Gender: una parola, sei lettere, una rivoluzione. La teoria messa a punto dal dr. John Money ha scosso le fondamenta scientifiche, morali e psicologiche del pensiero umano sulla sessualità. Dopo anni di ricerche ha ipotizzato che ogni individuo possa definire la propria identità di genere in base al contesto socio-culturale e non più secondo una realtà biologica; le persone – sempre secondo questa dottrina – potranno stabilire il proprio sesso con la stessa facilità con cui si sceglie un vestito da indossare. Tutto ciò senza però considerare che psiche e corpo non sono separate tra loro, ma vivono in una comunione che se interrotta può rivelarsi drammatica.
Il problema è che questi studi non sono rimasti tali ma si sono concretizzati in un vero progetto educativo. Mimetizzandosi dietro i termini burocratici di un atto amministrativo, la teoria gender è arrivata tra i banchi di scuola scatenando una guerra mediatica e dividendo il Paese tra sostenitori, oppositori e chi ne nega l’esistenza. La novità è che non solo genitori ed insegnanti hanno urlato il loro disappunto, ora anche il mondo della scienza scende in campo; uno schiaffo a chi pensa che quella del gender sia una battaglia portata avanti solo da una Chiesa bigotta. E’ il caso di 18 psicologi delle Marche che si sono ribellati all’Ordine regionale e a quanto dichiarato dal loro presidente, Luca Pierucci. Quest’ultimo ha detto molto chiaramente: “Non esiste l’ideologia del gender” e criticando quanti scesi in piazza San Giovanni a Roma il 20 giugno scorso, ha ammonito: “Non si possono e non si debbono utilizzare e distorcere informazioni basate su ricerche e studi scientifici a fini propagandistici e confusivi”.
Per questo motivo il gruppo di professionisti ha redatto una nota in cui prende le distanze dalle affermazioni di Pierucci, il quale oltretutto ha spiegato che l’Ordine continuerà a promuovere le iniziative sul tema. Tra i primi firmatari del documento compare il nome di Paolo Scapellato, psicologo e psicoterapeuta maceratese e docente di Psicologia Clinica presso l’Università Europea di Roma. La prima importante chiarificazione da fare è se il gender sia una teoria o un’ideologia: “Una teoria – dice il dott. Scapellato – è un sistema di conoscenze riguardanti un aspetto particolare dell’esistenza che ne spiega la natura e i contorni; in genere una teoria si basa su assiomi di partenza e la sua forza dipende proprio dal grado di dimostrabilità di questi assiomi. Un’ideologia invece è una visione generale di temi più o meno specifici che in genere si basa più su aspettative culturali relative che su una ricerca scientifica”.
“Il gender ha quindi uno sfondo teorico costituito dagli ‘studi di genere’, e uno sviluppo ideologico”. E’ proprio a quest’ultimo che appartengono i famosi progetti di ‘educazione sessuale’ arrivati nelle scuole italiane, i quali trovano supporto in un documento sottoscritto dall’ufficio europeo dell’OMS dal titolo ‘Standard per l’educazione sessuale in Europa’. Il problema principale è che dietro ad alcuni condivisibili fini, come la lotta alle discriminazioni e agli atteggiamenti cosiddetti omofobici, possano nascondersi altri obiettivi non dichiarati, oltretutto non in linea con la letteratura scientifica dell’ultimo secolo. “Ad esempio – spiega Scapellato – la psicologia dello sviluppo e la psicologia clinica hanno dato sempre risalto all’immaturità affettiva e sessuale dei bambini, i quali, non avendo ancora categorie mentali ed esperienziali tipiche della sessualità adulta, possono subire traumi psichici importanti se esposti a stimoli sessualmente espliciti (su questo principio si basano tutte le leggi contro la pedofilia). Nel documento dell’OMS c’è scritto invece che i bambini, già a 4 anni, sono consapevoli dei propri desideri e bisogni, che vanno quindi esplorati. Ovviamente questo principio può essere interpretato in molti modi, ma i suggerimenti pratici che vengono forniti lasciano pochi dubbi: al bambino va presentata la sessualità in tutta la sua ‘adultità’, prevedendo lezioni sui rapporti omosessuali e transessuali, aborto, metodi di produzione della vita alternativi ecc. progressivamente dai 4 ai 12 anni”.
Infine c’è da considerare ancora un importante aspetto, ovvero “il tentativo di livellare l’insegnamento della sessualità non tenendo conto dei diversi tempi di sviluppo dei bambini”. Anticipando tematiche che non sono fonte di domande per i bimbi ci si imbatte nella separazione tra affettività e sessualità, enfatizzando così il rapporto fisico a discapito dello sviluppo dei sentimenti.
Diverse associazioni in questi mesi si sono mosse per scongiurare un possibile inserimento di alcune linee guida del gender nella riforma della “Buona Scuola” da poco approvata in Parlamento. Un’eventualità smentita seccamente, giusto ieri, dal ministro Stefania Giannini. “Chi ha parlato e continua a parlare di `teoria gender´ in relazione al progetto educativo del governo Renzi sulla scuola – ha spiegato durante la trasmissione “Melog”- compie una truffa culturale e voglio dire con chiarezza: noi ci tuteleremo con gli strumenti adeguati”. Pronta è arrivata la replica da parte di La Manif Pour Tous Italia. “Per restare liberi di educare i nostri figli quest’anno ogni scuola sarà una trincea” ha affermato in una nota Filippo Savarese, portavoce dell’associazione, tra le organizzatrici del Family Day del 20 giugno. “Le minacce del Ministro Giannini sono di una gravità inaudita: il Governo minaccia i cittadini che criticano le sue leggi, e accusa di psicosi collettiva il milione di persone sceso in piazza a Roma il 20 giugno – ha proseguito il comunicato -. La riforma della scuola rinforza la presenza di attività ideologiche sull’identità di genere nei Piani dell’Offerta Formativa, stiamo organizzando una rete nazionale anti-Gender che collegherà tutto il territorio, coinvolgendo migliaia di famiglie. Saremo pronti a difendere i nostri diritti in tutti i Tribunali d’Italia e di nuovo in piazza se sarà necessario, come sembra essere”. E in effetti stupisce che un ministro intervenga in modo così duro, non tenendo conto delle legittime preoccupazioni di esperti e genitori. I quali temono che le giuste misure anti omofobia non abbiano confini definiti, consentendo la diffusione di metodi d’insegnamento in linea con il gender. Non dimentichiamo che in questa partita ci giochiamo il futuro dei nostri figli, il quali rischiano di essere coinvolti, loro malgrado, in un progetto ideologico che potrebbe distruggere ogni diversità, col rischio di cancellare la stessa identità dell’uomo.
Pubblicato su Interris on line
Con buona pace di quanto ci vuol fare intendere il ministro Giannini. Vigilate genitori, vigilate e fatevi sentire …
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