Oggi è la domenica che viene chiamata Laetare. Domenica in cui il sacerdote può indossare i paramenti di colore rosa rosaceo. I paramenti di questo colore hanno fatto parte della tradizione della Chiesa per molto tempo. Questo colore vuole esprimere un senso di gioia! Ma perché bisogna essere nella gioia in un tempo serio e austero, di penitenza come quello quaresimale?
Tutti, certamente conosciamo il gioco dei contrari: bello- brutto, bianco- nero, buono -cattivo, luce – tenebre e si continua fino a che non si rimane senza la parola che controbatte.
Proviamo a fare qualcosa di simile con la parola peccato, quale parola opponiamo? La parola che si contrappone a peccato è amore.
Siccome il peccato è una realtà che ci riguarda possiamo completare così: peccato dell’uomo – amore di Dio.
Il peccato rende l’uomo schiavo, l’amore di Dio lo libera! Così ci ricorda la prima lettura tratta dal libro delle Cronache. Il popolo di Israele non è fedele all’ Alleanza, moltiplica i suoi peccati e le sue infedeltà ed ecco che si ritrova condotto schiavo a Babilonia, ma Dio non abbandona il suo popolo, continua ad amarlo e Ciro, re di Persia, diventa lo strumento nelle mani di Dio attraverso il qualeIsraele può tornare alla sua terra e riedificare il Tempio.
Ma il cuore umano è un cuore duro e l’uomo continua a peccare, anche oggi dopo che Gesù ci ha fatto conoscere qual’ è la volontà di Dio: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in Lui abbia la vita eterna … non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di Lui.”.
Per Dio vi è una volontà di vita sull’ uomo, non di una vita a tempo determinato, ma per l’eternità, non di condanna sull’ uomo, ma di salvezza. Tutto questo passa attraverso la Pasqua di Gesù, che è Risurrezione, ma prima è Passione, vita donata per noi sulla croce.
“Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo”, è il mistero della Croce.
Possiamo davvero dire che “Dio ci ama da morire”. Sembrerebbe una frase scontata, ma non è così perché Gesù muore davvero per annunciarci questa verità. Per farci passare dalle “tenebre” alla “luce”.
Dalle tenebre del peccato che offuscano la vita dell’uomo, che lo rendono incapace di verità, di bene, d’ amore alla luce del Vangelo. Una luce che con Gesù e in Gesù getta riverberi nuovi nell’ esistenza degli uomini che accettano di esserne illuminati.
All’ inizio del Vangelo di Giovanni leggiamo:
“9Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
10Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
11Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
12A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio …”
(capitolo 1)
La luce nuova che Gesù viene a donarci può essere accolta o rifiutata, non come qualcosa che appartiene a un futuro più o meno prossimo, ma come qualcosa che ci riguarda qui, ora, adesso. Accogliere Gesù, avere fede in Lui, vivere in Lui, nel suo amore, nella luce del Vangelo non è cosa che riguarda l’altro mondo, ma è cosa che riguarda questo mondo, il qui ed ora della nostra storia personale.
In questo mistero affidato alla nostra libertà personale, l’uomo si costruisce quel giudizio di cui parla Gesù. Dio non condanna, siamo noi che ci autocondanniamo con la nostra incredulità. Il cristiano credente è colui che accetta Gesù come luce della propria vita, riconoscerlo come Colui che è la Parola definitiva di Dio sulla nostra esistenza ed è una Parola di Salvezza e di Vita.
Tutto avviene, come ci ricorda S. Paolo per grazia, cioè per dono preveniente dell’amore di Dio al quale l’uomo è chiamato a rispondere con gratitudine e con un vero cammino di cambiamento, di conversione.
Allora davvero il nostro cuore si dilata si riempie di speranza e di gioia nonostante tutto passi attraverso l’abbraccio del Crocifisso, ma proprio per questo dobbiamo sentirci sempre più impegnati a “fare verità”, accogliendo la luce, che è Gesù, che dona ordine e senso ad ogni realtà.
In questa Eucaristia chiediamo al Signore di venire alla luce abbandonando le tenebre che con il peccato si insinuano nel nostro cuore. Chi subisce un’operazione agli occhi e deve rimanere bendato per un certo tempo, quando gli vengono tolte le bende rimane ferito dalla luce: è troppo forte e fa fatica a sopportarla, ma poi, pian piano comincia e vedere gradualmente con chiarezza. Così succederà anche a noi se ci lasciamo guidare dalla luce che è Cristo e il suo Vangelo che rende evidenti le nostre infedeltà e i nostri peccati, ma che nello stesso tempo risveglia vita e speranza.
Riprendendo le parole di S. Agostino diciamo: “Signore sia fatta luce, perché io veda la luce ed eviti le tenebre, veda la via ed eviti ogni deviazione, veda la verità ed eviti la vanità, veda la vita ed eviti la morte. Illuminami Signore, mia luce, mio splendore e salvezza, illumina, o luce, questo tuo cieco che siede nelle tenebre e nell’ ombra di morte, e dirigi i suoi passi sulla via della pace.”.
Deo gratias, qydiacdon