I membri della neo-costituita Accademia Giovanni Paolo II per la Vita Umana e la Famiglia (JAHLF), che è stata in parte fondata da ex membri della Pontificia Accademia per la Vita (PAV), hanno deciso di pubblicare una dichiarazione in difesa di Alfie Evans e dei suoi genitori, Tom Evans e Kate James. I seguenti membri – che sono o membri del Board, dell’Advisory-Board o semplici membri dell’Accademia – hanno firmato il seguente testo:
Dame Colleen Bayer, Judie Brown, John Bruchalski, Paul A Byrne, Pilar Calva, Carlos Augusto Casanova, Anca Maria Cernea, Virginia Coda Nunziante, Christine de Marcellus Vollmer, Roberto de Mattei, Richard Fitzgibbons, Luke Gormally, Maike Hickson, Pedro Luis Llera, Maria Madise, Stéphane Mercier, Steven W. Mosher, Doyen Nguyen, Claude Edward Newbury, Paul von Oldenburg, Claudio Pierantoni, Philippe Schepens, Josef Seifert, Jeanne Smits, Gerard van den Aardweg, Thomas Ward, John-Henry Westen, Mercedes Wilson.
Questa la dichiarazione:
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Per Alfie Evans
Nessun uomo e donna di buona volontà può rimanere indifferente guardando la difficile situazione di Alfie Evans e dei suoi genitori – la loro eroica battaglia contro la tirannia di una coalizione medico-legale.
Il bambino, di 23 mesi, è rimasto in vita per due giorni respirando da solo dopo che il 22/04/18 il supporto del respiratore artificiale gli era stato tolto. Gli è stata concessa la cittadinanza italiana, e un’ambulanza medica aerea era pronta a portarlo all’ospedale Bambino Gesù di Roma per continuare le appropriate cure di supporto.
Eppure l’Alta Corte di Manchester ha decretato il 23/04/18 che al bambino non sarà permesso di essere trasferito in Italia!
La domanda più ovvia che dovrebbe pungolare la nostra coscienza collettiva è: chi ha il diritto naturale di prendersi cura di Alfie e salvaguardare il suo migliore interesse? È lo Stato o sono i genitori del bambino? È evidente che i genitori, in virtù della relazione genitore-figlio, hanno il diritto naturale di agire nel miglior interesse e benessere del loro bambino; e l’esercizio di questo diritto non può essere negato ingiustamente dall’interferenza dello Stato coercitivo, tranne nei casi di abuso e negligenza.
La seconda domanda che dovrebbe tormentare la nostra coscienza collettiva è questa: a cosa si riferisce “il miglior interesse”? Agire nell’interesse di qualcuno significa volere il suo bene. Il bene più fondamentale in questa vita terrena non è altro che la vita stessa, di cui la dimensione più fondamentale è la vita biologica (vegetativa). Chi è l’autore della vita se non il Dio Creatore stesso? Nessun essere umano è l’autore della propria vita. Il diritto umano più elementare è il diritto alla vita, e quindi il dovere più fondamentale di tutti gli uomini e donne di buona volontà è salvaguardare la vita umana dal suo inizio fino alla sua fine naturale. Il diritto alla vita di Alfie e il diritto dei suoi genitori a fare ciò che è nel miglior interesse del loro figlio significa che devono essere autorizzati a trasferirsi all’ospedale Bambin Gesù.
Tenendo conto delle summenzionate considerazioni, sembra evidente che l’azione dell’Alta Corte sia una chiara violazione dei diritti umani fondamentali, sia del diritto alla vita sia del diritto naturale dei genitori. In che modo quindi la Corte svolge la sua funzione di strumento di giustizia?
Qualsiasi uomo e donna di buona volontà può riconoscere che il disprezzo del diritto alla vita e il non rispetto del diritto naturale dei genitori siano atti di ingiustizia.
Pertanto, come uomini e donne di fede, noi membri dell’“Accademia Giovanni Paolo II per la Vita Umana e la Famiglia” siamo solidali con i genitori di Alfie Evans. Sollecitiamo vivamente le autorità giudiziarie (la Corte d’appello) a permettere il trasferimento di Alfie all’ospedale Bambin Gesù, dove potrebbe ricevere cure e trattamenti adeguati. Chiediamo rispettosamente anche a Sua Santità Papa Francesco di rinnovare il suo sostegno ad Alfie, e che anche Sua Maestà la Regina Elisabetta II intervenga a nome di Alfie, e che ogni medico al capezzale di Alfie non faccia nulla per provocarne la morte o abbreviarne la vita.
Corrispondenza Romana