Questa testimonianza è dedicata a tutti gli innumerevoli volontari che ogni giorno, silenziosamente, con i piedi ben piantati per terra fanno intravvedere uno squarcio di cielo a chi è nel buio della difficoltà, della prova, della sofferenza… !
“La continuità nel servizio volontario nei vari reparti ospedalieri è garantita dai messaggi regolarmente annotati da ciascuno in una apposita agenda per i colleghi dei turni successivi. Quel giorno vi trovai una laconica quanto inesorabile comunicazione: “Reparto completo, 58 degenti, molti bisognosi di conforto e di supporto per il pranzo”. Mi preoccupai, perché sapevo che la mia compagna, affetta da influenza, non sarebbe venuta e quindi, da sola, non sarei riuscita ad assistere tutte le persone in difficoltà. “ Cala. Non sei onnipotente, ma puoi cercare di fare bene quel poco che sarai in grado di fare: punta sulla qualità”.
Con questa auto- raccomandazione cominciai le mie visite.
L’ ora del pranzo fu comunque un incubo. In genere gli anziani con gravi patologie assumono il cibo con grande lentezza e spesso dopo una lunga opera di preliminare persuasione. Del resto il rispetto dei tempi individuali è essenziale: nel momento che tu assisti un paziente tutta l’ attenzione e l’ amore devono essere concentrati su di lui come se fosse l’ unico. E così feci. Tuttavia, quando il personale ospedaliero iniziò il recupero dei vassoi al termine dell’ orario previsto, io ero appena al mio terzo intervento. Così giunsi nella stanza della signora Agnese quando ormai del pasto non vi era più traccia. Vedendo, però due persone accanto a lei, ( la figlia e il genero ), confidai che un loro arrivo tempestivo avesse ovviato al mio ritardo. Seppi invece che erano appena arrivati e che la signora non aveva mangiato. Mi avvicinai a Lei per manifestarle il mio dispiacere: “Cara signora Agnese, non ho fatto in tempo: mi può perdonare?”. Mi accarezzò delicatamente la mano con uno sguardo quasi radioso. “Grazie. Prometto che la prossima volta comincerò da lei”.
Feci per allontanarmi per lasciare il giusto spazio ai parenti, ma sentii che la mia mano era trattenuta in una forte stretta, molto forte per una donna così fragile.. Le sorrisi: “ Vuole che mi trattenga ancora un po’?”. Al suo accenno affermativo, proferii qualche parola, quelle che il cuore mi suggeriva, badando a coinvolgere in qualche modo la figlia che rimaneva in silenzio. Alla fine, sfiorandola affettuosamente la guancia, la salutai anche per non interferire ulteriormente nell’incontro familiare
Di nuovo mi sentii afferrare il polso con una straordinaria intensità. Chiesi allora se potevo essere utile in qualche modo. L’ anziana donna annuì. “Mi dica: che cosa posso fare per lei?” Con gli occhi supplichevoli dischiuse le labbra con un filo di voce disse: “ Un bacio …”. Rimasi senza parole e, sopraffatta dalla commozione, la strinsi in un lungo abbraccio” ( Daniela)
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( riportata in: Avvenga secondo la vostra fede, S. Messina – P. Raimondo, ed. Effatà )
… vi è più gioia nel dare che nel ricevere … ( Atti 20,35 )