pastorale di Amoris laetitia».
Nel fare questo passo di «legittima e rispettosa resistenza» verso i punti di AL in conflitto con la dottrina della Chiesa, i membri dell’IPCO si sentono garantiti dall’insegnamento di san Pietro secondo cui «bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini» (Atti 5, 29); così come dall’esempio di san Paolo che si «oppose a viso aperto» allo stesso San Pietro (Galati 2, 11).
Ispirandosi al manifesto di Resistenza alla politica di distensione del Vaticano con i governi comunisti pubblicato nel 1975 dal prof. Plinio Corrêa de Oliveira, conclude sollecitando Prelati e movimenti finora silenziosi a «dissipare la confusione dottrinale regnante» e a riaffermare «pubblicamente e con ogni mezzo a loro portata, l’insegnamento di Nostro Signore Gesù Cristo e della Santa Chiesa» sulla natura divina e irriformabile del matrimonio, sul suo carattere indissolubile, sul primato della procreazione e sulle altre finalità del matrimonio, sulla struttura gerarchica della famiglia e «sull’impossibilità di dare l’assoluzione sacramentale e la Sacra Comunione a coloro che si ostinano nel vivere pubblicamente in situazione oggettiva di peccato».
Il documento dell’IPCO costituisce una nuova autorevole voce, che si aggiunge al documento, non ancora conosciuto, inviato da 45 accademici e pastori di anime al cardinale Angelo Sodano, decano del Sacro Collegio e ai 218 cardinali e patriarchi, chiedendo loro «di inoltrare al Santo Padre la richiesta di ripudiare gli errori presenti nel documento in modo definitivo e finale, e di dichiarare autorevolmente che non è necessario che i credenti credano a quanto affermato dall’Amoris laetitia».
(Emmanuele Barbieri in Corrispondenza Romana)