In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!».
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L’ episodio del Vangelo ha molti motivi di riflessione, che nello spazio di un’omelia non si possono sviluppare tutti, ne accenno solo ad alcuni.
Quello che emerge immediatamente è il rapporto con la ricchezza. Il giovane che incontra Gesù ha molti beni, è ricco! Ricco come lo sono tanti giovani, ma anche tanti ragazzi al giorno d’oggi, che hanno molte possibilità, molti beni che non si sono procurati, che si sono trovati e che ostentano senza comprenderne pienamente il valore e magari anche il sacrificio che sono costati.
La domanda del giovane, “che possiede molti beni”, ci dice però che c’è qualcosa che va oltre, e quei beni non soddisfano un’ansia, un desiderio che è nel cuore dell’uomo, che è il desiderio di una vita che non sia a termine: “Maestro buono che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?”
Porsi questa domanda è una cosa buona. Perché significa avere la consapevolezza di essere in cammino verso l’eternità. Ecco, allora, il mio primo interrogativo: io, noi, questa domanda ce la poniamo? Ci chiediamo su quale registro sia impostata la nostra vita? Chiederci cosa facciamo seriamente implica poi una risposta coerente in scelte concrete di vita. Non può essere la risposta di chi si appiattisce sul materiale ma di chi si apre ad una prospettiva di eternità, ma questo avviene solo nella Fede.
Nella sua risposta Gesù richiama dapprima i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”». Qui ci sarebbe già da fermarsi molto. Ne richiamo solo alcuni. Ad esempio sono molti i modi di uccidere. Quello effettivo con la soppressione della vita di qualcuno, ma proviamo mai a pensare quanto possono uccidere le parole, gli atteggiamenti che possono mortificare, danneggiare il nostro prossimo? La maldicenza subdola e sottile, sussurrata a bassa voce, magari premettendo: “mi raccomando, rimanga fra noi”.
“Onora tuo padre e tua madre” .Quanti giovanissimi, bambini, ragazzi non hanno più rispetto nei confronti dei loro genitori, fino ad arrivare ad offenderli anche apertamente, anche in pubblico. Se non rispettano i genitori, e anche questo è un segno di amore, come potranno rispettare altri, compreso autorità e istituzioni?
Che dire poi di quei genitori che non di rado vengono letteralmente abbandonati nelle nostre belle case protette senza far sentire comunque una vicinanza, che non può venire meno anche in vere condizioni di necessità.
Ma questo non è il caso del nostro bravo giovane. Allora ecco quella proposta, scandalosa di Gesù: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!»
Essere liberi dalle schiavitù materiali, che nascono da un cuore chiuso nel proprio io e nel proprio egoismo, e quella della ricchezza è spesso una grande schiavitù che acceca occhi, mente e cuore dell’uomo.
Vivere il grande comandamento dell’amore che passa necessariamente verso l’attenzione e l’aiuto agli altri adoperando dei mezzi, anche economici, che il Signore ti concede.
Ma poi vi è quel: “Seguimi”. Seguire Gesù!
Seguire qualcuno significa metter passo, passo in nostri piedi nelle orme che ha lasciato, ripercorrere quella strada che Lui ha percorso.
Certo la Messa, ma può bastare un’ora alla settimana, che molti non trovano neppure, magari dando anche segni di insofferenza, , e parlo di battezzati, cristiani, non di appartenenti ad altre religioni.
Seguire Gesù vuol dire cercare di vivere una vita vera e autenticamente evangelica, preghiera, sacramenti, opere di Carità, intimità con il Signore illuminati da quella Parola che: “è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore.”, Come ci ricordava Paolo nella seconda lettura. ricordandoci che vi è veramente un tesoro preparato per noi in cielo.
La risposta del giovane che: “si fece scuro in volto e se ne andò rattristato” è un no, un’incapacità a dire di sì a Gesù e a staccare il cuore dalle cose, dal mondo, dalle passioni, dai beni materiali rimanendone schiavo.
Un no che possiamo dire anche noi pur non dichiarandolo esplicitamente, ma vivendolo praticamente e dimenticandoci che: « tutto è possibile a Dio».
Alla fine vi è poi una mancanza di fede nel Signore. Il Signore ci pone anche oggi davanti a due possibilità, una che conduce alla vita eterna ed è quel del sì a Lui, una che conduce alla morte, ed è il no a Lui.
Il Vangelo non ci dice se quel giovane poi si sia ravveduto e sia tornato e abbia iniziato a seguire Gesù, io spero di sì e se ci rendiamo conto che non abbiamo ancora iniziato ad operare per avere un tesoro nel cielo ricordiamoci che si può iniziare da subito perché la pazienza infinita del Signore ne dà la possibilità.
Allora iniziamo non dimenticando che quello che facciamo qui oggi avrà un riscontro nella vita eterna dove si entrerà non portando quello che si è posseduto, ma ciò che abbiamo donato con amore.
Il Signore ama chi dona con gioia!
Deo gratias, qydiacdon