Due pastori sudanesi, il reverendo Michael Yat e il reverendo Peter Reith, arrestati e detenuti ingiustamente in Sudan, in base ad accusa assurde che potrebbero addirittura comportare la pena di morte. Lo scorso dicembre, padre Michael si è recato presso una chiesa evangelica presbiteriana precedentemente attaccata e distrutta delle autorità. Dopo il sermone, il religioso è stato arrestato immediatamente. Padre Peter ha denunciato pubblicamente l’ingiusto arresto ed è stato a sua volta condotto in carcere nei primi giorni del mese successivo. Il processo, che vede i due predicatori imputati di minaccia al sistema costituzionale del Sudan e di spionaggio, è iniziato lo scorso 15 giugno. Ma la palese assenza di testimoni dimostra come i due siano stati arrestati esclusivamente in base alla loro fede religiosa e alla loro attività di evangelizzazione.
Inizialmente detenuti in un luogo ignoto, i due pastori sono stati da poco rintracciati. Denunciano violenze psicologiche e intimidazioni: solo da poco hanno potuto rivedere i propri famigliari (il reverendo Yat ha due figli piccoli; il reverendo Reith una bambina appena nata). E sempre e solo attraverso una finestra schermata.
Si tratta di vere e proprie persecuzioni religiose, perpetrate nonostante la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (sottoscritta dal Sudan) e la stessa Costituzione sudanese, che garantiscono il diritto alla libertà di culto.
Persecuzioni religiose contro i cristiani non sono una novità in Sudan. Ciò che è successo un anno fa con il caso di Meriam (la donna ingiustamente condannata a morte per apostasia) dimostra la terribile situazione dei cristiani che vivono in quel Paese
Fonte: CitizenGO