Il 7 marzo 2011 il vaticanista Andrea Tonielli scriveva: “ Il papa ha ricordato all’ Angelus di Domenica il sacrificio del ministro pakistano Shahbaz Bhatti, ucciso lo scorso mercoledì dai fondamentalisti Islamici. Benedetto XVI, che aveva ricevuto Bhatti in udienza nei mesi scorsi, ha auspicato che la sua morte risvegli nelle coscienze l’ impegno a tutelare la libertà religiosa” ( www.la bussola quotidiana.it)
Di fronte ad un occidente balbettante e ingessato, a silenzi imbarazzati e colpevoli su quanto sta avvenendo in IRAQ ad opera dell’ ISIS la sua testimonianza diventa per tutti noi motivo di riflessione!
Il mio nome è Shahbaz Bhatti. Sono nato in una famiglia cattolica. Mio padre insegnante in pensione, e mia madre casalinga mi hanno educato secondo i valori cristiani e gli insegnamenti della Bibbia, che hanno influenzato la mia infanzia . Fin da bambino ero solito andare in chiesa e trovare profonda ispirazione negli insegnamenti, nella crocifissione di Gesù. Fu l’ amore di Gesù che mi indusse ad offrire i miei servizi alla Chiesa. Le spaventose condizioni in cui versano i cristiani del Pakistan mi sconvolsero. Ricordo un venerdì di Pasqua quando avevo solo tredici anni: ascoltai un sermone sul sacrificio di Gesù per la nostra redenzione e per la salvezza del mondo. E pensai di corrispondere a quell’ amore donando amore ai nostri fratelli e sorelle, ponendomi al servizio dei cristiani, specialmente dei poveri, dei bisognosi e dei perseguitati che vivono in questo paese islamico.
Mi sono state proposte alte cariche al governo e mi è stato chiesto di abbandonare la mia battaglia, ma io ho sempre rifiutato, persino a rischio della mia stessa vita. La mia risposta è sempre stata la stessa: “ No voglio io servire Gesù da uomo comune”.
Questa devozione mi rende felice. Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in che mi considererei privilegiato qualora – in questo mio battagliero sforzo per aiutare i bisognosi, i poveri, o cristiani perseguitati del Pakistan – Gesù volesse accettare il sacrifico della mia vita.
Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire. Non provo alcuna paura in questo paese. Molte volte gli estremisti hanno desiderato uccidermi, imprigionarmi; mi hanno minacciato perseguitato e hanno terrorizzato la mia famiglia. Io dico che finché avrò vita, fino all’ ultimo respiro, continuerò a servire Gesù e questa povera, sofferente umanità, i cristiani, i bisognosi, i poveri.
Credo che i cristiani del mondo che hanno teso la mano ai musulmani colpiti dalla tragedia del terremoto del 2005 abbiano costruito dei ponti di solidarietà, d’amore, di comprensione, di cooperazione e di tolleranza tra le due religioni. Se tali sforzi continueranno sono convinto che riusciremo a vincere i cuori e le menti degli estremisti. Ciò produrrà un cambiamento in positivo: le genti non si odieranno, non uccideranno nel nome della religione, ma si ameranno le une le altre, porteranno armonia, coltiveranno la pace e la comprensione in questa regione.
Voglio dirvi che trovo molta ispirazione nella Sacra Bibbia e nella vita di Gesù Cristo. Più leggo il Nuovo e il Vecchio Testamento, i versetti della Bibbia e la parola del Signore e più si rinsaldano la mia forza e la mia determinazione. Quando rifletto sul fatto che Gesù Cristo ha sacrificato tutto, che Dio ha mandato il Suo stesso Figlio per la nostra redenzione e la nostra salvezza, mi chiedo come possa io seguire il cammino del Calvario. Nostro Signore ha detto: “ Vieni con me, prendi la tua croce e seguimi”.
I passi che più amo della Bibbia recitano: “ Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi”. Così, quando vedo , insieme ai miei colleghi, gente povera e bisognosa, penso che sotto le loro sembianze sia Gesù a venirmi incontro.
Per cui cerco sempre di essere di aiuto, insieme ai miei colleghi, di portare assistenza ai bisognosi, agli affamati, agli assetati. Credo che i bisognosi, i povero, gli orfani qualunque sia la loro regligione vadano considerati innanzitutto come esseri umani.
Penso che quelle persone siano parte del mio corpo in Cristo, che siano la parte perseguitata e bisognosa del corpo di Cristo. Se noi portiamo a termine questa missione, allora ci saremo guadagnati un posto ai piedi di Gesù ed io potrò guardarlo senza provare vergogna. ( S. Bhatti, Cristiani in Pakistan, Marcianum Press, Venezia 2008, pp. 25-27 – citato da A. Socci in, La guerra contro Gesù, Rizzoli).
L’ inerme Shahbaz Bhatti, senza alcuna protezione perché – dopo le minacce ricevute – “non gli era stata concessa la scorta nonostante la pressione di varie ambasciate occidentali” è stato assassinato con trenta colpi di pistola
Shabbaz è il simbolo delle condizioni dei cristiani del nostro tempo. E le sue parole esprimono il cuore dei cristiani: l’ amore a Gesù Cristo fino al martirio, l’ appartenenza alla Chiesa e la dedizione ad essa e ai suoi figli perseguitati, la devozione per la Sacra Scrittura (…) e per la tradizione apostolica, la comunione con il Papa, la carità verso tutti sofferenti, i poveri, gli abbandonati, il dialogo con tutti, con persone di culture e religioni diverse, per la reciproca comprensione, per costruire il bene comune e la pace.
Questo è un martire cristiano: una vittima inerme oggi come duemila anni fa.
( A. Socci in La guerra contro Gesù, cit. )
Forte e nello stesso tempo normale testimonianza che ricorda da dove nasce la vera fede cristiana cattolica, cosa che si deve proporre nelle nostre catechesi con più forza e coraggio visto anche a quali attacchi noi in occidente siamo fatti bersaglio.