Il tema che emerge con evidenza dalla Parola che abbiamo ascoltato è quello della fede, una fede che deve essere mantenuta anche attraverso i momenti difficili della nostra vita, di fronte a ingiustizie e violenze che certamente non mancano. Può accadere, allora che come gli apostoli siamo anche noi intimoriti, davanti ad un mondo pretenzioso, sempre meno credente sotto tanti aspetti in nome non si sa bene di quali grandezze culturali, ma anche di una volontà di dominio di sentirci spaventati nel seguire Gesù e obbedire al Vangelo. Rispondendo Gesù non vuol dire che non abbiano fede, ma vuole fare riflettere su come la loro fede sia una fede che deve ancora crescere, ma come anche una fede “piccola come un granello di senape”, ma vera può fare grandi cose. Com’è, dunque la nostra fede? È almeno come un granello di senape?
Facciamo allora nostra la richiesta che fanno gli apostoli al Signore: «Accresci in noi la fede!». Soprattutto non vergogniamoci mai della testimonianza di fede che ogni credente è chiamato a dare, come ricorda S. Paolo a Timoteo: “Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo.” Siamo chiamati perciò a custodire come un tesoro prezioso il “buon deposito della fede” che ci è stato donato e trasmesso dal giorno del nostro Battesimo nella santa Chiesa
L’ uomo ha bisogno di avere fede, di credere, ma proviamo a riflettere un attimo su cos’è la fede per noi.
Voglio raccontarvi un aneddoto: In un lungo periodo di siccità il parroco di una parrocchia di campagna invitò i fedeli a trovarsi in Chiesa per chiedere al Signore il dono della pioggia. All’ ora fissata i fedeli si ritrovarono in Chiesa. Fra tutti una ragazzina che mettendosi nel primo banco, unica, aveva portato con sé l’ombrello.
La conclusione sappiamo ricavarla tutti: era certa che il Signore avrebbe esaudito la preghiera. Risuonano in noi le parole di Gesù: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sradicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.
Troppo spesso pensiamo che la fede sia un atteggiamento intellettuale che non coinvolge concretamente la vita limitandosi all’ accettazione di certe verità. Certo, ma la fede non può ridursi ad un atteggiamento puramente teorico alieno dalla vita. La parola fede significa: fermezza, sicurezza, fiducia.
Qualche commentatore suggerisce di richiamare alla nostra mente l’immagine molto concreta e reale del bambino che sta fiduciosamente in braccio alla mamma. Aver fede significa avere quella stessa fiducia del bambino: lasciarsi portare in braccio dal Signore nelle molteplici vicende della vita certi che Egli sa trarre il bene anche dal male. Consapevoli che qualunque cosa possa accaderci nelle mani di Dio siamo in buone mani.
Le prove poi che accompagnano la nostra esistenza purificano la nostra fede e se perseveriamo la accrescono.
Nella fede noi sappiamo che:
o Dio è Padre e che dal nulla ci ha fatto il dono della vita che non siamo sperduti per caso nelle vicende del mondo e che vi è qualcuno che ci vuole veramente bene.
o Che Dio non ci ha abbandonato, ma che è venuto e si è fatto uno di noi in Gesù che è morto e risorto per donarci una vita nuova e piena, che sarà per l’eternità, se vivremo e crederemo tutto quello che Dio ci indica attraverso Gesù stesso, senza riserve, e lo metteremo in pratica. Nella fede sappiamo che il Signore non ci abbandonerà mai.
o Sotto la guida dello Spirito santo avere fede non significa che essa non si debba confrontare con la storia ed essere indifferenti agli avvenimenti che accadono nel mondo in generale, e anche nella nostra storia personale, ma è leggere “i segni dei tempi” alla luce dell’ azione di Dio che sta agendo anche in questo momento. La fede non condanna all’immobilismo, ma ci invita ad agire, valutare questi segni, sia in positivo che in negativo alla luce della Parola di Dio, sotto l’azione dello Spirito Santo imitando il contadino che ogni giorno lavora nel suo campo.
La fede trasforma la vita, non in un modo pressapochistico ma verso un preciso progetto di esistenza.
Ultimo pensiero la seconda parte della parabola. Qual è l’atteggiamento che anima il discepolo che crede? Quello di servire in modo umile e disinteressato senza seguire le tendenze che possono assicurare dal punto di vista mondano, ma anche ecclesiastico prestigio e onore mondano o clericale. Nelle nostre comunità deve abitare l’umiltà e la semplicità, di vita.
Il nostro conto corrente con il Signore ci vede sempre in rosso, per fortuna compensa Lui quello che ci manca.
Deo gratias, qydiacdon