UNIONI CIVILI, PARLA L’ORGANIZZATORE DEL FAMILY DAY Di Angelo Perfetti

Nell’Anno Santo della Misericordia, Roma sarà protagonista tra l’altro di una grande manifestazione in difesa della famiglia; il 30 gennaio prossimo, infatti, sarà organizzato nella Capitale un nuovo “Family Day”, due giorni dopo l’approdo del disegno di legge sulle unioni civili (il cosiddetto ddl Cirinnà) al Senato. A promuoverlo è il Comitato “Difendiamo i nostri figli”, tra gli organizzatori anche del raduno del 20 giugno scorso, sempre a Roma.

I motivi della contrarietà al ddl Cirinnà sono ormai noti e sempre più condivisi, al di là delle appartenenze religiose e politiche: la famiglia naturale, che genera e cresce figli, non è equiparabile ad altre formazioni sociali, e dunque, è gravissimo il tentativo di parificazione che alcuni vogliono fare con le unioni gay, fotocopiando le leggi sul matrimonio e applicandole alle unioni civili di coppie omosessuali. In Terris ha intervistato il presidente del Comitato “Difendiamo i nostri figli”, il professor Massimo Gandolfini.

Un appuntamento di estrema importanza, questo del 30 gennaio prossimo, un’occasione fondamentale per far sentire la voce unica dei cattolici su argomenti essenziali per la vita della collettività. Manca poco tempo. Come si sente?

“Gravato di grande responsabilità. Vorrei che, come l’incontro della volta scorsa, che fu definito un vero miracolo, anche stavolta si ripetesse; anzi, spero che possa avere un successo di partecipazione anche superiore. Mi porto dietro un obiettivo, quello di evitare che possano ripetersi le mancanze, gli errori fatti in passato. Lo scopo organizzativo è quello di ricompattare tanti altri amici che in quel momento (il 20 giugno scorso, ndr) si erano sentiti in disparte o non adeguatamente coinvolti”.

Questo vale per i movimenti cattolici di base. Ma, con le alte gerarchie vaticane, qual è l’approccio stavolta?

“Molte cose sono cambiate. La sensazione è che in questo momento ci sia una maggiore partecipazione e condivisione. Soprattutto l’impegno dei singoli Vescovi delle Diocesi, che ci hanno invitato a fare convegni, conferenze, incontri preparatori di quello che accadrà il 30 gennaio, mi ha tanto confortato. Io personalmente e tanti amici abbiamo avuto l’occasione di fare questa opera di informazione e divulgazione. Abbiamo trovato dei Vescovi veramente splendidi, sensibilissimi, che hanno capito la gravità del momento. Io mi sento in perfetta, totale comunione, non soltanto ovviamente con il Santo Padre, ma con tutto il Clero”.

Qual è l’obiettivo immediato della manifestazione e il riverbero sperato per il futuro?

“Sono due aspetti entrambi importanti e complementari. L’immagine che meglio rappresenta tutto ciò è quella usata dal Papa, a proposito dell’orchestra sinfonica. I violini devono fare i violini, le trombe le trombe, e così via… C’è qualcuno di noi che è capace di fare un grande lavoro giuridico-legislativo, altri quello di tipo filosofico-antropologico. Qualcun altro, per dono della Provvidenza, ha la possibilità di poter chiamare a raccolta i fedeli e mandare un messaggio alla nazione, soprattutto a coloro che poi devono decidere. Quest’ultimi devono sentire che il sentimento degli italiani non è quello rappresentato da un pensiero unico. Il 30 gennaio non sarà una manifestazione fine a se stessa; dopo c’è tutto il restante importantissimo lavoro. Perché un esercito possa vincere deve innanzitutto essere unito. La Storia ci insegna che quando iniziano le divisioni, le disparità, i distinguo esiste un’elevatissima probabilità di perdere la battaglia”.

Nell’opinione pubblica si percepiscono spesso come sinonimi termini e concetti in realtà molto diversi. famiglia e unioni civili, genitorialità e Stepchild Adoption, e questo crea confusione, soprattutto rispetto all’obiettivo del 30 gennaio. Vogliamo fare chiarezza?

“Io, che sono l’organizzatore principale del Comitato, e i miei collaboratori abbiamo ben chiaro quali siano i punti focali della battaglia. E dunque, la ringrazio per l’opportunità che ci da di ripeterli in modo da evitare equivoci. Noi diciamo “no” allo Stepchild Adoption, no all’affido rafforzato, no ai due anni di adozione preadottive, no all’equiparazione delle unioni affettive. Sì ai diritti della singola persona, No ai diritti sulle relazioni affettive che potrebbero essere anche solo lontanamente confuse con la famiglia e il matrimonio. Noi siamo perché si mantengano rispettati nella pratica i principi dell’articolo 29 della Costituzione, ossia, che la famiglia è una società naturale fondata sul matrimonio. Noi diciamo che i bambini hanno il diritto di avere un papà e una mamma, che la famiglia è il luogo biologico e sociologico perché il bambino possa essere educato in maniera armonica”.

Precisazioni opportune, perché su alcuni termini esiste una grande confusione…

“Molte volte dietro questi tentativi c’è quello di far passare la menzogna per verità; quando si viene a dire che l’affido rafforzato non ha niente a che fare con l’adozione, soltanto un ingenuo potrebbe crederlo. Perché l’affido innanzitutto non ha quel significato ‘definitivo’ che gli si vuole dare, ma l’obiettivo è invece quello di dare tempo alla famiglia d’origine di potersi organizzare, uscire dal disagio e recuperare l’unione tra genitori e figli. Nei casi invece proposti in queste ore, in quale famiglia dovrebbe tornare il bambino? Non c’è una famiglia in disagio sullo sfondo, c’è invece un bambino che viene procurato, spesso è comprato all’estero attraverso la pratica dell’utero in affitto. Dato che lo Stepchild Adoption era troppo brutale, si sta inventando sull’idea di un affido preadottivo che dopo due anni diventa adozione . Il solito tentativo di mettere un velo di ipocrisia su una realtà che purtroppo è evidente, con prospettive devastanti”.

Parliamo della politica. Al di là di Palazzo Chigi, che mi sembra piuttosto tiepido, forse per problemi di equilibri interni, negli ultimi giorni, una gran parte dell’area che fa riferimento al governo si è mossa autonomamente, con una direzione esplicita di opposizione al ddl Cirinnà. Come giudica questa novità?

“E’ importante, la condivido pienamente. A questo cambio di rotta interno ha contribuito moltissimo il lavoro successivo alla piazza del 20 giugno, fatto senza clamore. Un’attività di sesnibilizzazione che ha risvegliato le coscienze. In diverse sedi ho fatto presente un concetto fondamentale: la coscienza morale dovrebbe venire prima della disciplina di partito. E allora, mi domando, come può un cattolico votare a favore di una legge che va a minare nel profondo la struttura stessa della famiglia e il diritto di ogni bambino ad avere un padre una madre?”.

Questo invito ad ascoltare la coscienza vale per i politici, ma non solo. E’ ormai pieno di cattolici da salotto…

“Ha ragione. Non facciamo mai un passo in prima persona, non ci indigniamo. I cittadini potrebbero dare un segnale forte. Non possiamo restare in casa guardando semplicemente nel proprio cortile, ‘e gli altri si arrangino’. Non è questa la coerenza con la dottrina cattolica, e non è certamente questa la missione che Nostro Signore ha affidato ai credenti”.

Molti però, va detto, devono fare i conti spesso anche con informazioni pilotate e accuse infamanti…

“Esiste il problema di gestire la sensazione di paura che ingenerano tante menzogne. Le persone che osano dire le cose che ho detto io vengono appellate come omofobe, fasciste, integraliste, discriminatorie, ghettizzanti. Io non sto violando i diritti di nessuno, ogni persona deve essere rispettata nella sua vita e nelle sue scelte, ma questo non vuol dire che dobbiamo fare una specie di cocktail culturale, dove non si riconosce più che cos’è la verità, cos’è il bene e il male. Benedetto XVI dice che il male della nostra società è il relativismo. Infatti si arriva addirittura a negare, a stravolgere la natura stessa. Si, perché un bambino nasce da un padre da una madre, da un uomo e da una donna. Due uomini, cinque uomini, venti uomini messi insieme non fanno un figlio, da soli. Questa verità oggi viene negata. Ma questo non basta a cambiarla”.

Fonte: Interris, 18-1-2016

 

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